FRATELLASTRI D'ITALIA ZOMBI DA ROTTAMARE di Lorenzo Mondo

FRATELLASTRI D'ITALIA ZOMBI DA ROTTAMARE FRATELLASTRI D'ITALIA ZOMBI DA ROTTAMARE Alberto Arbasino: paesaggi di fine millennio OTETE aprirlo a caso, questo «Paesaggi italiani con zombi», entrarci dove capita, per sentirvi comunque in medias res: come in un punto qualunque del fiume o, per usare la metafora dello stesso Arbasino, «in quei vasti quadri affollati e gremiti di Pieter Bruegel dove casca Icaro, casca San Paolo, s'ammazzano Saul e altri, si porta su al Calvario addirittura Gesù Cristo, ma rimangono episodi isolati o ignorati nella calca polifonica e scoreggiona della folla indaffarata e indifferente». Un riferimento nobilitante per quella che viene definita più avanti la discarica di fine millennio dove confluiscono un secolare conformismo e trasformismo, così iperbolizzati da perdere ogni contatto con il punto di partenza. Una gran rottamazione in cui è difficile distinguere destra e sinistra, trasgressione e quiescenza, valori e disvalori, sulla quale danza - sintomo di una infausta mutazione genetica una ,,qsta mutazione genetica - una folla di «zombi rock omogeneizzati e cloni osservanti la tv». Sarebbe inutile e improduttivo cercare un filo conduttore nel flusso di un discorso che gira su se stesso, affascinato revulsivamente dagli stessi temi. La disoccupazione giovanile? Politici insonni pensano di risolverla esortando le industrie a stabilirsi nelle terre del pizzo e del sequestro, persuadendo i disoccupati cronici ad accogliere benevolmente nuovi disoccupati da tutto il mondo: al resto provvederanno, anziché l'Altissimo, le amministrazioni comunali «incapaci e ladre». Sembrano, nel taglio spiazzante di Arbasino, ricette perverse alla Swift. E perché non abolire con referendum le vecchie e moleste leggi economiche, secondo cui l'occupazione dipende dalla crescita e questa dalla diffusione dei consumi? Senza indulgenze, perfino maramaldesca, l'analisi del politicamente corretto. Come ogni censura che si rispetti, comincia dai vocabolari. Si esibisce nell'intolleranza e nell'incompatibilità etnica dei campus e delle cattedre americane che ci vengono proposte a modello di «melting-pot» (un orizzonte idilliaco smentito dalle carneficine perpetrate nelle grandi città multietniche intorno al Mediterraneo). Il p.c. si risolve nella difesa a oltranza della criminalità e della asocialità a danno dei cittadini che non possono rifugiarsi in villa o svernare a Saint-Moritz: immigrato o detenuto diventano ipso facto termini assolutori. Il p.c. induce al rituale delle scuse per le malefatte del passato, così insistenti che vien voglia di riesumare a dispetto i favori elargiti - attraverso architetture, opere agricole, ordine pubblico - in colonie rivelatesi poi Paesi di tagliagole; di rimpiangere, insieme alle culture oppresse e cancellate, gli dei della classicità «che hanno dato tanta bellezza e tanto buon umore alla triste vita italiana e ai tetri palazzi romani». Nasce di là la famosa memoria selettiva che, a memento delle future generazioni, ritiene indispensabile ricordare l'Olocausto, ininfluente accennare al Gulag. La stessa che intona le celebrazioni ricorrenti del «com'eravamo», di un vissuto di terrorismi e tradimenti in cui devastanti sciagure personali appaiono doppiate da vantaggiose carriere acchiappate per il verso giusto. Non per niente il nostro Paese, così vivace e inventivo, soprattutto nel «monologo esteriore», si dimostra da almeno due secoli incapace di pensiero; e la sua ideologia dominante consiste nel non badare ai fatti che la contraddicono. Nell'acuto del paradosso, Arbasino afferma che da noi «per disporre di ingegno superiore bisogna evidentemente nascere conti o gobbi o tutt'e due, come dimostrano Manzoni, Gramsci e Leopardi». E la povertà intellettuale va di pari passo con la fiacchezza morale. Arbasino torna a più riprese sull'inosservanza del contratto sociale, sull'assenza di un autentico, severo senso civico. Questo pamphlet (che in altre sezioni del libro prende la forma di note diaristiche o di repertorio lessicale) è trascinato dall'onda dell'indignazione e dell'irrisione, e corroborato dalla lezione dei classici prediletti, scrittori, artisti, musicisti. Procede per via di accumulazione (con tic mimetici alti e bassi, arabeschi e viticchi) pausata e rilanciata da perentori punti interrogativi. All'insegna di una dissolutezza che è soltanto stilistica. Perché poi Arbasino continua a presentarsi, in controluce, con la silhouette di un giovin signore che si è ravveduto alla scuola dell'abate Parini, sbrigliata e aggiornata dai viaggi in compagnia dei fratelli Verri. Con intelligenza lombarda e illuministica, coerente nella buona e cattiva ventura. Lorenzo Mondo Ricette perverse alla Swifi, di un 'intelligenza illuministica, per «riscattare» una discarica dove confluiscono un secolare conformismo e trasformismo PAESAGGI ITALIANI CON ZOMBI Alberto Arbasino Ade/Ohi pp. 403. L 25.000

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