La Russia non vuole riprendersi Ocalan
La Russia non vuole riprendersi Ocalan Offensiva diplomatica italo-tedesca per convincere i partner europei a costituire un Gran Giurì La Russia non vuole riprendersi Ocalan Ankara: siete seduti su una bomba a orologeria ROMA. L'espulsione di Abdullah Ocalan verso la Russia non assomiglia neanche ad un'ipotesi e dunque l'Italia concentra ogni sforzo sulla via d'uscita del processo europeo, ultima possibilità per evitare l'indesiderato giudizio in casa nostra. Un po' di ossigeno arriva da Strasburgo con la mano tesa del segretario generale del Consiglio d'Europa, Danier Tarschys: «Faciliteremo le discussioni nel tentativo di trovare una soluzione - ha detto - sem: pre ammesso che tutti gli Stati membri siano favorevoli». Ma poi il responsabile giuridico, Candino Cunha, ha aggiunto: «Il processo in Italia sarebbe regolare». Le due ipotesi restano sul tappeto: o è l'una o sarà l'altra. Ma sempre di processo si tratterà, come sin dall'inizio pretende Washington «per un terrorista». Roma e Bonn lavorano in queste ore gomito a gomito per raggiungere un'intesa europea. Il segretario generale della Farnesina, Umberto Vattani, è impegnato in un tour de force in piena regola. Bonn ha chiesto il sostegno di Parigi. Il capo del servizio giuridico, Umberto Leanza, sta facendo la spola fra le principali capitali europee forte del sostegno tedesco (e di alcuni consigli dell'ex Guardasigilli Giovanni Conso). L'obiettivo è far uscire dalla prossima riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue, a Bruxelles il 7 dicembre, una proposta per il Gran Giurì su Ocalan, che sarà affiancata ad una offerta di avvicinamento della Turchia a Bruxelles, per convincere Ankara ad accettare il processo europeo a cui per ora si oppone con tutte le forze. Gerhard Schroeder e Tony Blair hanno già dato l'assenso a Massimo D'Alema ma non basta, serve quello di tutti i Quindici partner. «Questi giorni sono decisivi» riconosce il sottosegretario agli Esteri per l'Europa, Umberto Ranieri, pur ammettendo che il team di penalisti italiani e tedeschi deve riuscire a sciogliere un vero e proprio «groviglio giuridico». I tempi potrebbero non essere così brevi, come dice Tony Blair, ma anche Botteghe Oscure sembra convinta che - espulsione esclusa - al momento non c'è altra strada. Pietro Folena, responsabile Giustizia dei Ds, l'ha scritto ieri sull'Unità e Luigi Colajanni, responsabile Esteri, conferma: «Bisogna cogliere la possibilità di far fare all'Europa un passo importante che anticipa la prossima creazione del Tribunale Penale Internazionale». Ankara da parte sua rilancia la formula «o ce lo date o lo processate» e la sostiene con pressioni infuocate: il presidente Suleyman Demirel definisce «offensivo» il comportamento del governo; il premier Mesut Yilmaz ci avverte che trasformerà in «un inferno la vita di Ocalan e della sua gang» in qualsiasi luogo del pianeta; il ministro degli Esteri, Ismail Cem, dice che siamo seduti sopra «una bomba ad orologeria»; i generali riuniti nell'influente Consiglio di sicurezza nazionale rullano i tamburi della guerra al Pkk e varano «importanti sviluppi in politica estera». Ma a pesare di più sul nostro ambasciatore Massimiliano Bandini è la «forte protesta» turca per il comizio sulla Med-Tv di Abdullah Ocalan che, dalla residenza all'Infernetto, ha lanciato mdiscutibili minacce verso Ankara. Nel rush finale verso il bivio fra processo europeo ed italiano il governo sfiduciato di Yilmaz sembra capace di tutto. «Rischiamo fra i 4000 e 4500 miliardi di ordini» ricorda il presidente di Confindustria, Giorgio Fossa. Altri imprenditori erano stati ancora più espliciti con il ministro del Commercio Estero, Piero Fassino: «Se gli darete l'asilo scordiamoci per almeno dieci anni qualsiasi affare in Turchia». [m. mo.I Demirel definisce «offensivo» il comportamento di Roma e preannuncia «un inferno» per il Pkk
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