D'Aleniti: soluzione europea per Ocalan di Maurizio Molinari

D'Aleniti: soluzione europea per Ocalan Si lavora per due appelli: uno al Consiglio d'Europa sul Giurì e uno ad Ankara sui diritti umani D'Aleniti: soluzione europea per Ocalan «L'obiettivo è un processo equo, in Italia o all'estero» ROMA. Sarà un'«iniziativa europea» a garantire ad Abdullah Ocalan un «processo equo» o almeno a guadagnare il tempo per studiare altre vie d'uscita. Questo ha spiegato il presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, intervenendo alla Camera, dove si sono riproposte le divisioni nella maggioranza su asilo politico ed espulsione. L'«iniziativa europea» è quella duplice a cui lavorano Palazzo Chigi e Farnesina:' «L'azione italo-tedesca per arrivare alla Corte internazionale e l'azione europea per legare il dialogo con Ankara alla soluzione pacifica del SudEst della Turchia». Dietro le parole di D'Alema c'è il tentativo di cogliere i risultati di tale sforzo al Consiglio Europeo di Vienna fra i Capi di Stato e di governo dei Quindici, che si riunirà l'I 1 dicembre dopo due riunioni a Bruxelles a livello di ministri degli Esteri e della Giustizia. Le nostre feluche stanno girando l'Europa per trovare l'accordo necessario fra i partner e far lanciare da Vienna due appelli: uno al Consiglio d'Europa sul Giurì e uno ad Ankara su dialogo e diritti umani. D'Alema ha indicato la strada da seguire facendo prevalere la realpolitik sulle tentazioni ideologiche di una parte della maggioranza. E soppesando accuratamente i termini, che in Medio Oriente valgono più degli accordi: non (ha,, niaj parlato di «Kurdistan» "o «regioni curde» bensì di «Turchia del Sud-Est», mai di «popolo curdo» ma di «etnia curda». Parole che pesano, prendono le distanze dal separatismo del Pkk e confermano il tentativo di dialogo con la Turchia suggellato dall'invio dei ministri Fassino e Melandri a Istanbul per una partita di calcio «possibile momento di distensione». «L'iniziativa europea non vuole essere un'indebita interferenza in Turchia - ha aggiunto D'Alema - ma si deve alla richiesta di Ankara aderire all'Ue, e quindi di accettare lo standard europeo sui diritti umani, e alla forte emigrazione curda verso i nostri Paesi». La «soluzione pacifica per il Sud-Est della Turchia» deve basarsi su tre pilastri: rispetto di diritti umani, diritti dei curdi e del diritto della Turchia ah'inviolabilità delle frontiere". Neanche un accenno sulla «Conferenza internazionale sul Kurdistan» evocata nei giorni scorsi da parlamentari comunisti e verdi. E' in questo quadro che l'Italia lavora al Gran Giurì europeo o al trasferimento del processo in un Paese terzo, secondo la Convenzione di Strasburgo del 1972. D'Alema ha fatto esplicito riferimento alla disponibilità dall'Olanda per celebrare l'assise sul caso-Lockerbie. «E' un esempio» ha detto scandendo le parole. Insomma, sarà fatto «ogni tentativo per ottenere un equo processo, garantendo il diritto alla difesa, le ragioni e il diritto alla vita dell'accusato». Ma processo sarà «per ciò che Ocalan ha fatto prima di arrivare in Italia». D'Alema non nasconde i rischi e le difficoltà. E promette: se non ci riusciremo alle 24 del 22 dicembre «ci preoccuperemo di garantire la sicurezza del Paese». Fra espulsione ed asilo D'Alema non sceglie, del rischio di ospitare il processo in Italia non fa cenno. Non è il momento. Si gioca la partita europea. Il tempo a disposizione potrebbe aumentare. Dietro le quinte Bonn si è detta disposta ad emettere - se servirà - un nuovo mandato di cattura contro Ocalan per allungare i termini della sorveglianza a Roma. Luigi Colajanni, responsabile Esteri dei Ds, spiega: «Diamo tempo all'Europa, non è il momento di parlare di processo in Italia e dei gravi problemi che porrebbe». Il dibattito in aula ha confermato che le divisioni nella maggioranza restano tutte. Se i Ds sono con D'Alema, l'espulsione piace come estremo rimedio a Rinnovamento e i Popolari, con Beniamino Andreatta, non escludono il processo in Italia. Mauro Paissan (Verdi), Tullio Grimaldi (Comunisti) chiedono invece a viva voce l'asilo politico e condannano l'espulsione «che comporterebbe il rischio di far cadere Ocalan in mani Turche». I Sudtirolesi paragonano il Kurdistan al Tibet. E Rocco Buttigliene (Udr) suggerisce: «Convincetelo ad andarsene». Ma è quando parla l'«accompagnatore» di Ocalan, Ramon Mantovani (Rifondazione), che arrivano le accuse più dure a D'Alema: «Sbaglia a parlare di calcio quando c'è di mezzo il Kurdistan». E ancora: «L'espulsione significa fomentare nuove guerre, nuove stragi». Mantovani chiude con il paragone fra Ocalan e Arafat ma Giorgio La Malfa (Pri) replica: «Arafat è stato riconosciuto da Israele quando abbandonò il terrorismo, la lettera di Ocalan per ora è assai poco, non basta». Sul fronte giudiziario la procura di Roma ha indagato Ocalan per l'arrivo con documenti falsi e si occuperebbe anche di Mantovani mentre ieri sera è, finalmente, arrivata la voluminosa richiesta di estradizione turca al ministero di Grazia e Giustizia. Si tratta di tre faldoni con oltre 1000 pagine di accuse dettagliate nei confronti di Abdullah Ocalan e foto raccapriccianti di delitti attribuiti al Pkk con tanto di videocassette. «Qui ci sono le prove deUe responsabilità di questo signore, un elenco interminabile e impressionante di morti, di omicidi, di attacchi a turisti inermi» dice Augusto Sinagra, avvocato del governo turco. L'esame dei documenti in Via Arenula potrebbe cominciare già da oggi. Maurizio Molinari «Nessuna interferenza negli affari turchi, ma se vogliono aderire all'Ue devono accettare il nostro standard sui diritti umani»