Ocalan, Dini prova a «trattare» con Mosca

Ocalan, Dini prova a «trattare» con Mosca Il ministro chiederà ai russi di riprendere il leader curdo o di appoggiare il «processo europeo» Ocalan, Dini prova a «trattare» con Mosca Oggi Blair incontra D'Alema: «Vogliamo aiutarvi» ROMA. Il ministro degli Esteri, Lamberto Dini, è arrivato a Mosca per tentare di fare un passo avanti verso la soluzione del caso di Abdullah Ocalan, il leader del Pkk sbarcato in Italia con un volo dell' Aeroflot la sera del 12 novembre. Questa mattina Dini - protetto da un'agenda bilaterale che spazia dagli accordi fiscali all'Iraq - chiederà al premier Evgheny Primakov ed al collega Igor Ivanon delucidazioni sull'atteggiamento e sulle scelte fat e dalla Russia su Ocalan sin da quando giunse a Mosca, dopo essere stato espulso dalla Siria. L'Italia cerca risposte e molti interrogativi: perché fu fatto partire? Mosca era al corrente o meno della sua intenzione di venire in Italia? Con chi entrò in contatto Ramon Mantovani, il deputato di Rifondazione che accompagnò Abdullah Ocalan sull'aereo? La Farnesina vuole esplorare «ogni ipotesi diplomatica» e punta a coinvolgere la Russia nella ricerca di una «soluzione europea» del caso così come è già riuscita a fare con la Germania. Dini sottoporrà a Primakov e Ivanov l'ipotesi di un'espulsione all'indietro del leader del Pkk perché - si fa notare alla Farnesina - il «respingimento sarebbe la soluzione più naturale visto che Ocalan è giunto all'aeroporto di Fiumicino con documenti falsi». Di diverso avviso Rifondazione che, proprio con Mantovani, equipara «l'espulsione dì Ocalan dall'Italia» a «dire che non vogliamo contribuire alla soluzione del problema curdo e preferiamo che continuino le stragi e la guerra in Kurdistan». Sulla partenza di Ocalan dal residence di Odinzovo pesa l'ombra di una mossa dell'ex-Kgb. «E' credibile che sia tutto frutto di una loro macchinazione» ammette Franco Frattini, presidente del Comitato di controllo sui servizi. Al Cremlino l'idea di riprendersi il leader del Pkk inseguito dai mandati di cattura internazionali solleva molti dubbi. Primakov accettò Ocalan dalla Siria solo come gesto di solidarietà in extremis per un Paese amico che rischiava in quelle ore di essere letteralmente invaso da diecimila soldati di Ankara. Ma non ammise mai il suo arrivo. Ed ora si rifiuta di ammettere l'esistenza del caso: convincere il Cremlino non sarà facile. Se Mosca dovesse rifiutare di riprendersi Ocalan (o di garantirne il trasferimento in un altro paese dell'Est) l'Italia chiederebbe in cambio - come ha già fatto con Bonn dopo il no all'estradizione - «solidarietà politica» e «contributo attivo» per realizzare il Gran Giurì. Il sottosegretario agli Esteri per l'Europa, Umberto Ranieri, lo dice chiaramente: «E' opportuna un'iniziativa in cui siano coinvolti tutti i Paesi interessati nella vicenda». La Russia fa parte del Consiglio d'Europa ed un suo sostegno alla proposta di processo europeo peserebbe molto. Anche il presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, partecipa a questo sforzo ed oggi sarà a Londra da Tony Blair per incassare il sì britannico. «Noi voghamo essere d'aiuto all'Italia» promette Blair. Con il Gran Giurì europeo ancora a livello di ipotesi e l'espulsione a norma di legge in balìa dell'assenso di Mosca, l'Italia rischia di rimanere con la patata bollente in mano. «Alla fine saremo costretti a processarlo - dice Franco Frattini perché rifiutando l'estradizione verso Ankara a causa della pena di morte, giurisprudenza alla mano, scatterà per noi l'obbligo automatico di mandarlo davanti a un giudice. Il presidente del Consiglio dovrebbe aprire gli occhi su questo rischio: migliaia di simpatizzanti del Pkk in giro per Roma e per l'Italia». L'eurodeputato radicale Gianfranco Dell'Alba è d'accordo: «Il bivio è chiaro, o lo estradiamo in Turchia per reati che non prevedono la pena capitale o lo processiamo noi». Non si tratta di pareri isolati. Il premier turco, Mesut Yilmaz, fa sapere che «dopo il rifiuto tedesco la migliore soluzione è un Erecesso in Italia». Bonn, più amiguamente, ritiene che «non bisogna avere fretta, Ocalan perché può rimanere in custodia in Italia anche dopo il 22 dicembre». Ma per il governo l'idea di processare Ocalan è quasi un incubo: ai rischi di una prolungata permanenza di Ocalan aU'Infernettó bisogna sommare le già manifeste divergenze nella maggioranza fra chi vuole assicurargli l'asilo politico (Verdi, cossuttiani e Udr) e chi no (Dini). Il Guardasigilli Oliviero Diliberto lo sa bene e tenta di prendere tempo assicurando che «sarà solo la commissione a decidere sull'asilo». Ma il violento scontro verbale fra deputati turchi e italiani avvenuto ieri nell'aula dell'Unione Interparlamentare, con reciproche accuse di «terrorismo», conferma che il tempo rischia solo di rendere tutto più difficile, [m. mo.] ★ Il presidente del Consiglio Massimo D'Alema con il premier britannico Tony Blair in un'immagine di repertorio