«Volevano stuprare Mauro»

«Volevano stuprare Mauro» Frosinone, Erik cambia ancora versione: l'ho portato io nella trappola e non ho potuto fare nulla per difenderlo «Volevano stuprare Mauro» testimone: si ribellava e l'hanno ucciso FROSINONE DAL NOSTRO INVIATO Tentarono di violentare Mauro in gruppo, ma lui si ribellò. E finì in tragedia. Raccapricciante l'ultimo racconto di Erik Albert Schertzberger, il supertestimone. Dopo aver confessato di aver partecipato all'omicidio del bambino amico suo, ieri ha cambiato versione nuovamente. I protagonisti sono sempre in cinque. Ci sono i due fratelli nomadi Denis e Fardi Bogdan (uno in carcere da tre giorni, l'altro arrestato ieri all'alba), il quattordicenne Claudio (in affidamento coatto a un istituto), il figlio tredicenne di un giostraio (sparito nel nulla) e lui, Erik il peruviano. Ma adesso è il movente che cambia: non questioni di interesse (aveva parlato inizialmente di 500 mila lire non restituite da Mauro a Fardi dopo lo spaccio di qualche spinello), ma di sesso. La banda dei balordi aveva mosso gli occhi addosso a quel bambino con i modi di teppista in erba. Erik ha raccontato tutto ieri sera ai magistrati della procura nel corso dell'ennesimo interrogatorio. Questa volta, ha giurato, non cambierà più versione. E' l'ultima ricostruzione. Così la «sua» verità diventa più lineare, ma anche più credibile. Non ci fu alcun summit precedente al delitto. Né premeditazione. Ci fu semmai una trappola per Mauro. A cui Erik si prestò, convinto che si trattasse di poco più di un gioco, e «poi mi dissero che mi avrebbero ricompensato con il "fumo". I due fratelli nomadi hanno sempre qualche spinello a portata di mano». C'entrerebbe dunque il sesso. Sesso omosessuale, s'intende. Erik non ha negato di aver avuto qualche effusione con Mauro. D'altra parte era curiosa tutta questa intimità - raccontata tra i risolini del paese - tra un diciottenne con motorino, studi superiori e lavoro saltuario, e un bambino di appena 11 anni. Erik e Mauro, dunque, secondo il racconto del giovanotto, se la intendevano. Ma questa confidenza tra i due non era passata inosservata nel microcosmo delle case Gescal. L'avevano notata i due fratelli nomadi, Denis e Fardi. Probabilmente se n'era accorto anche Claudio, il quattordicenne che durante l'estate ha lasciato il collegio dei salesiani dove viveva per trasferirsi a Piedimonte dalla madre. «Mi chiesero di portare Mauro da loro. Lui si fidava di me. Io gli feci nascondere la bicicletta e lo caricai sul motorino». Mauro parte così verso la morte, dunque. Non ha idea che il suo amico di 18 anni lo sta portando in pasto a un branco di lupi. I due arrivano al bivio di Castrocielo dove li aspetta l'auto di Fardi. Dentro la macchina sono in quattro. Erik rimane stupito, ma non fa domande. Mauro è convinto che si va a fare qualche zingarata, roba da adulti, ci potrebbe scappare pure uno spinello, ed è ben contento. Erik non si ferma, perché la macchina parte immediatamente. L'auto avanti, il motorino dietro. Ogni tanto qualcuno si volta e saluta dal vetro. In tutto sono 15 chilometri di curve, dal bivio dell'appuntamento fino al boschetto. ((Arrivammo a un certo posto e lì Fardi accostò la macchina. Io sistemai il motorino». I sei si inoltrano nella boscaglia. Intorno è buio. Per terra ci sono immondizie varie. Non è un posto allegro, ma proprio per questo lo conoscono come un punto dove non va mai nessuno. E' a quel punto che succede il fattaccio. Fardi e Denis - è sempre il racconto del supertestimone - mostrano le loro intenzioni. A forza cominciano a spogliare il bambino. Mauro si ribella. Erik sostiene di avere assistito alla scena inorridito, senza la forza di intervenire per difenderlo, ma nemmeno per aiutare i carnefici. Che sono in quattro e due di loro sono maggiorenni. C'è chi tiene il bambino per le braccia, chi gli tappa la bocca, chi gli apre i pantaloni e gli alza la maglietta. Mauro si divincola. Reagisce come può. Nonostante i suoi 11 anni, è glande e robusto. E' alto 1,68. In famiglia ha visto che un uomo non si lascia mtinudire dal numero degli avversari. E' a questo punto che qualcuno perde la testa. La violenza carnale non riesce. Mauro è diventato furibondo, pericoloso, ingombrante. Bisogna chiudergli la bocca perché nessuno del branco può permettersi di farlo tornare in paese e raccontare quello che è successo nel boschetto di San Giovanni Incarico. Tutte le precauzioni per non farsi vedere insieme ora sono diventate improvvisamente inutili. La scena si trasforma in una mattanza. Botte menate all'impazzata. Si accaniscono su quel povero bambino. Il medico legale alla fine dell'autopsia ha contato 28 colpi di spranga o mattone. Non è chiaro che oggetto sia stato usato. In una precedente versione, quando Erik aveva cominciato a raccontare la sua partecipazione, ha indicato una mazzetta da muratore. Un attrezzo da lavoro di cinque chili. Ma quel racconto era tutto diverso. C'era la premeditazione. Il piano costruito a tavolino. L'arma portata dentro sacchetti di plastica e poi nascosta. I sacchetti neri dell'immondizia usati per incappucciare il bambino e poi per occultare il cadavere. Gli investigatori avevano creduto a questa versione. Secondo il procuratore capo, Gianfranco Izzo, c'erano «elementi oggettivi» che gli davano la sicurezza che era quella la verità. Uno di questi «riscontri» riguardava appunto i sacchetti di plastica. Un testimone, negoziante di uno spaccio della zona, ha riconosciuto in Denis e Claudio i due ragazzi che avevano comprato da lui un rotolo di sacchetti neri da immondizia. Ora, invece, a stare all'ultimissima versione di Erik, la premeditazione non ci sarebbe. Sarebbe stato un delitto d'impeto, anche se di gruppo. Così come spariscono dal racconto la station-wagon di un misterioso uomo adulto e i collegamenti della banda con la droga o con la camorra. Tutto rimane chiuso protagonisti, dinamica, movente - al piccolo mondo delle case popolari. E forse tutto diventa più logico. Ma se Erik accusa, gli altri negano. Ieri, più o meno nelle stesse ore in cui il procuratore Izzo ascoltava il pentito, altri giudici, quelli minorili, decidevano la sorte di Claudio. E lì il ragazzo s'è difeso colpo su colpo. Con veemenza: «E' tutto falso. Tutto inventato. Quell'infame s'è inventato ogni cosa per mettermi in mezzo. Me lo dovete portare qui quell'infame bugiardo. E vedremo se avrà 0 coraggio di ripetere le sue bugie». Anche la famiglia dei Bogdan ostenta sicurezza. Dice il padre dei due fratelli, Bruno: «Non abbiamo nulla da temere e siamo qui a disposizione della giustizia». E mentre lo portavano via, Fardi ha sibilato ai carabinieri: «Vi state facendo prendere in giro da un bambino». Francesco Grignetti «Erano in 4, lo hanno picchiato a morte. Non era una questione di soldi» II padre dei due fratelli sott'accusa: «Quel bambino vi sta prendendo in giro» In alto, Fardi Bogdan, fratello di Denis, arrestato ieri all'alba. A destra, Mauro lavarone, il bambino di I I anni ucciso nelle campagne del Frusinate, e il luogo del delitto

Luoghi citati: Castrocielo, Frosinone, San Giovanni Incarico