Il mare non ferma i disperati

Il mare non ferma i disperati Ma la Jervolino promuove l'accordo con Tirana per frenare l'invasione Il mare non ferma i disperati In Puglia altri 150 arrivi BRINDISI DAL NOSTRO INVIATO Il mare agitato, il freddo e la pioggia non li fermano. L'onda dei profughi partiti dall'Albania continua ad abbattersi sulle coste brindisine e del Salento anche se il ministro degli Interni Jervolino dice che l'accordo con l'Albania per «frenare i flussi migratori è ottimo». Neanche le notizie tragiche sull'affondamento del boat-people speronato giovedì notte da un grosso motoscafo sono servite a scoraggiare i nuovi arrivi. Nelle ventiquattr'ore successive sono sbarcati nelle province di Brindisi e Lecce 150 fra albanesi, kosovari, curdi e pachistani. Ma gli stessi profughi bloccati da polizia e carabinieri hanno ammesso che almeno cento loro compagni sono riusciti a sfuggire ai controlli. Sbarchi di clandestini sono stati segnalati anche nell'isola di Lampedusa, in Sicilia. Come se non bastasse, venerdì notte è stata sfiorata un'altra tragedia. Tre albanesi trovati dalla polizia a San Cataldo, vicino a Lecce, hanno raccontato che il gommone su cui viaggiavano era stato travolto da un'onda, e che nove persone fra cui alcuni bambini erano finite in mare. Subito si è messa in moto la macchina dei soccorsi. Nella zona dov'è stato segnalato l'incidente sono arrivate le motovedette e gli elicotteri della guardia costiera. L'allarme, però, è rientrato dopo tre ore: l'imbarcazione è stata trovata nei pressi di una spiaggia, i profughi che erano a bordo sono riusciti a raggiungere la riva incolumi. Altri 17 albanesi hanno rischiato di morire nel camion su cui erano nascosti. Il conducente, intercettato da mia pattuglia della questura di Brindisi sulla su- perstrada per Bari, è fuggito saltando dal tir che ha proseguito nella sua corsa verso una scarpata oltre il guard-rail. Un poliziotto è riuscito a salire sull'autocarro e ha fatto in tempo a frenare. Il maltempo non ha impedito alla Capitaneria di porto, alla polizia e ai carabinieri di continuare nella ricerca in mare delle vittime del naufragio di giovedì notte. La magistratura sta anche tentando di rintracciare il motoscafo che, come dicono i superstiti, ha speronato la barca su cui viaggiavano i profughi. La notizia secondo cui la sciagura è stata causata probabilmente da uno scafo carico di sigarette ha mandato su tutte le furie i contrabbandieri di Brindisi: basta entrare nel quartiere Paradiso, la loro roccaforte, per toccare con mano la tensione innescata dai sospetti. Davanti al bar di piazza Poliziano un gruppo di giovani non si sottrae alle domande. Per tutti parla Vito, poco più che un ragazzo infagottato in un giubbotto di pelle nera. Anche lui è uno scafista: trascorre le notti in mare, fra la costa brindisina e il Montenegro dove preleva il suo carico di sigarette, al timone di un bolide lungo sedici metri e capace di raggiungere 45 nodi di velocità. «Come fanno a dire che la colpa è di un motoscafo dei contrabbandieri? Noi non c'entriamo, la nostra rotta è diversa da quella della barca affondata - sbotta -. Mica siamo assassini. In passato abbiamo già dimostrato di essere vera gente di mare: quando abbiamo incrociato profughi in difficoltà li abbiamo aiutati, prendendoli a bordo o telefonando con i cellulari alla guardia costiera». Una conferma delle parole di Vito arriva paradossalmente dalla guardia di finanza: «E' vero, ci è accaduto più d'mia volta di essere avvertiti con telefonate anonime della presenza di imbarcazioni in avaria», dice un ufficiale. Il contrabbandiere, però, ammette che il soccorso non è dettato solo dal senso di solidarietà che lega la gente di mare: «Lo facciamo anche per interesse. Una sciagura come quella di giovedì notte attira una quantità di motovedette ed elicotteri, e per noi il rischio di essere scoperti aumenta notevolmente. Per questo motivo tentiamo in ogni modo di evitare gli incidenti e di dare una mano ai profughi quando ce n'è bisogno». Vito racconta che quella maledetta notte i contrabbandieri hanno intercettato con le loro ricetrasmittenti le comunicazioni della guardia costiera e della finanza. «Appena abbiamo saputo del naufragio, alcuni di noi si sono diretti verso la zona della sciagura. Siamo arrivati prima dei mezzi della Capitaneria, ma purtroppo non abbiamo trovato neanche un corpo, nè i resti della barca speronata». Fulvio Milone I contrabbandieri respingono le accuse: «Non siamo stati noi ad affondare la barca albanese» Soccorsi in moto per falsi allarme Nonostante le pessime condizioni del tempo, continuano i viaggi della speranza tra l'Albania e l'Italia. Anche ieri notte le forze di polizia hanno intercettato alcuni scafisti

Persone citate: Fulvio Milone, Jervolino