« Ford e General Motors al servizio di Hitler » di Franco Pantarelli
« Ford e General Motors al servizio di Hitler » Solo la tecnologia delle filiali tedesche delle Case Usa avrebbe consentito l'invasione della Polonia « Ford e General Motors al servizio di Hitler » Le accuse mentre si apre a Washington la Conferenza sui beni degli ebrei NEW YORK. E' cominciata ieri a Washington la Conferenza chiamata a decidere su come procedere nella disputa che oppone alcune fra le principali compagnie di assicurazione europee ai discendenti dei loro clienti che finirono nei campi di sterminio nazisti. Le discussioni dureranno tre giorni e il punto principale è come comportarsi con le compagnie che non «collaborano». C'è chi vuole «punirle» richiamandosi all'iniziativa dello Stato di New York, che ha minacciato di ritirare loro la licenza, e chi (compreso il presidente della Conferenza, l'ex segretario di Stato Lawrence Eagleburger) ritiene più opportuno negoziare ancora. All'ordine del giorno anche le opere d'arte e i beni trafugati dai nazisti: la richiesta è che le opere finite a musei e fondazioni vengano restituite ai proprietari o ai loro eredi. Ieri però a «distrarre» i delegati provementi da 44-Paesi è arrivato il «Washington Post», che all'apertura dei lavori tutti avevano in tasca, con un reportage in cui si racconta che proprio mentre in Germania accadevano le cose spaventose sui cui strascichi erano venuti a discutere dopo 50 anni, c'era chi, nei suoi lussuosi uffici americani, riteneva che collaborare con i nazisti fosse un affare da non perdere. La Ford e la General Motors, che negli anni della guerra fecero molta resistenza alle richieste del Presidente Roosevelt di aiutare la macchina da guerra americana, non esitarono un minuto, dicono i documenti presentati dal giornale, nel mettersi al servi¬ zio della Wehnnacht, sfruttando oltretutto la «manodopera a basso costo», cioè la gente ridotta in schiavitù, che il regime nazista forniva. Anzi, dicono sempre quei documenti, a rendere «fattibile» l'invasione della Polonia fu proprio la tecnologia fornita dalla General Motors. Senza di essa Hitler «non avrebbe mai considerato possibile quell'invasione», ha detto nel 1977 Albert Speer, che allora era il responsabile del regime per gli armamenti, allo storico Bradford Snell che sta preparando un libro in cui si racconta tutta la vicenda. Secondo lui, «per la macchina da guerra nazista la General Motors fu perfino più importante della Svizzera», cioè del Paese che come si sa fornì fino all'ultimo i finanziamenti di cui Hitler aveva bisogno. I dirigenti della Ford e della G. M. si sono rifiutati di parlare con i giornalisti del «Post», preferendo affidare ai portavoce le loro «vigorose smentite». E' vero, hanno detto in sostanza costoro, che le loro filiali tedesche nel 1939 coprivano il 70% del mercato tedesco e che allo scoppio della guerra fecero una rapida riconversione produttiva per fornire materiale all'esercito tedesco. Ma loro di quelle filiali avevano perso il controllo ed erano all'oscuro delle decisioni che prendevano. Falso, ribattono i documenti, dai quali risulta che fu messo in piedi un «complicato sistema di scambi» (lo dice un investigatore delle forze armate americane in un rapporto del 1945) e che subito dopo la guerra furono incassati 60.000 dollari (di allora) come «dividendo» delle attività delle loro filiali tedesche negli anni 1940-43. Questa storia non è «materia» della Conferenza di Washington, ma è difficile per i suoi partecipanti ignorarla. Franco Pantarelli ' Il presidente della Conferenza l'ex Segretario di Stato Usa Lawrence Eagleburger
Persone citate: Albert Speer, Bradford Snell, Hitler, Lawrence Eagleburger, Roosevelt
Luoghi citati: Germania, New York, Polonia, Svizzera, Washington
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