Tokyo non chiede scusa

Tokyo non chiede scusa Nessun cenno nel comunicato finale alle colpe del passato, ma la vera lite è su Taiwan Tokyo non chiede scusa La difficile visita dijiang Zemin TOKYO. E' cominciata male la prima visita ufficiale in Giappone di un capo di stato, cinese, in corso da ieri con l'arrivo di Jiang Zemin, presidente della Repubblica popolare e del partito comunista. Le due parti non sono riuscite a trovare un'intesa sul maggior documento politico degli incontri, un comunicato congiunto nel quale Tokyo avrebbe dovuto cospargersi il capo di cenere per le aggressioni del passato, e mettere nero su bianco che Taiwan viene abbandonata al suo destino, riconoscendo che si tratta unicamente di una questione interna cinese. Contrariamente alle attese, la dichiarazione non è stata firmata dal leader cinese e dal premier giapponese, pur affermandone l'esistenza: un l'atto politico-diplomatico che definire incidente sarebbe poco. La Cina punta il dito sul passato, ma in realtà la causa del contrasto è Taiwan, con le sue implicazioni per Tokyo nel quadro dei rapporti militari Giappone-Stati Uniti. Solitamente tali documenti sono concordati prima, in modo che la visita si svolga tra sorrisi e fanfare, non tra aspre discussioni. Le due parti hanno negoziato a lungo, e invano il ministro degli Esteri cinese Tang Jiaxuan è giunto a Tokyo due giorni prima del suo presidente per cercare l'intesa liliale. Al termine dei colloqui tra Jiang Zemin e il premier Keizo Obuchi, svoltisi subito dopo la solenne cerimonia di benvenuto alla presenza dell'imperatore Akihito, non si ò avuta l'attesa firma del documento. Emergono cosi tutte le tensioni latenti tra i due Paesi. La visita avrebbe dovuto ridare slancio ai loro rapporti, ma i profondi disaccordi venuti clamorosamente alla luce allungano su di essi un'ombra pesante. Non partnership fra Pechino e Tokyo, come molti si augii- ravano, ma rivalità accentuata dal crescente peso anche economico sulla scena mondiale di una Cina in vigoroso sviluppo, non più solo gigante demografico e geografico. Al centro del contrasto, apparentemente, il passato. Pechino chiede a Tokyo di proclamare in un documento politico i propri torti storici verso la Cina per le aggressioni degli Anni Venti e Trenta. Si riferisce per questo alla recente dichiarazione solenne e scritta del premier Obuchi in occasione della visita a Tokyo del presidente sudcoreano Kim Dae Jung: in essa il Giappone apertamente si duole del dominio coloniale esercitato sulla Corea per 40 anni e delle sofferenze inflitte. Per Tokyo, scuse e rincrescimento verso la Cina sono già stati espressi dall'imperatore nel '92 e dal premier Murayama nel '95. Pur disposta ad accennarne adesso, non ritiene valido il parallelismo con la Corea: questa fu occupata, annessa e ridotta a colonia, mentre in Cina si ebbero l'invasione e le atrocità di un clima di guerra. Sul massacro di Nanchino, in cui secondo la Cina si ebbero in tre settimane nel '38 circa 400 mila morti, Tokyo, riconoscendo l'atrocità, parla di non più di 20 mila morti. La visita si svolge nel ventennale del trattato di amicizia fra i due Paesi concluso da Deng Xiaoping nel '78, in cui dominante era la clausola del comune impegno contro «l'egemonismo», cioè l'Unione Sovietica. Sia nel trattato sia nfei documenti con cui nel '72 furono stabiliti rapporti diplomatici, non si insiste sul passato. Jiang Zemin è arrivato a Pechino da Mosca, a significare la scomparsa del comune nemico. Ma non è questo a far esplodere il passato, bensì il futuro, cioè la sorte di Taiwan e l'atteggiamento del Giappone verso di essa in accordo con gli Stati Uniti. Pechino enfatizza le questioni di ieri per assicurarsi il domani. Essa ha accolto con sospetto e irritazione l'intesa del maggio '97 fra Giappone e Stati Uniti secondo cui Tokyo fornirà ai primi appoggio logistico in caso di operazioni militari «nell'area»: formula volutamente ambigua, ma in cui tutti leggono Taiwan e l'ipotesi di azione militare di Pechino sull'isola. La Città Proibita avrebbe voluto stanare Tokyo, e avere impegno formale che «l'area» non comprende Taiwan. Inoltre, avrebbe voluto da Tokyo l'impegno scritto dei tre «no» su Taiwan proclamati da Clinton in Cina nel giugno scorso: no all'indipendenza, no a due Cine, no alla partecipazione di Taiwan come tale a organizzazioni internazionali. Tokyo rileva che questo impegno di Clinton è stato orale, non in documento diplomatico. Tra fanfare e reciproci inchini, sospetti, rivalità e tensioni si rafforzano tra il gigante non più malato dell'Asia e la superpotenza finanziaria. Fernando Mozzetti Pechino esigeva appoggio alla volontà di ricongiungere l'isola alla madrepatria Ma c'è frizione anche per il crescente peso economico della Cina sui mercati mondiali m^È'' vggMSaftBaRfei^^ 1072 Nello stabilire relazioni diplomatiche, Tokyo dichiara: «Il Giappone è acutamente consapevole delle proprie responsabilità nell'aver causato enormi danni in passato al popolo cinese con la guerra, e si rimprovera profondamente». 1992 Nella prima visita di un imperatore in Cina, Akihito legge una dichiarazione preparata dal governo: «Nella lunga storia dei rapporti tra i nostri due paesi ci fu uno sfortunato periodo in cui il mio inflisse grandi sofferenze al popolo cinese. Sono molto addolorato per questo». 1995 Il premier Muravamo, socialista, in occasione dei 50 anni dalla fine della guerra, proclama «Perseguendo una sbagliata politica nazionale e attraverso il suo ruolo coloniale e aggressivo, il Giappone ha inflitto tremendi danni e sofferenze ai popoli di molti paesi. Esprimo ancora una volta con tutto il cuore i miei sentimenti di profondo rimorso e con tutto il cuore dichiaro le mie scuse». 1998 Nella dichiarazione congiunta per la visita del Presidente sudcoreano, Tokyo proclama: «Il premier Obuchi, guardando al passato delle relazioni fra Corea e Giappone in questo secolo, accetta umilmente il fatto storico che il dominio coloniale giapponese ha inflitto insopportabili sofferenze e danni al popolo coreano, esprime rimorso e pentimento e scuse di tutto cuore per questi tormenti». ■;•:■:•:;:■ :-:-v:y:v.:.■:-:■>.:.;:■:;: Stretta di mano tra il presidente cinese Zemin e il premier giapponese Obuchi: cordialità di facciata, discordia di fondo