Ds in allarme per il «ruggito dei minori»

Ds in allarme per il «ruggito dei minori» Veltroni rilancia il maggioritario. Preoccupazione per i buoni risultati elettorali di ppi, verdi e sdi Ds in allarme per il «ruggito dei minori» Ma il Polo è diviso. Fini: «Aspettiamo il referendum» ROMA. Fanno meticolosamente i conti dei voti di domenica gli alleati di Massimo D'Alema ed emettono bollettini di vittoria circostanziati che sembrano (e sono) ammonimenti al presidente del Consiglio a stare attento a quel che fa con la riforma elettorale e con i contatti (ancora sollecitati) con Silvio Berlusconi. I popolari spiegano che sono passati dal 6,2% delle politiche del 1996 al 10,3.1 verdi crescono dal 3 al 4,9%. Si affermano i socialisti democratici e lo stesso D'Alema lo riconosce. Insomma, prende più forza la costellazione di partiti che è alleata, o potrebbe essere alleata dei democratici di sinistra. Mentre il partito di Veltroni ha perso un 2%. A Botteghe Oscure si susseguono le riunioni per analizzare la situazione. La ricetta, stando a quel che dicono Veltroni, Folena e Mussi, sarebbe quella di fare aggrappare la Quercia all'Ulivo e alla sua logica maggioritaria, per evitare di essere risucchiati nelle sabbie mobili paralizzanti dei «minori», decisi a sbarrare la via a qualsiasi tipo di riforma elettorale che li penalizzi. Per sfuggire all'assedio dei «minori», il segretario Walter Veltroni si spinge sino ad aprire al «partito dei sindaci» e al movimento di Antonio Di Pietro («guardo a loro con attenzione e anche con simpatia. Oggi o domani, le nostre strade si incrociano»). Il primo assaggio del «ruggito dei minori» c'è stato ieri, alla commissione Affari costituzionali della Camera, che ha deciso di rinviare all'autunno prossimo la legge che avrebbe dovuto correggere il sistema elettorale per le Europee di giugno. L'intoppo, guarda caso, è stata l'introduzione di una soglia di sbarramento del 4 per cento e l'incompatibilità col mandato di parlamentare europeo. Novità invise ai partiti minori del centro-sinistra. «Questa maggioranza è ostaggio dei piccoli partiti» ha protestato la Lega Nord. «Si tentava, incautamente, una inutile forzatura politica e procedurale» rispondono, duri, i verdi Paissan e Boato. Di fatto, i diessini rischiano di trovarsi in un vicolo cieco, ostaggio degli alleati minori (nostalgici del sistema proporzionale), se Silvio Berlusconi non si decide a rioccuparsi di riforme. Per questo ieri il presidente del Consiglio, D'Alema, ha riofferto «ampie intese tra tutte le forze politiche più rappresentative». Spiegando al leader di Forza Italia che ha perso voti perché ha impedito le riforme. Berlusconi ha risposto aprendo una diatriba su chi ha perso di più, ma ha taciuto sulla sostanza. Cioè, su cosa vuol fare con le riforme. «Siamo convinti di essere, come Forza Italia, il primo partito del Paese», ha detto. «C'è stata molta disinformazione. Non mi risulta che abbiamo fatto passi indietro. E i ds guardino prima in casa propria». Anche in Forza Italia, comunque, sta cominciando l'esame di coscienza. C'è chi dice che a forza di inseguire (senza costrutto) i cattolici, Fi ha perso i laici e i socialisti. «Al socialista Boselli sono andati parte dei consensi che, dal '94 ad oggi, hanno costituito una delle chiavi del successo di Fi», sostiene Tiziana Maiolo. Taradash dice che il Polo, ormai, «è un carrozzone senza motore e Fi non ha reazioni cerebrali». E poi, si vuol decidere Berlusconi a prendere le distanze da Fini? Questo chiederanno oggi i «moderati» di Forza Italia al loro presidente. Il quale non pare avere idee nuove in proposito. Così, l'alleato Fini, ringalluzzito dal risultato elettorale romano, si precipita, ancora una volta, a sbarrare a Berlusconi l'unico, precario sentiero di manovra che gli rimane: quello di tentare di approvare la riforma elettorale prima del referendum. Non se ne parla, gli dice Fini. Aspettiamo il referendum che «spazzerà via ogni voglia di restaurazione, o anche solo di aumento della quota proporzionale». Ma preoccupa anche il forte astensionismo degli elettori. Per arginarlo, Francesco Rutelli propone di concentrare, secondo il modello Usa, l'«election day»:, lo svolgimento in un'unica data delle elezioni europee, politiche, regionali, amministrative e referendum. E Summit a Botteghe Oscure. Apertura ai sindaci e a Di Pietro

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