Raccontare Jacovitti matita beffarda d'Italia di Guido Tiberga
Raccontare Jacovitti matita beffarda d'Italia Vignette, film, manifesti: così Torino ricorda il grande disegnatore a un anno dalla morte Raccontare Jacovitti matita beffarda d'Italia TORINO ENITO Jacovitti, con quel nome datato e quel cognome che sembrava creato apposta per uno dei suoi surreali personaggi a fumetti, è stato uno dei cartoonist più veloci e prolifici della storia. Aggrediva il tempo, senza sprecarne neppure un attimo. E aggrediva le pagine, incurante dei manuali del fumetto che predicano la progressione soggetto-sceneggiatura-matita-china: Jacovitti disegnava direttamente con il pennino, raccontando «a braccio», improvvisando l'intreccio delle sue storie tavola dopo tavola, quasi vignetta dopo vignetta. A un anno dalla morte, la Regione Piemonte lo ricorda con una mostra, curata da Dino Aloi e Silvia Jacovitti, che si apre oggi al Museo dell'Automobile di Torino. Oltre duecento tavole, alcune molto rare, quasi dimenticate, ritrovate nello studio e spesso nelle cantine di casa Jacovitti. A partire da un introvabile originale dei Tiv Re, storia di guerra censurata dal Minculpop, perché i burocrati del Regime vi riconobbero una possi- bile parodia di Mussolini, Vittorio Emanuele II e Pio XI. Una vita di lavoro, dai personaggi più celebri ai meno conosciuti, da Cocco Bill a Pippo Pertica e Palla, da Zorry Kid alla Signora Carlomagno, la vecchietta forzuta e attaccabrighe creata insieme per parodiare il neonato Superman e per omaggiare l'anziana nonna claudicante, «che negli anni di guerra aveva rotto una stampella sulla schiena di un malintenzionato». Una mostra, sia pure integrata da filmati e suggestive ambientazioni scenografiche, non è sufficiente per raccontare «tutto» Jacovitti. Migliaia di tavole, centinaia di personaggi, che pure non gli sembravano abbastanza: «Neppure uno ogni due mesi, una miseria», raccontò in una vecchia intervista. Ma l'esposizione torinese è ampia, quasi esaustiva: accanto a fumetti e vignette, ci saranno i giochi, le pubblicità, i manifesti elettorali realizzati da Jacovitti, dalla de al msi, passando per i comitati civici di Luigi Gedda. C'è spazio anche per lo Jacovitti «politico», quello che negli Anni Sessanta amava definirsi un «estremista di centro», etichetta che allora sembrava assurda e che oggi si adatterebbe a molti protagonisti del Parlamento. «La cosa che mi fa più piacere - disse in un'intervista rilasciata negli anni di piombo - è vedere uno studente con il Diario Vitt sotto il braccio e Lotta continua in tasca». Sembravano bestemmie, la storia ci ha dimostrato che non lo erano. Guido Tiberga In mostra oltre 200 tavole, alcune rare dimenticate in cantina ^-•occo ^'"> personaggio simbolo di jacovitti e, a sinistra, il disegnatore
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