«Tribunale europeo o espulsione per Ano» di Maurizio Molinari

«Tribunale europeo o espulsione per Ano» «Il processo anche in Italia». Il leader curdo: va bene tutto, tranne Turchia e Germania «Tribunale europeo o espulsione per Ano» Dirti: asilo politico? Impossibile ROMA. La diplomazia italiana lavora a tempo pieno per concretizzare il processo europeo a cui sottoporre Abdullah Ocalan. «Siamo impegnati per trovare la, formula per costituire un Tribunale internazionale che consenta di giudicare Ocalan in un paese europeo, Italia inclusa» spiega da Parigi il ministro degli Esteri, Lamberto Dini, escludendo l'asilo poetico «a causa dei gravi reati di cui è accusato» e lasciando aperta la scappatoia in extremis del respingimento oltre frontiera. Giuristi e feluche della Farnesina lavorano sulla base di due Convenzioni europee: quella contro il terrorismo del 1977 e quella per 0 trasferimento dei procedimenti penali del 1972. «Il tempo stringe - spiega Giovanni Conso, già presidente della Conferenza istitutiva Tribunale Penale Intemazionale - sai-anno decisive le riunioni ministeriali dell'Unione Europea, lunedì, e del Consiglio d'Europa, martedì. Se tutto filerà liscio il comitato tecnico penale del Consiglio d'Europa potrebbe mettersi all'opera subito dopo». In vista c'è anche l'incontro fra Dini e l'omologo turco, Ismail Cem, e altri passi verso Ankara sono in preparazione. «Abbiamo in corso contatti per definire il programma di un incontro con i rappresentanti del governo turco e la nostra missione potrebbe avvenire entro dieci-quindici giorni» annuncia da Brasilia il ministro dell'Industria, Pier Luigi Bersani. Il clima con la Turchia ora sembra più propizio. «Lo sport ha riaperto il dialogo fra i nostri due paesi» spiega il ministro del Commercio Estero, Piero Fassino, svelando che la missione con Giovanna Melandri al seguito della Juventus a Istanbul «ha riaperto canali di comunicazione che gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano otturato». Ma dove celebrare il processo europeo? Dini dà due indicazioni: «Ci sono paesi che si sono dati la vocazione di ospitare Tribunali intemazionali e Tribunali speciali»; il paese che celebrerà il processo «deve aver firmato le Convenzioni europee del 1977 e del '72». L'Olanda - di cui aveva parlato anche D'Alema alla Camera - rientra in entrambi in casi ma all'Aja cadono dalle nuvole: «Nessuno ce l'ha mai chiesto, qui è impossibile per motivi di ordine pubblico, siano vicini al Belgio dove risiede ima grande comunità curda». La Spagna, occupata dal caso-Pinochet, ha fatto un passo indietro. Fra i «papabili» resta l'Austria, presidente di turno dell'Ue, e i Baltici (Lettonia, Estonia). Ma in ballo potrebbe esserci anche l'Ucraina, una delle Repubbliche ex sovietiche dove Ocalan si recò in visita mentre era a Mosca. Alla Farnesina negano però con fermezza che sia in corso un'asta diplomatica per decidere dove celebrare il giudizio: «Dopo aver chiarito che Ocalan è un problema europeo e non italo-turco, stiamo lavorando sulla base delle intese di Schengen per raggiungere una forte intesa fra i Quindici su una proposta comune su come e dove fare il processo». Scettica sembra il commissario Ue Emma Bonino: «L'Italia può benissimo affrontare il processo». Ocalan in questo caso sarebbe giudicato per i reati comuni contestati dalla richiesta di estradizione turca. Per favorire l'intesa sul Tribunale intemazionale gli Stati Uniti non lesinano forze. Gli inviati del Dipartimento di Giustizia sono in costante contatto non solo con le autorità giudiziarie in Italia ma anche in Germania e Turchia per preparare il processo. Sulle questioni procedurali ieri la magistratura francese si è fatta sentire con una decisione che, in sede europea, potrebbe pesare: il tribunale di Aix-en-Provence ha dato luce verde all'estradizione in Turchia del boss mafioso Alaattin Cakici «a condizione che Ankara abolisca la pena capitale». Abdullah Ocalan intanto si dice pronto a andare ovunque sia garantito «il diritto alla difesa e a un giudizio corretto, quindi non in Turchia o in Germania». «Scegliamo un paese terzo - spiega il suo avvocato Luigi Saraceni - dove regni la serenità e l'imparzialità». L'Italia non è esclu- sa. Ma sull'asilo Saraceni contesta il reiterato rifiuto di Dini: «Nessuno può contestare che i reati addebitati ad Ocalan sono determinati da motivi politici e non da altri». Se l'operazione-Tribunale internazionale, in corso fra Bruxelles e Strasburgo, non dovesse riuscire tornerebbe a proporsi 0 dilemma fra processo in Italia, asilo ed espulsione. In attesa dei tempi della diplomazia a Montecitorio ci si prepara al possibile confronto. «Se non ci sarà altra via le convenzioni europee impediscono l'espulsione e ci obbligano al processo in Italia» dice Vito Leccese (Verdi). «Ci batteremo con tutte le forze contro l'espulsione e riteniamo che D'Alema sia d'accordo con noi, non la pensa come Dini» aggiunge Ramon Mantovani di Rifondazione comunista. Maurizio Molinari Il ministro degli Esteri Lamberto Dini