Yilmaz: può andare bene anche il processo in Italia di Mimmo Candito

Yilmaz: può andare bene anche il processo in Italia Yilmaz: può andare bene anche il processo in Italia DAL NOSTRO INVIATO Quando è calata la sera, ieri, una sera umida, gelida, i poliziotti hanno cominciato a prendere in pugno la città, le strade lungo il Bosforo, il ponte di Galata, le viuzze del Corno d'Oro. Nella lunga storia di Costantinopoli, le vecchie mura bizantine ne hanno visto passare, di guerre; e però ieri sera anche loro si mostravano sorprese. Mai, prima, avevano visto tanti poliziotti e soldati quanti il governo di Ankara ne ha ora mobilitati per la guerra del pallone. Oggi, Istanbul blindata ascolta con un orecchio distratto i fatti della politica: per un giorno Ocalan diventa notizia di secondo livello, e stanotte la guerra tra la Turchia e l'Italia la faranno su un campo d'erba i 22 giovanotti in braghe corte. «Però, ha esortato Yilmaz, primo ministro senza poltrona, evitiamo comportamenti che possano recare beneficio ai nemici della patria». Nei proclami al popolo, la Turchia ufficiale si chiude ancora in questa sua antica ossessione deh ìsolamento, i nemici della patria, il complotto internazionale, i Paesi vicini pronti a sbranarle le ossa. «E' la sintome di Sèvres», spiega il prof. Huseyn Bagci. E ricorda come l'angoscia della spartizione sia rimasta ancorata dell' immaginario di questo Paese, anche se poi Kemal Atatùrk riscattò dalla morte dell'Impero Ottomano le frontiere della piccola Anatolia. Ieri, parlando in mattinata ai colleghi del suo gruppo parlamentare, Yilmaz sembrava una volta ancora vittima di quella sindrome. «L'idea di una corte internazionale per Ocalan è una vergogna per il diritto e per l'Europa». Però, dietro i limiti rigidi del nazionalismo, che finora ha chiuso in gabbia ogni possibile spazio della politica, comincia anche a mostrarsi l'avvio di una ricucitura. Yilmaz ora dice che potrebbe essere una soluzione «anche un processo a Ocalan in Italia, per non lasciare impuniti i suoi crimini». E intanto, Dini e Ismail Cem s'incontreranno «nei prossimi giorni», come ha detto lo stesso ministro turco dopo aver parlato al telefono, per mezz'ora, con il suo collega italiano. «Gli ho raccomandato di valutare l'aspetto giuridico del caso Ocalan», ha detto Cem, che era a Parigi per l'assemblea parlamentare dell'Ueo. «E Dini mi ha assicurato che la magistratura italiana seguirà 0 procedimento con la massima attenzione». All'inizio, la telefonata è stata fredda, con impacci evidenti. Il reporter che in questi giorni era in Turchia ha avuto netta la sensazione che davvero tra i due Paesi ormai non ci fosse una linea di comunicazione, come se i rapporti diplomatici bilaterali fossero stati congelati. Da Ankara si sbraitava alla tv e per le strade, da Roma si tentava di ragionare e di consultarsi con i partner dell'Ue: però gli uni e gli altri quelli di Ankara e quelli di Roma tra di loro non si parlavano; e spesso, contattando i leaders politici di questo Paese, ci appariva evidente che essi sentivano di non avere un interlocutore e, anzi, mostravano di non saperlo (più ancora che non volerlo) trovare, vittime, ormai, di questa ondata cieca di nazionalismo scatenato con avventatezza. La telefonata di Dini a Cem è finita con un tono meno ingessato, perfino con qualche generica cordialità. «Il ministro ha detto che richiamerà lui, e così fisseremo il giorno dell'incontro, e il luogo». Anche se Cem non è Mao (ma nemmeno Dini è Nixon), può anche essere che la diplomazia del pallone aiuti stasera a sgelare l'infreddatura che la Turchia di Yilmaz s'era presa tre settimane fa. Tutte le strade sono buone, quando c'è davvero la volontà di ritrovare i fili di un'antica amicizia: può servire la partecipazione di Yilmaz a una trasmissione tv della Rai, può servire la visita che due ministri - Piero Fassino e Giovanna Melandri - faranno oggi a Istanbul con la scusa di una partita di pallone. La vecchia Costantinopoli fu capitale della tolleranza, e dell'intendimento; e le radici della storia aiutano sempre a sbrogliare i guai. Mimmo Candito Il ministro degli Esteri Cem: «Dini ha garantito la serietà del procedimento» In alto il ministro dei Beni Culturali Giovanna Melandri che oggi andrà a Istanbul ccn il collega del Commercio Estero Piero Fassino Qui sopra il premier turco Mesut Yilmaz