Di Pietro: «Tutti mi sfottevano quando parlavo di omicidio»

Di Pietro: «Tutti mi sfottevano quando parlavo di omicidio» Di Pietro: «Tutti mi sfottevano quando parlavo di omicidio» L'EXPM CHE INDAGO* I Pietro, che cosa ha pensato dopo l'arresto di Ferdinando Carretta? Lei era il magistrato che istruì l'inchiesta di nove anni fa. «Beh, è un'amara soddisfazione. Sono stato il solo a sostenere l'ipotesi di un delitto e non di una fuga per motivi di denaro. E invece? Tutti a correre appresso ai fantasmi. Nessuno in questi anni ha voluto riprendere in mano in modo serio quella mia indagine». Ma quali sono gli elementi che le avevano fatto pensare ad un delitto? «Una semplice constatazione: questi Carretta non si vedevano più in giro. Per quanto di tanto in tanto ci fosse qualcuno che diceva di averli individuati nei posti più strani, come Aruba oppure le Antille, per dire. Conferme serie di questi ritrovamenti non se ne sono mai trovate». Se è per questo, non si sono trovati neanche i corpi dei famigliari. «E che vuol dire? Allora vincerebbe sempre la mafia, che i corpi li fa sparire oppure li scioglie nell'acido. Naturalmente i corpi bisogna cercarli e trovarli. Per parte mia, io misi sottosopra tre discariche. Ma tutti mi sfottevano». E qual è, secondo lei, il movente? «Un movente può essere criminale o non soltanto criminale. E poi non è detto che il movente sia la prima cosa da cercare. Alle volte, prima trovi chi ha commesso un certo reato e poi cerchi di capire il perché. Quando hai a che fare con moventi psichiatrici, il magistrato nell'inchiesta deve essere coadiuvato da un consulente psichiatrico». Lei, quindi, è proprio sicuro che Ferdinando Carretta sia il killer dei suoi famigliari? «Io dico che lui non può non sapere. E che ha posto in essere alcune attività che deve assolutamente spiegare. Poi, può anche non essere stato solo lui». Attività sospette: ma quali? «Aspetti: cominciamo con il dire che il movente dei soldi da solo non basta. Se genitori e figli erano d'accordo di sparire per i soldi, perché non si sono portati dietro i duecento milioni di Bot? Tutto è abbastanza chiaro fino al giorno prima della scomparsa. I Carretta fanno la spesa e caricano il camper. Abbiamo trovato anche lo scontrino del supermercato. Tutto sembra fatto per dimostrare che si sono allontanati volontariamente, senza costrizioni. Ma allora, perché Ferdinando Carretta due giorni dopo avrebbe falsificato gli «Mi piaal suo iPotrei fmi nom assegni dei genitori?». Verrebbe da dire: per dimostrare che i suoi genitori erano ancora vivi. «Ma se erano vivi, e in famiglia regnava l'accordo, che ragione aveva di falsificare gli assegni?». Già, che ragione aveva? «Se li ha falsificati, vuol dire che non poteva farli firmare ai suoi genitori, e quindi che loro potevano già essere morti. Di qui, nella mia inchiesta, l'ipotesi che fosse accaduto qualcosa di violento». Dottor Di Pietro, ma qui c'è un salto logico. Uno falsifica due assegni e lei lo accusa, di aver ammazzato i genitori. «No, non è solo la falsificazione dei due assegni. Ci sono altre attività poste in essere dal giovane Carretta, altri indizi. Ferdinando aveva comperato una pistola. E poi quel camper trovato a Milano. Non aveva fatto più di 250 chilometri». Sta dicendo che lo hanno portato a Milano per sviare le indagini? «Questo bisognerà chiederlo a Ferdinando Carretta» Ma finora qual è il movente che porta all'ipotesi del delitto? «Gliel'h'o detto. Secondo me siamo di fronte ad un caso psichiatrico. In ogni caso, io ho perquisito la casa dei Carretta. Era straordinariamente, perfettamente pulita. Riordinata con grande attenzione. Però, però... guardando bene, c'era un mobile con un piede rotto. E secondo me quello era un segno di colluttazione. Le pare che la signora Carretta, nel rimettere a posto la casa con tanta attenzione, avrebbe lasciato un mobile con un piede rotto? E comunque l'unico che può dire qualcosa è il figlio». Dottor Di Pietro, lei pensa che Ferdinando Carretta si deiederà a parlare? «Non lo so. So solo che da qualche giorno avevo capito che la procura di Parma si muoveva in direzione dell'arresto. A chi me l'ha chiesto, ho detto: la procura la vedo riservata, e dentro di me pensavo "se sono riservati, stanno pensando ad un provvedimento"». Per concludere, dottor di Pietro, dica la verità: se fosse ancora un magistrato, non farobbe di tutto per andare ad interrogare Ferdinando Carretta? «A dire il vero, mi piacerebbe. E in ogni caso Ferdinando Carretta il modo per farmi assistere all'interrogatorio ce l'ha. Da qualche tempo io faccio l'avvocato. Può sempre nominarmi suo difensore», [v. sab.] «Mi piacerebbe assistere al suo interrogatorio Potrei farlo se lui mi nominasse difensore» «Ricordo che a casa loro notai la traccia di una possibile colluttazione E pensai al delitto» A sinistra, l'allora pm Di Pietro accanto al camper dei Carretta, sopra Ferdinando Carretta

Luoghi citati: Milano, Parma