Mosca rende il bottino dell'Olocausto di Andrea Di Robilant
Mosca rende il bottino dell'Olocausto Furono portati in Russia come riparazioni di guerra: annuncio a sorpresa alla Conferenza di Washington Mosca rende il bottino dell'Olocausto Svolta sulle opere d'arte rubate dai nazisti WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Un annuncio a sorpresa dei russi ha galvanizzato la Conferenza internazionale sull'Olocausto che si conclude oggi al Dipartimento di Stato: per la prima volta Mosca si è impegnata a restituire beni artistici che erano stati confiscati dai nazisti e che poi furono portati in Russia come ripararazioni di guerra. «E' una vera svolta», ha detto Stuart Eizenstat, sottosegretario di Stato e organizzatore della conferenza. Mosca ha anche accettato, come buona parte dei 44 Paesi partecipanti, il piano americano per aprire una vera e propria caccia alle opere d'arte rubate agli ebrei e che sono ora custodite nei musei di tutto il mondo. «Adesso la volontà politica c'è davvero». Ma la volontà politica spesso non basta, ha cercato di sottolineare la Francia. Nel tentativo di individuare i legittimi proprietari di circa duemila opere sequestrate a famiglie ebree durante la guerra, il governo francese ha anche messo la lista dei quadri su Internet, ma senza alcun successo. Il World Jewish Congress ha proposto che la Francia li metta all'asta e depositi il ricavato in fondi speciali per l'assistenza alle vittime dell'Olocausto. Ma il delegato francese alla conferenza di Washington, Louis Amigues, ha risposto ieri che «quella non è la via francese. La via francese è quella di cercare i proprietari o i loro eredi. L'arte appartiene solo a loro». E se non a loro, allora allo Stato francese. Posizione del resto sostenuta a Parigi anche da Henri Hajdenberg, leader della comunità ebraica in Francia. La svolta russa e le perplessità francesi sono venute all'indomani di un commosso discorso inaugurale alla Conferenza del segretario di Stato Madeleine Albright, che solo l'anno scorso, dopo un'inchiesta del Washington Post sulle sue origini, scoprì di essere ebrea e di aver perso tre dei suoi nonni nei campi di sterminio: «Oggi penso al sangue che scorre nelle vene della mia famiglia. Importa davvero che tipo di sangue è? Non dovrebbe. Ma a Hitler importava. E adesso ci riguarda tutti, perché per quel motivo morirono sei milioni di ebrei». Ma il recupero delle opere d'arte confiscate dai nazisti - il tema centrale ma non certo unico di questa conferenza: ieri Eizenstat ha chiesto ad alcuni Stati europei la restituzione di sinagoghe, scuole, cimiteri e altri terreni sequestrati durante la guerra - non sarà facile, nonostante la nuova «volontà politica». Un altro fondo di compensazione, simile a quello che è stato negoziato con le banche e a quello che si sta cercando di concludere con le società assicuratrici, non sembra possibile per il furto di opere d'arte, che secondo il World Jewish Congress fu pari a 90-140 miliardi di dollari attuali. L'idea che sembra invece prevalere alla Conferenza è quella di mobilitare energie e risorse dietro al piano presentato da Eizenstat - in realtà poco più che una serie di linee-guida, di suggerimenti - per passare al setaccio i musei statali e privati nel mondo allo scopo di identificare opere d'arte confiscate dai nazisti e pubblicizzarne le origini. Andrea di Robilant Divergenze con Parigi Rifiuta di mettere all'asta i beni i cui proprietari non sono stati individuati 11 presidente della Conferenza di Washington, Abner Mikva parla ai partecipanti
Persone citate: Abner Mikva, Eizenstat, Henri Hajdenberg, Hitler, Louis Amigues, Madeleine Albright, Stuart Eizenstat, Washington Mosca
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