Tom Hankst Clinton addio di Andrea Di Robilant

Tom Hankst Clinton addio Deluso dal Sexgate, l'attore si dice pentito di aver finanziato il Presidente Tom Hankst Clinton addio L'attore si pente di averlo aiutato WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Oggi Tom Hanks si riprenderebbe volentieri i soldi. Qualche anno fa, quando Bill Clinton fu preso d'assedio «da una destra religiosa che mi mette paura», il divo più amato d'America tirò fuori il libretto degli assegni e versò diecimila dollari - il massimo consentito - ad un fondo speciale per il finanziamento dei costi legali del Presidente. Non fu il solo. Altri pezzi grossi di Hollywood - da Steven Spielberg a Barbra Streisand diedero generosamente per tirare Clinton d'impiccio. Ma Hanks è il primo a dire che si «pente» di quell'assegno. «In tutta onestà», ha confessato al settimanale The New Yorker, «alla luce di tutto quello che è venuto fuori, oggi sarebbe francamente difficile dire "Oh, ecco qua, lascia che ti aiuti a risolvere il tuo problemino"». La breve confessione di Hanks, contenuta nelle pieghe di una lunga intervista sulla sua carriera cinematografica, ha fatto gran scalpore. E si capisce perché: molti lo consideravano un amico intimo del Presidente. Assieme a Spielberg e la Streisand costituiva la troika hollywoodiana che sembrava dover portare Clinton dalla Casa Bianca dritto alla West Coast dopo il Duemila, in una polvere di stelle. E invece il protagonista di «Salvate il soldato Ryan» ha voluto mettere un po' di puntini sulle i. Sì, certo, ha dormito tre notti alla Casa Bianca negli ultimi cinque anni ed ha un rapporto amichevole con il Presidente. «Ma non credo di aver mai stabilito un vero contatto con lui durante le nostre conversazio¬ ni. Non ce la faccio. E del resto come potrei? Sono ancora alla fase "Cribbio, il Presidente mi sta parlando"». Il mito dell'amicizia tra i due si era talmente gonfiato che quando Hanks si comprò una splendida villa a Los Angeles qualche mese fa, subito si diffuse la voce che la casa non era affatto per l'attore. Hanks - questa era la leggenda - era solo un prestanome per il Presidente. Doveva tenergli la villa fino a dopo le prossime elezioni. Ma nella sua intervista al settimanale, Hanks insiste che la casa è per sé. «Lui non se la cucca di certo. E nemmeno verrà a lavorare per la Playtone Company» (la sua società, ndr). Insomma, una presa di distanza molto netta e molto pubblica, proprio mentre il Presidente cerca di radunare le truppe contro l'ultimo assalto della destra repubblicana - un voto alla comissione Giustizia della Camera dei rappresentanti sull'impeachment di Clinton è atteso per la fine della settimana prossima. Ma l'intervista di Hanks è altrettanto interessante per ciò che rivela a proposito delle sue ambizioni politiche. «Una corsa per un seggio al Senato?», chiede il giornalista quasi en passant. E lui, invece di schermirsi con un «ma no, macché, ma siamo pazzi», risponde con tono riflessivo che «dovrei saperne di più di economia e diritto». D'altra parte Hanks sarebbe un candidato ideale per questo fine millennio: è un uomo di enorme successo e popolarità che crede in un'America di eroi e di valori tradizionali, è un democratico talmente moderato da essere quasi conservatore. E' decisamente a favore della pena capitale - un sine qua non per chi vuole fare politica sul serio in America. Come Clinton, si lamenta della povertà culturale di Hollywood e accusa l'industria cinematografica di diffondere «pornografia» nelle case degli americani. E poi è già pratico di discorsi presidenziali: ne ha fatti diversi sullo schermo. Per cui a Hollywood c'è già chi si chiede: «Che Forrest Gump punti davvero alla Casa Bianca?». Andrea di Robilant L'attore Tom Hanks protagonista di «Forrest Gump» e del «Soldato Ryan» dopo aver impresso l'impronta della sua mano nel cemento a Hollywood

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