Le «amicizie pericolose» di Bertinotti di Fabio Martini
Le «amicizie pericolose» di Bertinotti Le «amicizie pericolose» di Bertinotti Dal Chiapas al Pkk a Milosevic. I cinesi? Sono a «destra» 11 LA POLITICA ESTERA DEL PRC P. . ROMA RIMA di risalire sul suo cavallo bruno e tornare nella foresta, il subcomandante Marcos parlò così di Fausto Bertinotti: «All'inizio, quando abbiamo incontrato una delegazione con il signor Bertinotti, abbiamo avuto una certa diffidenza, come sempre ci capita quando incontriamo le rappresentanze dei partiti. Ma poi quest'uomo e la delegazione hanno mostrato rispetto, erano molto interessati a conoscerci...». Erano i primi giorni del 1997, Marcos parlava con un passamontagna nero sul viso e la cartucciera sulle spalle e davanti a lui c'era quel Fausto Bertinotti che già da sei mesi, con i suoi voti, teneva in vita il governo italiano. Dell'incontro nella cittadella rivoluzionaria di Realidad parlarono a lungo i giornali, ma da anni Rifondazione comunista ha costruito una rete di rapporti molto estesa, non solo con partiti di estrema sinistra e movimenti di liberazione, ma anche con formazioni guerrigliero. E' in questo ambito che si è consolidato il rapporto con il Pkk di Ocalan, uno dei movimenti di liberazione curda che, secondo la neutrale Human Rights Watch, ha eliminato tra il '92 e il '95 768 uomini, donne e bambini. Racconta Ramon Mantovani, il responsabile Esteri di Rifondazione che ha accompagnato Ocalan in Italia: «Noi abbiamo rapporti con 150 partiti o movimenti di tutto il mondo tanto è vero che al nostro ultimo congresso ne erano presenti ben 110. C'è di tutto: grandi partiti di governo, come il partito arabo socialista in Siria, il partito socialista serbo di Milosevic, partiti e movimenti di sinistra europei, movimenti di indipendenza in Asia, ma anche formazioni combattenti o clandestine. Come le Forze armate rivoluzionarie colombiane, il partito comunista boliviano, che è stato molto perseguitato, il Pkk di Ocalan, gli uomini di Marcos». In realtà le «amicizie pericolose» di Rifondazione comunista non riguardano soltanto movimenti guerriglieri o capi di governo «decisionisti» come Milosevic («che però abbiamo aspramente criticato», dice Mantovani) o come Assad, ma anche dittatori come il nordcoreano Kim Jong II. E non a caso, un dirigente di Rifondazione - p-r nascondendosi die- tro l'anonimato - ricorda: «Non molto tempo fa in Corea del Nord è andato in visita di amicizia il compagno Oliviero Diliberto...». Una rete di rapporti molto estesa, alla luce del sole, costruita in progressione: «Nel primo periodo del partito - ricorda l'europarlamentare Ds Luciano Pettinari, già responsabile Esteri di Rifondazione tra il 1992 e il 1995 - la dialettica era tra chi spingeva per stringere rapporti soltanto con partiti comunisti tradizionali come i greci, i portoghesi e i francesi e chi - come me - cercava di tenere rapporti con le forze della sinistra anche radicale, ma escludendo qualsiasi idea di una nuova Internazionale comunista». Poi, il 23 gennaio 1994, nel pianeta-Rifondazione sbarca Fausto Bertinotti e la «politica estera» di Rifondazione cambia quasi subito: rapporti a tutto campo, ma con una pre¬ ferenza per i movimenti ad alto valore simbolico, in qualche modo capaci di offrire un ritorno di immagine. E allora ecco il viaggio nel Chiapas, ecco il legame con Fidel Castro, ecco il robusto filo con i comunisti curdi del Pkk. E nel corso del 1998 la crescente conflittualità tra Cossutta e Bertinotti ha creato due «diplomazie parallele», una più antagonista e una più filo-governativa: con l'Armando che a settem¬ bre è andato in Russia dai compagni comunisti, poco più tardi finiti nell'orbita governativa. E Bertinotti? Ha raffreddato i rapporti con i compagni cinesi: «Con loro abbiamo un rapporto più problematico - dice Mantovani -. Ci vediamo, ci incontriamo, ma non la vediamo allo stesso modo: abbiamo criticato la Cina sugli esperimenti nucleari e per la svolta neoliberista». E se Bertinotti critica «da sinistra» i compagni cinesi, è lui stesso ad escludere l'ipotesi che la galassia di movimenti comunisti possa ricostruire prima o poi una nuova Internazionale: «No, l'unico possibile coordinamento riguarda i partiti della sinistra alternativa europea: 19 movimenti che probabilmente faranno un appello comune in vista delle elezioni europee». Fabio Martini «Ma Rifondazione non punta a far nascere un'Internazionale neocomunista» Il deputato di Rifondazlone comunista Ramon Mantovani
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