«Bicamerale uccisa dai magistrati» di Aldo Cazzullo
«Bicamerale uccisa dai magistrati» L'ex presidente chiede un'Authority per il Parlamento: considerato come un gruppo di ladri, è delegittimato «Bicamerale uccisa dai magistrati» Cossiga: Violante al Colle? L'Udr lo voterebbe ROMA. L'ultima sorpresa, Cossiga la riserva per le 9 di sera, conversando a sala ormai vuota: «Luciano Violante al Quirinale? L'Udì-, in un certo quadro politico, non avrebbe un minimo di difficoltà a votarlo. Non può giungere alla presidenza della Camera elli non può giungere al Quirinale. Lei dice che, con D'Alema a Palazzo Chigi, sarebbe difficile per un uomo dello stesso partito salire al Colle? Nella prima Repubblica questa era la regola: quanti Presidenti della Repubblica democristiani abbiamo avuto con un de a Palazzo Chigi? E poi la persona è dotata delle necessarie qualità di professionalità, capacità, equilibro e mediazione, come ha dimostrato alla presidenza della Camera, e stasera». Ma, ieri sera, la scena era tutta per Francesco Cossiga. «Dopo quanto ha detto sulla giustizia l'ex Presidente, a me non resta molto da aggiungere», ha riconosciuto un ammutolito Giuliano Ferrara. In effetti. La sentenza della Corte Costituzionale che ha annullato la riforma dell'articolo 513? «Piena di sciocchezze provocatorie. Se fosse stata una tesi di laurea, sarebbe stata respinta anche da un professore mediocre». La suddetta riforma? «Dovrebbe essere rivotata, tal quale. Non credo che la Corte potrebbe bocciarla ancora. Il Parlamento deve reagire». Altrimenti tanto varrebbe «creare un'Authority per il Parlamento, composta da 15 persone» che esercitino le funzioni degli eletti dal popolo. I poteri dei pm? Da limitare, ad esempio «stabilendo che il pm non possa adottare provvedimenti che entrino nell'ambito della libertà personale, ma solo chiederli al gip». Musica per gli esponenti del Polo favorevoli alla ripresa del dialogo sulle riforme, tra cui Marcello Pera e Gianni Letta. Ma Berlusconi, cui Cossiga riconosce «il merito di aver posto la questione giustizia», stia attento; «si cominciano ad avvertire pressioni, da parte dell'ormai costituito potere giudiziario, per l'erosione dell'istituto della prescrizione»; pressioni cui il legislativo «potrebbe finire per cedere». A tanto, avverte Cossiga, è giunta la delegittimazione del Parlamento, «considerato alla stregua di un gruppo di ladri, non legittimati a legiferare». Sono questi i frutti avvelenati di una mentalità che considera «abominevole l'avvocato che insiste a difendere l'impu- tato, anziché collaborare con il giudice per raggiungere la verità, come vorrebbe il codice di procedura penale Vishinskij». «Dietro la battaglia per la Verità e la Giustizia - prosegue Cossiga - sento sullo sfondo il crepitio del plotone d'esecuzione e l'ondeggiare dell'impiccato». Di questo passo, aggiunge paradossale, si potrebbe arrivare «ad abolire i processi. Perché tutti quei gradi di giudizio? Non si potrebbe affidare allo stesso pm, che ha lavorato a lungo, il compito di emettere la sentenza?». Già, i pm. «Se dite all'estero che in Italia abbiamo il problema di distinguere tra pubblici ministeri e giudici, non vi capiscono. Per loro è come se fosse difficile distinguere tra bandito e carabiniere». Ma, dal momento che è impossibile uno «scontro frontale con un potere giu- diziario che ha ormai un ruolo politico», occorrono piccole riforme per connotarlo di una qualche responsabilità: «Stabilendo per legge che si chiama "giudice" solo chi giudica, e non chi accusa; e limitando la competenza territoriale dei pm». La prospettiva è «togliere dal cammino politico il macigno di Tangentopoli». ((Amnistia non significa perdono, ma rinuncia al potere punitivo dello Stato quando entra in collisione con interessi irrinunciabili». Cossiga ha finito. Mentre applaudono Ferrara, Marco Boato e Giuseppe Gargani, che presentava il saggio scritto con Carlo Panella «In nome dei pubblici ministeri» (Mondadori), arriva Luciano Violante, reduce dalla seduta della Camera sul caso Ocalan. Troppo tardi per replicare a un intervento che non ha potuto sentire. In tempo per ricordare che «le forze politiche devono imprimere un indirizzo» all'azione penale, «capire e indicare su cosa va investito il costo di un'azione giudiziaria», ridimensionando così «il surplus politico dell'intervento dei magistrati». Aldo Cazzullo «La riforma del 513 andrebbe rivotata subito così com'era E' stato sciocco bocciarla» L'ex Capo dello Stato Francesco Cossiga
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