« La mia Venezia? Meno italiana » di Stefania Miretti

« La mia Venezia? Meno italiana » « La mia Venezia? Meno italiana » Barbera: «Non sarà più terra d'arrembaggio» TORINO. Martedì mattina alle otto sarà sull'Intercity Torino-Venezia. E' stanco e un po' frastornato Alberto Barbera. Tutto è accaduto in pochi giorni, «i più lunghi e incasinati della mia vita: nasceva mio figlio Luca, stava per iniziare il Film Festival e Paolo Baratta mi offriva la direzione della Mostra del Cinema». Sa di essere al centro di molte aspettative, Alberto Barbera. C'è una generazione che festeggia la sua nomina (ma anche quella di Mario Martone all'ex Opera di Roma) come il simbolo d'un cambiamento fino a ieri insperato e di colpo quasi compiuto: finalmente, ai vertici delle principali istituzioni culturali, arrivano i nostri. Bella responsabilità: ha pau¬ ra? «No, solo un paio di preoccupazioni: spero di non scontrarmi con troppi intoppi burocratici». Lo dovrà fare per forza: qual è il mandato? «Cambiare tutto. Voltare pagina, fare punto e a capo. Quando la Biennale mi ha fatto la proposta, sono sincero, non pensavo d'accettare. E ho cominciato a porre delle condizioni. Ma Baratta, con mio grande stupore, continuava a rispondere: "sì, siamo d'accordo, questo va bene, quell'altro anche"». Lei perciò può già raccontare come sarà la nuova Mostra del Cinema? «Per ora so soprattutto come non sarà. Non sarà più terreno d'arrem¬ baggio per chiunque decida di sbarcare al Lido a farsi pubblicità; non sarà un evento in balìa degli umori e delle pressioni, tutto sbilanciato nei confronti del cinema commerciale o di quello di ricerca, com'è avvenuto in passato, magari ad anni alterni. Penso invece che il grande film americano e la pellicola più sperimentale e di nicchia possano stare in concorso insieme». I rapporti con i produttori italiani non si profilano facili. «A Cannes passano tre titoli francesi, per quale ragione a Venezia si devono programmare sette film italiani? Che senso ha portare a Venezia le Valerie Marmi con Bigas Luna o Alberto Sordi, portare il divo per il divo anche quando non c'è nulla dietro? Sono operazioni inutili per tutti: dannose per la Mostra, ininfluenti per i film che si vorrebbero promuovere. Il passaggio a Venezia non ha portato a Sordi un solo spettatore in più. Dev'essere chiaro: la Mostra non è l'ufficio stampa di nessuno». Lei ha detto di voler creare una struttura permanente, avrà bisogno d'un gruppo: porta qualcuno con sé? «Cinque persone di massima fiducia. E' ovvio che chi lavorerà con me potrà continuare il suo rapporto di collaborazione con il Film Festival. Io stesso spero di poter tenere un ufficio a Torino». La prima cosa di cui si occuperà? «Di far funzionare le cose. Occorre creare a Venezia una struttura organizzativa efficiente e stabile. Mettersi a vedere film, selezionarli, quello è l'ultimo problema». L'anno scorso c'era stato, alla Mostra? «No, ho visto solo la serata d'inaugurazione in diretta televisiva, e m'è bastato. Uno spettacolo agghiacciante». Chi le ha telefonato per congratularsi, e chi no? «Mi hanno chiamato un po' tutti, compreso Laudadio. E mi ha fatto piacere che la notizia della mia nomina sia stata accolta senza la solita coda di malignità». Stefania Miretti

Persone citate: Alberto Barbera, Alberto Sordi, Barbera, Bigas Luna, Laudadio, Mario Martone, Paolo Baratta, Sordi