Mauro, identificato il sesto uomo

Mauro, identificato il sesto uomo Si aggrava la posizione del superteste minorenne. «Massacrato perché difendeva la sorellina» Mauro, identificato il sesto uomo «E' lui che ha deciso di eliminare il ragazzino» PROSINONE DAL NOSTRO INVIATO C'è un sesto uomo che guidava la baby-gang di Piedimonte. La Procura di Cassino l'ha identificato e i carabinieri lo cercano. Non ha partecipato al summit, né all'esecuzione di Mauro, secondo il racconto del supertestimone Erik. «Ma stava dietro le quinte - dice il procuratore capo, Gianfranco Izzo - e tirava le fila». E' un nuovo colpo di scena. Ci sarebbe un regista dietro l'omicidio del bambino. Un piccolo boss di provincia che utilizzava una banda di balordi paesani. A tavolino avrebbe deciso l'eliminazione di Mauro, quello che «parlava troppo». Pare incredibile. Ma tant'è. Gli investigatori, comunque, non l'hanno scovato. Così come non si trova il giostralo ricercato da diversi giorni. Sarebbe lui, sospettano gli investigatori, l'uomo alla guida della station-wagon scura che portò Mauro alla morte. E' sparito assieme al figlio di 13 anni. Ieri i magistrati hanno ascoltato di nuovo Erik, il superpentito. «La sua posizione è su un crinale. E' indagato per l'omicidio. E ci deve dare ancora delle risposte. Dobbiamo capire se cerca di alleggerire la sua posizione oppure se nasconde altre persone. Comunque qualche passo in avanti l'abbiamo fatto». Il racconto del supertestimo- ne Erik, insomma, comincia a farsi più preciso. Il movente di questa assurda storia, però, resta nel vago. «Anch'io - dice Izzo - capisco bene che se il bambino viene ucciso perché si "impiccia", ci dev'essere sotto qualcosa di serio. Un'idea comincia a delinearsi. Ma è troppo presto per parlarne». E i cosiddetti «futili» motivi? «L'aggravante che abbiamo ipotizzato - dice ancora Izzo - è la crudeltà. Non c'entra con il movente. Sul quale abbiamo alcuni elementi concreti e anche i primi accenni da parte del testimone Erik. Ma preferisco procedere con i piedi di piombo». Non si esprime nemmeno sulle «avances» verso la sorellina di Mauro, Teresa? «Non lo escludo». La Procura di Cassino ostenta dunque la massima tranquillità. Anche ieri ha organizzato una lunga serie di interrogatori. Ma non c'è stata alcuna svolta clamorosa. Il quattordicenne Claudio nega tutto. L'hanno ascoltato i giudici minorili di Roma, alla presenza di psicologi e di un sacerdote salesiano, don Primo, che l'ha avuto in collegio negli ultimi tre anni. «Mi hanno messo in mezzo e mi fanno stare qua. Ma quanto ci devo stare?», ha esordito il ragazzo con i suoi avvocati, Renato Ciamarra e Sandro Salerà. Fuori della porta c'era la madre, Anna Maria. Tra i due un breve incontro: il tempo di un abbraccio. Poi il lungo interrogatorio. All'uscita, don Primo è incredulo: «Non ci posso credere. Mi sembra tutto così strano». E i legali: «Claudio nega tutto con convinzione. O è un mostro ca¬ pace di uccidere e poi mentire-, o è un bambino con le sue insicurezze e le sue ingenuità». Gli avvocati chiederanno che il ragazzo si? affidato al centro salesiano Don Orione. Domani il tribunale dei minori deciderà. La Procura di Cassino, però, a giudicare dagli elementi inviati a Roma, lo ritiene l'elemento più pericoloso della banda. Anche Denis lo zingaro ieri è tornato a negare. I suoi avvocati sono andati in carcere per incontrarlo. Erano rimasti turbati dallo scoppio d'ira al termine dell'interrogatorio dell'altro giorno. Dopo un contegno gelido (cinque o sei parole al massimo), Denis era esploso contro il giudice che confermava il suo arresto: «Lei me lo deve mettere per iscritto, che poi la denuncio e gliela faccio pagare!». Ieri invece era tranquillissimo. Con gli avvocati ha parlato dei suoi spostamenti. «Ora vedremo di trovare i riscontri», dice l'avvocato Ciamarra. E' partita, insomma, una specie di controinchiesta da parte dei legali e del padre, Bruno Bogdan. Cercano i testimoni che possano scagionare Denis. Sperano di individuare prima dei carabinieri, ad esempio, il terzo ragazzino che secondo Eric era presente in macchina all'esecuzione. A questo proposito c'è una pista. Il figlio tredicenne di un giostralo che si trovava a Piedimonte a fine settembre ha frequentato per quindici giorni la scuola media del paese. Per l'esattezza era compagno di classe di Mauro, il bambino ucciso. Raccontano i professori che, do¬ po pochi giorni di timidezza, il tredicenne aveva rivelato un bel caratterino. «Con Mauro, in quelle due settimane, ha litigato e fatto pace come accade sempre con i bambini». Ma anche la procura di Cassino cerca i giostrai, padre e figlio. L'uomo perché ha avuto uno scontro con Mauro - raccontava nei giorni scorsi suo cugino, Pino - in quanto faceva «avances» alla sorellina. Il figlio del giostraio perché era compagno di classe dell'ucciso. Per di più i giostrai, originari della provincia di Latina, sono imparentati alla lontana con la famiglia Bogdan. E ieri pomeriggio Bruno Bogdan ha stretto la mano, in piazza, a Franco Iavarone, il padre di Mauro. Francesco Grignetti Hanno cambiato faccia perché è mutata l'etnia umana che ruota attorno a questo mondo A Frosinone è tutto chiuso complici pioggia e carabinieri Nella foto grande un'immagine di Denis, lo zingaro accusato del delitto. A sinistra Mauro Iavarone, sotto la madre

Luoghi citati: Cassino, Frosinone, Latina, Roma