«La confessione non basta, servono i corpi»

«La confessione non basta, servono i corpi» Restano alcuni punti oscuri nella ricostruzione. Alle domande sul movente risponde: «Non insistete, è umiliante» «La confessione non basta, servono i corpi» Caso Carretta, si studiano le mappe per decidere dove scavare PARMA DAL NOSTRO INVIATO La paura di essere scoperto, il terrore che trovassero i corpi troppo presto, nove anni di sabbia e sterpi e il Taro a un metro, che più volte ha rotto gli argini. I punti di forza di Ferdinando Carretta nel nascondere i cadaveri dei suoi famigliari, diventano adesso il punto debole della sua confessione. Una confessione piena, con un movente nascosto nella sua mente, ma senza cadaveri, sepolti chissà dove nella discarica di Viarolo. La discarica dove ora passano gli elicotteri dei carabinieri per i rilievi fotografici, la Uno blu con i lampeggianti e a bordo pure il geometra della Sove che da anni gestisce questi chilometri di sterpi, ghiaia, sabbia, stradine sterrate e pioppi selvatici che hanno cambiato la geografia del luogo. «Mi ricordo di essere venuto qui, c'era una montagna di sabbia, ho guardato dove scaricavano i camion e mi sono messo dall'altra parte. Non volevo essere scoperto», fa mettere a verbale Ferdinando Carretta. Ma ancora non basta, per avere un posto certo, per iniziare a scavare. Alle sei di sera, in procura, davanti al magistrato Francesco Saverio Brancaccio compaiono le planimetrie dell'area. Un rotolo di fogb bianchi, lunghi più di un metro. Sono la mappa della discarica com'era nove anni fa, quando in una notte d'agosto, con la Croma di famiglia, Ferdinando ha portato qui suo padre Giuseppe, sua madre Marta e suo fratello Nicola, ammazzati a colpi di pistola e avvolti nel cellophan. Un'ora dopo, i fogli e le foto aeree sono sul tavolo del carcere, saletta colloqui, davanti a Ferdinando. Non è un interrogatorio, solo l'ennesima richiesta di precisazione prima di mettere le ruspe al lavoro. «Il mio cliente fornisce indicazioni il più possibile dettagliate», assicura il suo avvocato, Filippo Dinacci. «Va bene. Ma chi ci assicura che non sia un mitomane? La confessione non basta», riflette ad alta voce uno dei carabinieri che da nove anni sta cercando di dare una risposta al mistero della famiglia Carretta, scomparsa nel nulla. Già, un mitomane. Che ammette di aver sparato due colpi calibro 6 e 35 contro il padre e poi ancora uno, quando lui è a terra già morto. Un altro proiettile è per la madre, ancora due per il fratello. Ma quando si disfa dei cadaveri? Li tiene in casa per giorni come dice a Chi l'ha visto? o se ne libera nella notte, come racconta ai magistrati? E perchè, ammazza tutta la famiglia, dopo aver detto di avere odiato così tanto solo suo padre? «Non insistete, è troppo umilian¬ te...», Ferdinando Carretta si chiude a riccio davanti ai magistrati. «E' un povero Cristo, pentito di quello che ha fatto», assicura il suo legale che adesso può solo sperare di fargli evitare l'ergastolo. E racconta di una mezza vita solitaria, dal momento della fuga verso Londra. «Senza un amico, un'amica, una fidanzata. Un anaffettivo», lo definisce il suo legale, mentre racconta che le indagini sui tabulati della Telecom britannica hanno dato quasi lo zero assoluto. A cercare di entrare nella mente di Ferdinando Carretta ci proverà ora Cesare Piccinini, lo psichiatra incaricato dal gip Vittorio Zanichelli di accertare se era sano di mente allora, se lo è oggi, se soprattutto può rimanere in carcere e affrontare il processo. E perché, ha ucciso. Se per un gesto da bambino quando aveva oramai venti anni, se perché si sentiva trascurato dai genitori più attenti al fratello con un passato da tossicodipendente. 0 se per i soldi, i troppi pochi soldi avuti dalla famiglia. Non i miliardi dei fondi neri, di cui si è parlato per anni. Non quella favola che per anni è andata bene per spiegare tutto, la sparizione della famiglia e pure la strageGiuseppe Carretta non avrebbe mai toccato una lira, delle vetrerie che lo avevano visto per trenta anni contabile. Anzi. La sua commercialista fino al '92 ha continuato a pagare le tasse, come risulta dai 740 senza firma. E allora si torna ai cadaveri. Che non si trovano. «E senza quelli chi può dire qual'è la verità», si aggrappa alla speranza Paola Carretta, la sorella di Giuseppe. «E' più facile fare 13 al Totocalcio, che trovarli qui in mezzo», assicura Sergio Rinaldi, guardacaccia, davanti alla spianata con l'erba selvatica, a un passo dalla sbarra che impediva il passaggio delle coppiette. Dove oggi ci sono solo curiosi e carabinieri. Fabio Potetti Un carabiniere «Dobbiamo assicurarci che non siamo davanti a un mitomane» Affidato l'incarico sulla perizia psichiatrica

Luoghi citati: Londra, Parma