Tre soluzioni europee per il rebus Ocalan di Francesco Manacorda

Tre soluzioni europee per il rebus Ocalan Tre soluzioni europee per il rebus Ocalan BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Passano da Strasburgo e Bruxelles le strade europee per la risoluzione dell'affare Ocalan. Nel primo caso attraverso il coinvolgimento del Consiglio d'Europa nella creazione di un tribunale internazionale ad hoc che possa processare il leader del Pkk; nel secondo con l'impegno della Commissione e dell'intera Unione europea a un'«offensiva di pace» con la Turchia, che facendo leva sui rapporti tra Ankara e l'Europa - e specie sull'interesse turco ad entrare nell'Ue - serva a contenere le reazioni nei confronti dell'Italia ed eviti derive anti-occidentali. L'ipotesi di sottoporre il caso a un tribunale intemazionale ò valutata con molta attenzione dall'Italia ed ha accolto anche il consenso della Germania, tanto che lo stesso cancelliere Schroeder dovrebbe parlarne con Jacques Chirac e Lionel Jospin domani a Postdam. Per sottolineare il carattere europeo di questa iniziativa la scelta cadrebbe appunto sulle strutture del Consiglio d'Europa. L'organizzazione inter- nazionale nata nel 1949 per dare voce al blocco politico dell'Europa occidentale, ha da una decina di anni a questa parte allargato molto il novero dei suoi membri, diventando di fatto una sorta di «foro europeo» allargato. Oggi ne fanno parte quaranta Stati, dall'Albania all'Ucraina, passando anche per la Turchia, i cui ministri degli Esteri si riuniscono normalmente due volte l'anno a Strasburgo. Ma certo non potrebbe essere l'unico organo giurisdizionale che oggi fa parte del Consiglio, cioè la Corte europea per i Diritti dell'Uomo, ad essere investita del caso Ocalan. La Corte decide infatti solo sui ricorsi portati da cittadini contro Stati membri del Consiglio. Sarebbe quindi necessa¬ rio creare utilizzando le strutture del Consiglio, e magari trasferendo Ocalan a Strasburgo, un tribunale «ad hoc». La seconda alternativa a cui pensa l'Italia sarebbe legata solo in mo- do indiretto al Consiglio d'Europa. Se infatti la creazione di un tribunale internazionale non dovesse andare in porto, la Farnesina sta studiando l'utilizzo della Convezione di Strasburgo per il trasferimento dei procedimenti penali. Si tratta di un trattato firmato nel 1972, ma che non è stato mai ratificato dall'Italia, che prevede la possibilità per uno Stato di domandare a un altro Stato di esercitare al suo posto l'azione penale in una serie di casi ben determinati. Sondaggi sarebbero stati già fatti verso tre degli undici Paesi firmatari dell'accordo: l'Austria, la Spagna e la Svezia. Unica controindicazione, ma a quanto pare non insuperabile, è il fatto che l'Italia dovrebbe utilizzare un trat¬ tato che non ha mai ratificato. Ma oltre alla strada giudiziaria, è quella politica che potrebbe rivelarsi risolutiva nei difficilissimi rapporti con Ankara. La Turchia è infatti legata ai Quindici dall'Accordo di associazione del '63 e dall'Accordo di unione doganale firmato nel '95, ma la sua ambizione è arrivare nei prossimi anni a un ingresso in piena regola nell'Ue. Un'ambizione bruscamente infranta dal Consiglio europeo di Lussemburgo, nel dicembre del '97, che bocciò di fatto la domanda turca. Ma proprio il 4 novembre scorso la Commissione, presentando i suoi rapporti dedicati ai Paesi candidati all'adesione, ne ha incluso uno anche sulla Turchia, reinserendola così tra i «Paesi applicanti». Ora potrebbe toccare al vertice dei capi di Stato e di governo, che si terrà a Vienna ! 11 e il 12 dicembre, lanciare un segnale di attenzione simile a quello di Bruxelles nei confronti di Ankara, concretizzando così l'iniziativa «per avvicinare la Turchia all'Ue» di cui hanno parlato ieri i ministri degli Esteri di Italia e Germania. Francesco Manacorda Creazione d'una Corte ad hoc a Strasburgo nel quadro del Consiglio d'Europa Oppure trasferimento del processo a un altro Stato. Infine, un segnale del vertice Ue a Ankara

Persone citate: Jacques Chirac, Lionel Jospin, Ocalan, Schroeder