Torna il lancio delle uova di Filippo Ceccarelli

Torna il lancio delle uova In Italia le hanno prese un po' tutti, da Scalfaro a Sgarbi Torna il lancio delle uova CHIEDO scusa al ministro italiano, c'è stato un errore, volevamo colpire l'auto di Kharrazi». Così il dimostrante iraniano, Ali Akbar Bahrebar, che ieri ha centrato per le vie di Torino l'automobile di Lamberto Dini con un uovo, riempito di «una sostanza rossa - secondo l'Ansa - probabilmente salsa». O forse vernice: rossa. Comunque gli agenti della Digos hanno provveduto subito dopo a pulire con gli stracci le portiere e i finestrini. Il prefetto, che era sull'auto del ministro, ha minimizzato: «Non ce ne siamo neanche accorti». La protesta dei dissidenti era contro il regime di Teheran. Di tutte le forme di protesta di piazza, esclusi ovviamente strepiti e fischi, il lancio di uova sembra il più gentile. Nel senso che i sassi, i bulloni e anche le monetine fanno molto più male. Marce e/o colorate che siano, più efficaci dal punto di vista della maneggevolezza e della balistica, le uova puzzano, sporcano e mettono in ridicolo, ma non si ricorda un solo caso di potente davvero lesionato. Di pellicce sì, come dimostra lo storico lancio dei contestatori guidati da Mario Capanna all'inaugurazione della Scala. In Italia, negli ultimi anni, le hanno prese un po' tutti, senza troppi problemi: da Scalfaro, impassibile durante una manifestazione nel centro di Catania, a Sgarbi che invece, centrato davanti a Montecitorio, s'infuriò a tal punto da scavalcare di slancio una transenna. La reazione più sublime resta naturalmente quella di Andreotti: «Eh - fu sentito mormorare mentre gli agenti di Ps cercavano di ripararlo con gli ombrelli da una pioggia di uova su un ponticello di Venezia - dicono che fanno bene alla pelle...». La sgradevolezza di riceverne addosso è quasi tutta simbolica. E forse, entro certi limiti, è simbolica anche la necessità di lanciarne su og¬ getti inorganici e inanimati: vediitiri lunghi dei manifestanti dei centri sociali sulle navi in partenza a Brindisi, quelli corti degli squatters sui muri delle Nuove e l'emblematicissima gettata di uova, a Padova, sul maxi-schermo che stava ospitando un intervento di Berlusconi. Il guaio vero, anche per ritornare all'episodio di ieri, è che le uova ricorrono e quindi rientrano nel contenzioso tra Italia e Iran, pure con serie ripercussioni diplomatiche. I nemici iraniani del regime di Teheran, si sa, ne fanno larghissimo uso in tutta Europa. Ma in Italia, evidentemente, o per la collaborazione di italiani, i lanci gli riescono meglio che in Svizzera e Francia. L'incidente torinese non è affatto il primo. Nel 1991, a Rimini, fu colpito il diplomatico Hamed Reza Affesi, e in seguito a proteste lo stesso Andreotti dovette chiedere scusa. Poco dopo, a Dakar, proprio un'italiana (vedova di un dissidente persiano) riuscì a colpire con un uovo alla vernice il volto del premier Rafsanjani. Mentre nel luglio scorso, a Roma, è toccato al ministro dell'Industria Shafé i'. Così, si può perfino interpretare quello di Dini come un inconsapevole sacrificio diplomatico. Filippo Ceccarelli Anche Andreotti è stato bersagliato in passato dal lancio di uova su un ponte di Venezia: «Eh - fu sentito mormorare dagli agenti di Ps che cercavano di ripararlo con gli ombrelli - dicono che fanno bene alla pelle...»