«Nessuna manovra-bis» di Ugo Bertone
«Nessuna manovra-bis» Il governo fa i conti con la discesa del pil. D'Alema da Londra rassicura i pessimisti «Nessuna manovra-bis» Ma Visco teme un calo delle entrate MILANO. Il ministro delle Finanze Vincenzo Visco, davati alla platea degli imprenditori dell'Assolombarda, parla a braccio, con grande serenità. «Se la crescita - dice - sarà inferiore all' 1,8% potremo rivedere le stime, perché a quel punto ci sarà qualche problema per le entrate. Anche per i miracoli, insomma , ci sono dei limiti...». Da Londra arriva, poche ore dopo, il commento di Massimo D'Alema. «Purtroppo questo è noto - dice il premier - ma questo non comporterà nuove manovre». Vero, ma la confessione del ministro delle Finanze in un giorno simbolo, il 30 novembre, scadenza di una delle più «odiose» incombenze fiscali («ma non mi tiro indietro - dice Visco - ho tante lacune, ma non mi manca il coraggio...») fa comunque una certa impressione. «Per ora - spiega Visco - i conti tornano: i circa 6-7 mila miliardi di gettito in meno dall'Irap saranno più che compensati dalla minor spesa per interessi, dall'Irpef e dall'Iva da lavoro non dipendente. Ma un ulteriore ridimensionamento della crescita provocherebbe inevitabilmente una revisione al ribasso delle entrate». Basti dire, al proposito, che il Dpef prevedeva per il '98 un totale di entrate tributarie (al netto dei rimborsi in titoli) pari a 617 mila miliardi di lire. Per ora, nei primi nove mesi d'esercizio, gli incassi tributari dello Stato hanno registrato una flessione del 3,1% collocandosi a quota 364.300 miliardi. Il problema di una revisione dei conti pubblici, per la verità, non sembra per ora tra i più urgenti: la speranza è che la domanda estera o il calo dei tassi prima o poi faccia ripartire la domanda. Ma è meglio evitare l'assalto dei campioni della spesa, al governo e fuori. Basta riferire le dichiarazioni, al proposito di Innocenzo Cipolletta, direttore generale della Confindustria. «Il calo dei tassi di interesse - commenta - è per ora così consistente da lasciare spazio alla finanza pubblica an¬ che in caso di un eventuale calo del gettito fiscale». «Le dichiarazioni di Visco - conclude - sono semmai un avvertimento per chi pensa che ci siano ampi margini di finanza pubblica da utilizzare...». L'intervento del ministro in Assolombarda, del resto, ha lasciato poco spazio alle illusioni. Molto si sta facendo, sottolinea Visco, anche perché la Dual Incoine Tax «consentirà alle imprese di ridurre dell'1% l'imposizione annua». Il carico dell'onere del debito pubblico, nonostante il calo dei tassi, resta però cospicuo. «Noi partiamo spiega Visco - con un handicap rispetto alla Francia o alla Ger- mania di 60-70 mila miliardi all'anno. E questo dopo aver adottato una terapia d'urto obbligata per entrare in Europa». Una terapia, spiega Visco, basata sull'una tantum, in vista di un calo duraturo dei tassi che avrebbe sollevato la finanza pubblica dalla situazione più drammatica. «Stavamo affondando - spiega Visco ricordando, davanti agli industriali, la situazione trovata al suo ingresso nel dicastero - e accettammo le misure d'emergenza dei governi precedenti. Poi, abbiamo avviato un processo di riforma, necessario ma difficile, anche perché la situazione della finanza pubblica non ci consente di perdere gettito». Non è un mestiere facile, dice Visco, quello del ministro delle Finanze. «E non è un caso - sostiene - che una parte del mio lavoro sia finalizzata alla scomparsa del dicastero». L'obiettivo, infatti, è la creazione di 4 agenzie (Entrate, Dogane, Riscossione e Territorio) e il conferimento delle stesse al ministero del Tesoro, destinato a trasformarsi, come anticipa Visco, in un ministero dell'Economia. «Così gli italiani capiranno - spiega - che entrate e uscite sono due facce della stessa medaglia». Prima, però, andrà onorata una promessa. «Possiamo - dice Visco - fare dell'Italia uno dei Paesi meno tassati d'Europa, nel giro di pochi anni...». Ugo Bertone -r ^ Il ministro delle Finanze Vincenzo Visco
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