Il Pkk: ma Primakov sapeva tutto

Il Pkk: ma Primakov sapeva tutto Il Pkk: ma Primakov sapeva tutto E invece di consegnarlo ad Ankara lo spedì a Roma MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il premier russo Evgenij Primakov e il ministro degli Esteri Ivanov cercheranno stamani di spiegare a Lamberto Dini come hanno palleggiato la patata bollente che porta il nume di Abdullah Ocalan e perché, alla fine, l'hanno scaricata sul governo di Roma. Perché non ci sono più dubbi non solo sul fatto che a Mosca mezzo mondo sapeva della presenza di Ocalan, ma anche che il governo russo era informato. Per giunta da più fonti: dai curdi e dal governo turco. Lo rivela, in modo circostanziato, il settimanale «Novoe Vremia» (Tempi Nuovi), con una intervista postuma a Galina Starovoitova, la deputata recentemente assassinata a San Pietroburgo e con un'altra intervista, densa di fatti, al rappresentante a Mosca del Pkk, Makhir Valat. Dalle quali emerge innanzitutto la data esatta e il percorso di Ocalan per arrivare a Mosca. Avvenne il 9 ottobre, via Grecia e poi, con volo di linea, Atene-Mosca. Particolare sconcertante: il passaporto del leader curdo era sì falso, ma il nome usato era sarcasticamente traducibile. Abdullah Sorokokurd - questo il nome dietro cui si celava Ocalan - vuol dire infatti, inlinguakurda, <<Abdullah<)condottiero dei kurdi». Più chiaro di còsi! Valat conferma quanto anche Galina Starovoitova rivela, e cioè clie furono diversi i gruppi parlamentari della Duma che «invitarono» Ocalan. Non solo il partito di Zhirinovskij, ma anche i comunisti e perfino i democratici radicali. Tutti, seppure con diverse motivazioni, convinti che la Russia avrebbe dovuto concedere asilo politico a Ocalan. E il governo russo? Sapeva. In primo luogo perché - a credere a Makhir Valat - egli stesso ebbe incontri informativi con «rappresentanti del governo, ministeri e amministrazione presidenziale». Ocalan invece personalmente non vide nessuno a Mosca, nemmeno parlamentari della Duma, per ragioni di sicurezza. Ma che egli fosse nei dintorni di Mosca (pare in una dacia nei pressi di Odinzovo) lo sapevano anche i servizi segreti turchi e israeliani, che intercettavano le sue comunicazioni radio e che, fosse passato altro tempo, avrebbero finito per individuale esattamente anche il luogo. Del resto Primakov fu informato direttamente dall'allora premier turco Yilmaz con una lettera ricevuta il 21 ottobre, dodici giorni do¬ po l'arrivo di Ocalan. Tanto avevano impiegato gli 007 turchi a ricostruire i suoi movimenti. Ovviamente la richiesta, perentoria, di Yilmaz fu: «Consegnatecelo!». Prima del 25 ottobre, il premier russo ricevette anche la lettera di Ocalan che chiedeva non solo asilo politico, ma anche l'autorizzazione a insediare a Mosca una rappresentanza ufficiale del Pkk. Lo stesso 25 ottobre anche l'amministrazione pre¬ sidenziale russa riceve l'appello di Ocalan. Primakov - sempre secondo «Novoe Vremia» - ci pensa su qualche giorno e poi risponde a Yilmaz impegnandosi a espellere (non a consegnargli) Ocalan, «prima del 2 novembre». Sappiamo adesso che Ocalan è rimasto altri dieci giorni nei pressi di Mosca. Sappiamo anzi che, nel corso del suo soggiorno russo, ha fatto almeno due «usci¬ te», una in Armenia e una in Ucraina. Perché ha scelto l'Italia come via di fuga? Makhir Valat non lo spiega ma lo fa capire. Forzare i Paesi dell'Unione Europea, già «chiaramente insoddisfatti per le violazioni dei diritti umani in Turchia», a compromettersi con il problema curdo. E ci voleva non un Paese europeo qualsiasi, ma uno «influente». Il ragionamento non manca di logica. Cosa potrà rispondere Primakov a Dini, arrivato ieri sera per chiedergli conto e per proporgli di riprendersi il «regalo»? Dipende, con tutta probabilità, da quale do ut des si stabilirà tra Europa (e Italia) e Russia. Essendo evidente che, se Primakov ha deciso di disfarei di Ocalan, non è stato perché la Russia è ostile ai ciudi, al contrario, ma perché altre e possenti pressioni sono venute da Ankara e da Washington. In altri termini, se l'Italia non avesse niente da offrire, sarebbe logico attenderei da Mosca im fin de non récevoìr. La patata brucia troppo. La vecchia volpe medioorientale che guida la Russia potrà invece sostenere con entusiasmo l'idea di un tribunale internazionale. Giuliette Chiesa li ministro degli Esteri Lamberto Dini da ieri a Mosca