«Scende la sera» al Colle Da oggi il semestre bianco di Renato Rizzo
«Scende la sera» al Colle Da oggi il semestre bianco «Scende la sera» al Colle Da oggi il semestre bianco FRA SEI MESI IL CAMBIO SROMA E Dio vuole che un tale diventi Presidente della Repubblica le cose andranno in modo che ciò avvenga». Era il 1985 quando Oscar Luigi Scalfaro replicò con questo tono da tranquillo profeta a chi gli domandava se, per caso, guardasse con qualche interesse al Quirinale. Chissà se ora, tredici anni e mille problemi dopo, il Capo dello Stato ancora darebbe - o, magari, dà uguale risposta a se stssso. Di certo, un fatto: la sua unica presa di posizione pubblica e diretta davanti all'interrogativo è stata un'altra citazione a sfondo religioso distillata ai giornalisti che lo seguivano in un viaggio in Cina: «Advesperascit», «Scende la sera». Rassegnato? Sollevato? Soltanto scaramantico? Oggi incomincia il semestre bianco: l'ultimo tratto di presidenza che, di fatto, toglie all'inquilino del Quirinale una fetta consistente del suo potere. E non davvero è una «sera» placida e serena quella che ineluttabilmente scivola verso la scadenza di maggio: maggioranza ed opposizione si scontrano su tutto, comprese quelle riforme che secondo molti potrebbero rappresentare una sorta di cavallo di Troia in grado di consentire al Presidente di doppiare la scadenza del proprio mandato con una rielezione. Ma il percorso appare particolarmente accidentato: Amato lancia ultimatum al Polo («Se l'opposizione non ci sta la maggioranza ha il dovere di fare le riforme da sola»); il Polo si ribella a questo progetto che lo spingerebbe in un angolo, grida al «colpo di mano» e rispolvera l'antica strada della Costituente; Ds e Ppi ricordano che la nuova Costituzione va necessariamente scritta assieme alle forze della minoranza. Polvere da campo di battaglia, ancora più densa in questi giorni nei quali ci si sta scontrando in importanti elezioni amministrative. Per vedere scenari più limpidi bisognerà attendere che il pulviscolo si depositi. Anche se altre grandi manovre incombono, spinte dal desiderio d'avvicinarsi alla scadenza del mandato presidenziale con armi più o meno affilate ed alleanze più o meno blindate. Nomi che già s'affacciano e già cadono, candidati che aspettano nell'ombra per non bruciarsi con un'effimera segnalazione o finire strangolati in un abbraccio mortale. H Presidente preferisce non con- fessare apertamente se si lasci indurre in tentazione. Ma è un fatto che una ripresa del dialogo sulle riforme e il ritorno dell'ipotesi dell'elezione diretta del Capo dello Stato renderebbero di nuovo plausibile l'ipotesi d'una prosecuzione dell'attuaste presidenza. E Scalfaro non è indifferente a questa prospettiva come dimostra il suo continuo ed accorato richiamo alla necessità di far ripartire le riforme. Le votazioni per il nuovo Presidente, a line maggio '99, cadrebbero in un momento di disagio politico-istituzionale: come nominare un Capo dello Stato con regole moribonde se il percorso rifomatore sarà ancora aperto? Non sarebbe più utile concedere all'attuale inquilino del Colle una rielezione «a tempo»? I giorni che si consumano in polemiche sulla necessità o meno di aggiornare la Costituzione non lavorano certo per Oscar Luigi Scalfaro. Ma i margini per dare ossigeno al «partito della proroga» esistono. Ed ecco allora Marini proporre a chiare lettere la candidatura dell'antico compagno di partito. Mentre riecheggiano le parole che, fin dallo scorso anno, Francesco Cossiga aveva proncunciato in chiave di sarcastica profezia: «Esistono condizioni istituzionali, internazionali e persino ecclesiali, come il Giubileo, che congiurano verso l'epilogo d'una conferma di Scalfaro al Quirinale». «Quanta strada ha fatto l'Italia dal '92 a oggi» dice il Capo dello Stalo riandando ai momenti difficili, o esaltanti, di questo settennato che sta per concludersi. «Un amarcord da brividi» chiarisce. E cita ad esempio l'autunno del '92 quando la nostra moneta «risentiva d'una sola legge, quella della gravità, in base alla quale la lira tanto più leggera diventa, tanto più precipita vorticosamente». Ricordi in ordine sparso: la solitudine di quando «nel chiuso della mia stanza delti vita al governo Amalo mentre imperversava il terremoto delle tangenti»; le visite settimanali del governatore Ciampi «il quale un giorno mi disse che aveva dovuto chiedere alle banche di comprare i titoli messi in vendita dallo Stato»; le critiche durissime che accompagnarono la scelta di chiamare Dini a Palazzo Chigi. 1 «nemici» hanno memoria d'altri momenti ed altre decisioni: il «ribaltone» del gabinetto Berlusconi, le «scelte partigiane» a favore della magistratura, i «governi del Presidente» a sostegno di quello che Gianni Baget Bozzo ha definito senza mezzi termini «il regime del Presidente». Lui, Oscar Luigi Scalfaro, guarda la «sera» che scende. E intanto - come pura ipolesi di scuola, sia ben chiaro - spiega ai rappresentanti della stampa estera: «Una proroga potrebbe essere solo l'ultimissima soluzione, una soluzione di cemento armato sul piano istituzionale. Altrimenti si potrebbe eleggere un Capo dello Stato col vecchio sistema. Ci starà pochi mesi, però ha una soddisfazione». Renato Rizzo
Persone citate: Berlusconi, Ciampi, Dini, Francesco Cossiga, Gianni Baget Bozzo, Oscar Luigi Scalfaro, Scalfaro
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