I fantasmi insanguinati delle giostre di Paolo Guzzanti
I fantasmi insanguinati delle giostre I fantasmi insanguinati delle giostre II luogo ideale per la messinscena di un delitto LA giostra è sempre stato e resta il luogo ideale per la messinscena del delitto, delle trappole a doppio inganno di specchi, dei retrobottega hi cui si conducono regìe torbide delle umane vicende, e in particolare di quelle in cui l'innocente è chiuso nell'angolo e ucciso. La giostra, la «ronde» con i suoi cavalli e carrozze, non ha mai ispirato sentimenti lineari ed opere pie, ma ansia: è il territorio in cui si preda nella simulazione della felicità. E poi ci fu una guerra fra giostrai nella Bergamasca, in cui fu ammazzato un giovane nomade quattro anni fa, si parlò di una banda dei giostrai due anni fa quando fu assassinato un orefice a Suzzara e di altri cupi misteri, fra cui un delitto in Emilia. E i giostrai che usavano in Spagna i loro camion per portare clandestini dal Nord Africa, fino alla storia terribile di questi giorni, quella di Mauro che frequentava le giostre e i giochi insieme a sua sorella. Le giostre negli ultimi anni hanno cambiato faccia perché è cambiata l'etnia umana che le ruota intorno. Il nomadismo di ieri non è quello di oggi, perché non ci sono più soltanto «gli zingari» con il loro bagaglio di suggestive leggende e meno suggestive violenze, ma una quantità di gente che viene dal nuovo Oriente balcanico, africano, mediorientale. Imbocco il raccordo anulare dove anche le puttane sono sparite a causa della pioggia e punto prima su Acilia e poi su Ostia alla ricerca delle giostre. Di Ostia so abbastanza, per averci passato l'adolescenza quando i delitti erano rari e il mare non aveva divorato tutte le spiagge. Adesso le onde digeriscono le cabine di cemento che si sgretolano sotto il loro acido e si sente parlare una linguafranca che non so riconoscere: un misto di romanesco, di slavo, di arabo, forse di turco. Intorno alle giostre di Ostia vedo un'umanità diversa che viene da mondi che non esistono come tali, ma soltanto come patrie abbandonate e ricordi da cui fuggire. E' gente biondissima, trafitta da questi orecchini che agganciano le carni del naso e delle orecchie, hanno volti tristi e sospettosi e sembrano i replicanti di «Biade Runner», depressi e fradici come la terra imbevuta di questo cielo di novembre che non finisce di morirti addosso. Non sempre tira aria da giostre. I giostrai oggi stanno nascosti come clandestini. Su di loro pesa un'aria mefitica dopo la fine di un ragazzino abbattuto come al macello per aver difeso la sorella presa di mira dai predatori. I predatori delle giostre che passano la vita soppesando ragazzine e madri, bambini e coppie. Ho cercato giostrai a Frosinone, ma niente. Scomparsi nelle retrovie della discrezione. Quando chiedo dove sono finiti, pioggia a parte, mi sento rispondere: «E dove vuole che so' finiti? Li stanno a cerca anche i carabinieri. Se saranno nascosti». Niente giostre né giostrai neanche a Cassino. Pretendere oggi che lavorino i lunapark, con questo tempo da lupi, è d'altra parte impossibile e così tornando verso Roma ho puntato su Ostia, le cui periferie estreme sono un serbatoio di tristi delitti fra la striscia del mare e quella della pineta e della macchia mediterranea in cui si arrangiano migliaia di esseri umani venuti da tutti gli angoli della terra, gente che cerca di sopravvivere in pace evitando di essere braccata dai predatori che li insidiano. Cerco i giostrai lontano dal centro, fra senzapatria e senzamemoria, fra adulti che pesano i bambini con lo sguardo. Già so che gli abitanti di Ostia sono suscettibili. E si irritano, perché Ostia è anche una città normale di sogni sciostati dalla salsedine, di gente che lavora e di figli che vivono in zone sicure. Ma nelle propaggini, lungo la pineta, la vi¬ ta per i più piccoli è dura, la selezione è feroce e lo stupro fa parte del panorama più del mare e del pino marittimo. Le giostre di Ostia ieri erano bellissime, colorate, arrugginite e fradicie. Non un cane in giro. Soltanto giovani immigrati che parlano fra loro usando una variante dell'italiano, una linguafranca del tutto artificiale, ma che funziona. Ecco il panorama che si vede dalla giostra: una grande chiesa di architettura fascista, le antiche case liberty corrose dal sale marino e dal tempo che passa, e intorno un deserto. Gli uomini delle giostre sono all'asciutto da qualche parte. E' aperto il bar che brilla nella cupezza del diluvio come una minuscola stazione spaziale, tutto vetro e vecchie brioches. Il padrone della pista delle auto-scontro mi offre, gentilissimo, un raid elettrico e solitario sotto la pioggia, mi dà un gettone legato con uno spago e ne approfitto. Saranno passati trent'anni dall'ultima volta. Ci sono alcuni ragazzini intorno, con il cappuccio sulla testa. Si sente quell'odore asprigno da polvere da sparo, un sapore ozonizzato di scintilla e ferro rovente che è l'odore della giostra, più persistente e insidiatore della memoria delle madeleinettes di Proust. Qui non è mai successo niente, i giostrai sono onestissimi lavoratori e del resto alle giostre, mi dicono i negozianti, vanno soltanto mamme e bambini, siamo in pieno centro. Finalmente nella periferia estrema, vicino alla pineta trovo un vecchio impianto. Fermo e fradicio sotto la pioggia. E sotto la pioggia ci sono cinque bambini che giocano, due maschi e tre femmine, coperti da tele di plastica e fango di pineta. Intorno si vedono degli adulti. Non succede nulla. Nulla di criminale. Gli adulti guardano i bambini o ridacchiano. Non succede niente. Soltanto uomini che guardano dei bambini. E che ridono, che male c'è. E i bambini si tengono alla larga. La scena ha qualcosa di detestabilmente naturale. Già vista nei documentari in cui i giaguari guardano le gazzelle e le gazzelle tengono d'occhio i giaguari e seguitano a vivere, ma attente a non andare sottovento. Torno per la via Colombo e passo sotto al lunapark dell'Eur. Oggi è in letargo bagnato, ma ieri era affollato. Qui i giostrai non sono nomadi, ma gente di qui, che lavora da anni. Eppure le mamme cercano di trattenere i figli con un senso di allarmo, di inquietudine mspiegabile e antica quanto sono antichi il gioco e il sacrificio degli innocenti. Paolo Guzzanti
Persone citate: Proust
Luoghi citati: Cassino, Emilia, Frosinone, Nord Africa, Roma, Spagna, Suzzara
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