La Total conquista Petrofina di Ugo Bertone
La Total conquista Petrofina PETROLIO E FUSIONI La Total conquista Petrofina assa in nnte o MILANO RE nove e trenta, Parigi. La Total, seconda compagnia petrolifera francese, annuncia l'acquisto del 41% di Petrofina, il più importante gruppo industriale belga. Nasce così, con un affare da 39 miliardi di dollari, il terzo gruppo petrolifero europeo, il sesto a livello mondiale. New York, le otto e trenta del mattino (ma, causa il fuso orario, a Parigi era già pomeriggio). La Exxon, la principale compagnia petrolifera del mondo, annuncia l'acquisto della rivale Mobil, il colosso numero due al mondo. E' un'operazione da 80,1 miliardi di dollari (circa 135 mila miliardi di lire), la più gigantesca fusione nella storia del capitalismo. Se l'accordo supererà il vaglio dell'antitrust, nascerà una società dalle dimensioni immense, capace di controllare un esercito di 47 mila distributori sparsi in tutto il pianeta. I due pezzi più importanti dell'impero di John Rockefeller, la Standard Oil, spezzato in sette dall'Antitrust Usa 90 anni fa, tornano assieme sotto la regia di Lee Raymond, attuale numero uno di Exxon, e di Lucio Noto, l'italiano che ha fatto carriera in Mobil e che sarà il numero due del colosso. Ma la giornata non è finita qui. Torniamo in Europa. Qui, in ' mattinata, tra Francoforte e Parigi è nàta Aventis, ovvero la joint venture tra Hoechst e Rione Poulenc in cui sono confluite le attività farmaceutiche e agrochimiche dei due gruppi. Aventis sarà tra i leader mondiali nel settore della «scienza della vita». Nemmeno ventiquattr'ore, in¬ somma, e l'emozione suscitata dall'affare Deutsche Bank-Bankers Trust, da cui nascerà la prima banca del mondo, svanisce di fronte a questi fuochi d'artificio. E lo spettacolo, capace di sconvolgere gli equilibri dell'economia globale sembra appena iniziato. Chissà se, prima o poi, anche l'Italia ne verrà coinvolta. Grandi manovre sono in corso nel farmaceutico (prossima operazione, il «matrimonio» tra le francesi Sanofi e Synthelabo), nelle telecomunicazioni e nell'informatica, soprattutto nell'area di Internet e del commercio elettronico, nell'industria carta¬ ria, nella petrolchimica e nell'acciaio. Grandi novità s'annunciano anche nei semiconduttori, colpiti da una crisi di sovrapproduzione gravissima, oltreché nella finanza. Ma su tutti svetta, non a caso, l'industria petrolifera, dove si annunciano nuovi colpi a sensazione: il classamento, a Wall Street, del 20% di Conoco da parte della Du Pont, prima tappa di una nuova possibile mega-alleanza; e al ballo dei giganti potrebbe partecipare la stessa Eni, come scommettono molti analisti del settore, magari con l'acquisto della britannica Enterprise Oil. Ma perché questa febbre da fusioni? E perché investe, in particolare, l'industria petrolifera? La motivazione, a differenza di quanto è avvenuto negli Anni Ottanta, è assai più industriale che finanziaria. La spinta ai «matrimoni» nasce dall'obiettivo di contenere i costi (almeno tre miliardi di dollari nel caso di Exxon e Mobil) e/o dalla volontà di garantirsi la presenza nelle tecnologie d'avanguardia, anche perché quasi ovunque (da Internet alle biotecnologie), l'impegno finanziario e di risorse umane necessario per stare in testa è davvero enorme per chiunque. Il momento delle Borse, favorevole nonostante il brutto scivolone di questi giorni, permette poi ai leader delle grandi imprese di chiudere operazioni basate su scambio d'azioni e non sul «cash». Nel caso dell'industria petrolifera (ma il ragionamento vale anche per l'industria cartaria o dei semiconduttori piuttosto che per petrolchimica) quella delle fusioni è una scelta obbbgata per contrastare la congiuntura negativa dei prezzi. Il greggio è ai minimi da nove anni, gli utili delle prime sei compagnie americane nel terzo trimestre si sono dimezzati a quota 2,9 miliardi di dollari. E, a differenza da quanto accadde a metà Anni Ottanta, anche i margini di raffinazione sono bassi e non permettono di compensare le perdite di produzione. Di qui la necessità di fare nuove economie anche quando, come è il caso di Exxon e Mobil, le ristrutturazioni degli ultimi cinque anni abbiano già provocato il taglio di 30 mila posti di lavoro. In casa Exxon, del resto, sono troppo orgoghosi di essere, da anni, in testa alla classifica di profitti per dipendente per non combattere gli effetti della crisi. La sfida sembra convincere gli analisti, anche se la fusione, ampiamente scontata, non ha certo provocato euforia a Wall Street. Ma le attività dei due colossi fanno davvero ben impressione: più forte la Exxon in Nord America, meguo distribuite nel mondo le riserve della Mobil, dal mar Caspio all'Africa; il tutto per un totale di 20.743 milioni di barili di riserve in greggio e gas, per una capacità di produzione di 1,631 rnihoni di barili al giorno e di raffinazione per 6,66 milioni dibarUi. Ugo Bertone Grandi matrimoni mentre il prezzo dell'oro nero resta ai minimi E' l'effetto della globalizzazione Gli accordi investono tutti i settori Al ballo dei giganti potrebbe partecipare la stessa Eni che pensa all'inglese Enterprise Oil mentre Sanofì tratta con Synthelabo
Persone citate: John Rockefeller, Lee Raymond, Lucio Noto, Pont
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