Morto Nicolosi, presidente dei record di Fabio Albanese
Morto Nicolosi, presidente dei record Sicilia, guidò la Regione per 7 anni. Ora aveva promesso ai giudici un nuovo memoriale Morto Nicolosi, presidente dei record Ammise le tangenti, «ma solo per il partito» CATANIA Fino all'ultimo hanno cercato di fargli dire i nomi che lui non voleva o non poteva dire. Quando.due settimane fa, i commissari dell'Antimafia, tra polemiche, lo interrogarono a casa, nonostante fosse ormai gravemente malato, promise che avrebbe fatto avere loro un memoriale con la sua chiave di lettura dell'intreccio mafia-politica-affari in Sicilia. Non ha fatto in tempo a completarlo. Rino Nicolosi, 54 anni, democristiano della sinistra demitiana, il più «longevo» presidente della Regione siciliana, carica che ricoprì per quasi sette anni, è morto ieri mattina nella sua abitazione di Acireale. Lo ha stroncato un tumore che lo aveva progressivamente indebolito. Lascia la moglie, Maddalena, tre figli e una eredità politica fatta di quella determinazione e spregiudicatezza che lo portò perfino a trattare personalmente con Gheddafi il rilascio di alcuni pescatori sequestrati, e che adesso in molti cercano di raccogliere. Forse ora qualcuno avrà anche tirato mi sospiro di sollievo visto che, a un certo punto della sua vita, finita l'attività politica e cominciata la stagione dei processi, aveva deciso di collaborare con i giudici, riconoscendo ed ammettendo i propri errori e addossandosi le responsabilità di un'intera stagione politica; «comprese quelle non proprie», dice adesso un suo avversario, il presidente della Provincia Nello Musumeci, eurodeputato di An. Arrestato e poi condannato per lo scandalo del centro fieristico di viale Africa, la «madre di tutte le tangenti catanesi», che travolse il Gotha della politica locale, processato per tangenti incassate nell'acquisto della sede romana della Regione siciliana; protagonista di quella «Tangentopoli siciliana» che ruota attorno all'imprenditore agrigentino Filippo Salamone e alle dichiarazioni del mafioso pentito Angelo Siino, Nicolosi ha più volte ammesso di avere preso tangenti miliardarie ma ha sempre respinto ogni accusa di anicchimento personale: «Era denaro che serviva a finanziare la politica che ha costi enormi», diceva. Quell'inchiesta, ancora aperta, ha messo in luce il sistema del cosiddetto «tavolino»: le imprese decidevano autonomamente gli appalti e versavano le tangenti ai politici, evitando così i veti incrociati. Nicolosi spiegò che il sistema coinvolgeva tutti i partiti e negò sempre di avere avuto rapporti con la mafia, anche se ammise che «quando vi è una torta, le mosche cominciano a ronzarci attorno». Una torta ricca che, negli anni della sua presidenza, ammontò a circa 30.000 miliardi gestiti da quelli che i suoi avversari politici chiamarono il «governo parallelo», i consulenti e gli esperti che Nicolosi chiamò per i suoi cinque governi regionali. L'attuale presidente della Regione, il Ds Angelo Capodicasa, si spinge a riconoscere che «Nicolosi è stato una figura autorevole che ha interpretato con consapevolezza una fase della poli- tica siciliana». E il sindaco di Catania, Enzo Bianco, aggiunge: «Ha avuto l'indubbio merito di anticipare alcuni processi di modernizzazione della vita pohtica del Paese». Per questo un altro personaggio politico travolto da Tangentopoli, l'ex ministro socialista Aldo Andò, amico e avversario, commosso, ha detto: «Per la gente resterà sempre "II" presidente della Regione siciliana». Fabio Albanese Rino Nicolosi
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