Enimont, da rifare il processo a Craxi

Enimont, da rifare il processo a Craxi MILANO. «Macché schiaffo al pool... L'annullamento della sentenza Enimont, è dovuto a un cambiamento legislativo. Aspettiamo di vedere le motivazioni, certo è stata una decisione sofferta», commenta a caldo Gerardo D'Ambrosio, il numero due del pool, quel tratto di penna con cui la cassazione, nella notte, ha detto che è da rifare il processo contro Bettino Craxi e Claudio Martelli, per la vicenda Enimont. All'ex segretario dei socialisti, erano andati dodici mesi di carcere. Da aggiungere ad una serie lunga così di condanne, già passate in giudicato. Al suo delfino dodici mesi, da aggiungere alla condanna per il conto Protezione, otto anni e mezzo in primo grado, condonata in Appello. E adesso su Enimont, tutto da rifare. «Stanno crollando accuse basate su teoremi in crisi, che non stanno in piedi», replica da Hammamet Bettino Craxi. Mentre lascia ai suoi legali, Enzo Lo Giudice e Giannino Guiso, la spiegazione di quello che è successo in Cassazione. «Questa sentenza conferma la sacralità della prova», non nasconde la sua soddisfazione l'avvocato Lo Giudice. «Tocca al Parlamento l'unica via di recupero della frattura politica che c'è nel Paese tra chi è con i giudici e chi è contro. La prova penale è il vero oggetto dello scontro», aggiunge il legale. «La Cassazione ha riportato un po' di La sentenza della Cassazione. L'ex leader psi: «Crollano le accuse basate sui teoremi» Enimont, da rifare il processo a Craxi Visco: «Banda di avvocati» serenità nel diritto», si allinea l'avvocato Guiso. «Per condannare qualcuno, ci vuole il coinvolgimento diretto di una prova che colpisca l'imputato come individuo e non come persona semplicemente al corrente di un fenomeno di corruzione», spiega il difensore. Che, senza tirarlo in ballo apertamente, spara a zero su Antonio Di Pietro. Che al processo Enimont per l'ultima volta indossò la toga. Che di quel non poteva non sapere, ha fatto un suo cavallo di battaglia. Bocciato per la seconda volta dalla Cassazione, dopo che già per la vicenda Metropolitana Milanese era stata annullata una condanna contro Bettino Craxi. Lunga e travagliata, la decisione dell'altra notte della Cassazione. Se è vero che al termine di oltre nove ore di camera di consiglio, uno dei cinque giudici togati ha voluto esprimere il suo dissenso, chiedendo di registrare la sua opinione contraria e di custodire il verbale in cassaforte. A sostegno dei magistrati di Milano, scende però hi campo il mondo politico. Prima con Walter Veltroni, segretario dei Ds. «Bispetto la sentenza, ma la corruzione in Italia non è stata un'invenzione dei giudici», commenta dai microfoni di Italia radio. «I magistrati hanno scoperto moltissime pentole e nella stragrande maggioranza dei casi gli imputati sono stati ritenuti col¬ pevoli», ricorda Veltroni. «Questo sistema processuale è garantista, checché ne dicano Silvio Berlusconi e la sua banda», va all'attacco il ministro delle Finanze Vincenzo Visco. Che prima mette nel mirino gli avvocati penalisti, beccandosi in tempo reale la querela dell'avvocato Guiso: «I processi per corruzione durano decenni. Fino a quando non si è persa memoria del fatto e quindi si può arrivare alla prescrizione o all'assoluzione». Poi se la prende con la legislazione: «C'è una banda di avvocati penaUsti che gestiscono questi processi. Perseguono un'azione di- La «storica» immagine di Antonio Di Pietro che si toglie la toga al termine del processo Enimont latoria, giocando su una follia procedurale che abbiamo messo in piedi». E alla fine, il ministro Visco grida al complotto: «La Corte di Cassazione ha annullato un pezzo di processo Enimont, guarda caso relativo a Craxi e al suo vice. Sarà un caso, ma sicuramente c'è ima mano invisibile che guida queste cose». Pronta la replica del presidente dell' Unione delle camere Penali, Giuseppe Frigo: «Mi auguro che il capo dello Stato, così attento a difendere le istituzioni persino da critiche legittime, si affretti ora a difendere anche la Corte di cas- [r. m.] sazione».

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