Il dilemma di Amleto se il fondo rende meno di Glauco Maggi

Il dilemma di Amleto se il fondo rende meno r TUTTOSOLDI "1 Il dilemma di Amleto se il fondo rende meno Ho acquistato il 4 maggio, con una parte della mia liquidazione, 50 milioni di «Personal Trend» della Frt. Al 30 luglio la cifra era diventata 50.757.267, per poi scendere al 29 settembre a 46.791.300 lire. Come mi devo comportare dopo una drastica riduzione? Devo vendere le quote il più presto possibile per non perdere ulteriormente dei soldi o devo tenerle sperando che la crisi finisca, come mi hanno consigliato alla Crt? G. A. (Torino) ETERNO dilemma: vendere, «regalando» al mercato 3 milioni e rotti, circa il 7% di quanto investito? O non vendere, tenendo duro e aspettando che si riprendano le quotazioni? Speriamo che il signor G. A. (Grande Amleto?) abbia optato per il «non vendere» nelle settimane intercorse da quando ha scritto la lettera, circa un mese fa, a oggi. Sono state giornate complessivamente positive per le Borse, al punto che a livello mondiale o hanno del tutto recuperato da metà agosto o, al peggio, lamentano perdite attorno al 10% o anche meno dai massimi. Oltretutto, il quadro fosco dell'estate-inizio autunno (crisi in Asia, Russia, Paesi emergenti; Clinton in bilico; «buchi» negli hedge fund) ha lasciato il posto nelle ultime settimane a qualche schiarita: aiuti al Brasile, piano interno di risanamento lanciato dal Giappone, Clinton in sella. E le Borse respirano. Non potendoci pertanto far belli, a posteriori, di un consiglio orientato al mantenimento delle posizioni (sempre che siano basate, non lo diremo mai abbastanza, sulla chiarezza del rischio che si sta correndo e sulla convinzione nella strategia scelta), analizziamo l'investimento fatto per dare qualche indicazione generale. Il lettore ha investito in una Gestione in fondi comuni della fiduciaria Frt, che fa capo alla Cassa di risparmio di Torino. Dalle notizie fornite abbiamo potuto ricostruire che si tratta di una delle due linee di investimento a rischio medio, medio-alto, proposte agli sportelli della banca. In particolare, le due Gestioni si chiamano Linea Active e Linea Mix e investono negli stessi 6 fondi, scelti nella famiglia Fondinvest, la società di gestione della Crt. In entrambi i casi si tratta di un profilo di rischio bilanciato: nel pacchetto ci sono tre fondi azionari (Fondinvest Piazza Affari, italiano; Fondinvest World, globale; Fondinvest Europa, in azioni europee) e tre obbligazionari (Personal Italia, specializzato in titoli di Stato nostrani; Personal 1 dollaro, in titoLi d'area dollaI ro; Personal Bond, obbliga- nistrano Così, se ziom in valuta). In che cosa differiscono le due linee, se hanno gli stessi fondi? Nelle percentuali con le quali i gestori ammii due portafogli. Active ha oggi un 60% medio del patrimonio in azioni (di cui il 30% in Italia, il 20% in Europa e il 10% nel resto del mondo), la Mix ne ha per il 53% (di cui il 6% in Italia, il 12% in Europa e il 35% nelle Borse mondiali). Che cosa dicano queste percentuali, diventa più chiaro se le traduciamo nell'unità di misura della rischiosità, che è il benchmark (ossia l'indice del mercato relativo agli investimenti fatti. Esempio: per un azionario italiano il benchmark è l'indice Mibtel di Piazza Affari). Vediamoli: nel trimestre 30 luglio-29 settembre, teatro dei dubbi del lettore, il benchmark di Active era 10,62%, quello di Mix 8,38%. Non è un caso, allora, che le performance complessive medie delle due gestioni presentino due risultati praticamente fotocopia rispetto ai benchmark: -10,21% il rendimento (al lordo delle commissioni di sottoscrizione) di chi ha puntato su Active; 8,55% quello di chi ha scelto Mix. Morale: essendo una fase di Borse Orso, con Active si è rischiato un po' di più e si è perso un po' di più. Ma all'opposto, nei momenti Toro, benchmark più alti portano (gestori permettendo!) risultati migliori. L'esame comparato benchmark-performance dovrebbe convincere dunque i sottoscrittori di fondi o di gestioni che è con il benchmark (e non solo con la performance) che va presa familiarità. La Consob, oltretutto, ne impone la dichiarazione nei rendiconti alla clientela. Sfruttare l'informazione serve a due praticissimi scopi. Il primo è che aiuta a riflettere sulle diverse categorie di titoli in cui si investe: nessuno ne può prevedere in anticipo l'andamento, ma i mercati hanno una loro «storia» statistica e delle precise peculiarità che consentono di prevedere, almeno, il possibile livello di volatilità, cioè di variabilità dei prezzi. Il secondo è che dal raffronto, su un congruo periodo di tempo, tra i risultati reali ottenuti dal gestore su un certo mercato e quello «generale» rappresentato dall'indice dello stesso mercato (il benchmark, appunto), si ricava un inappellabile giudizio di efficienza operativa. Glauco Maggi sgj

Persone citate: Clinton, Personal Bond