«L'aspettiamo a braccia aperte»

«L'aspettiamo a braccia aperte» «L'aspettiamo a braccia aperte» 77 Sermig: i suoi problemi non ci spaventano TORINO. «I giudici la mandino da noi, anche subito. L'accoglieremo a braccia aperte». Però, attenzione: è un caso difficile, scandito da fallimenti in serie. «Più sono difficili più sono di Dio - risponde serafico Ernesto Olivero, anima del Sermig -. Abbiamo ospitato persone con problemi gravi, che parevano irrisolvibili. Invece, con la pazienza, il lavoro, la buona volontà, li abbiamo superati. Dunque, non ci spaventano quelli di Tamara». Chissà, forse dopo sette mesi e mezzo finalmente potrebbe sbloccarsi la situazione della «ragazza che nessuno vuole salvare». Situazione denunciata, il 10 maggio, con un pubblico appello su «la Stampa» dall'avvocato della giovane, Romano Console, e dal pm Arnaldo Di Balme: «Cerchiamo una comunità che accetti di ospi- tmlbnbaemdb tare e curare una detenuta che vi manderemmo agli arresti domiciliari». Il Sermig ha dato la sua disponibilità, la comunità di S. Patrignano sta valutando il caso «che abbiamo letto su "La Stampa". Noi accogliamo chi intende veramente e seriamente seguire un programma di recupero, se la ragazza è d'accordo si può fare. Però, calma, bisogna decidere tutto in modo avveduto dopo aver parlato con i medici, con i famigliari della malata». Tamara è ben conosciuta al Gruppo Abele, la dottoressa Adriana Casagrande l'ha seguita in passato. Mette in guardia contro i facili entusiasmi e accusa i medici di aver scordato la ragazza nel repartino, di non aver fatto niente per farla uscire da un luogo «dove non è curata come dovrebbe». Spiega: «Tamara ha un problema psichiatrico rilevante al quale s'è aggiunto quello della tossicodipendenza. Sinché il servizio psichiatrico di zona non deciderà, alla buon'ora, di farsi carico di lei, finché non darà una mano a noi e al Sert (servizio tossicodipendenze, ndr) non si verrà a capo di nulla. Solo una volta che s'è sbloccata la situazione si potrà parlare di comunità. E, nel solo Piemonte ce ne sono mol¬ te, mica una sola, che possono accogliere la ragazza. Però, ripeto, sinché i medici non si danno una mossa, sinché si rimpalleranno "la pratica Tamara" continuerà questa fase di assurdo stallo. Tamara deve essere seguita e, nel repartino, ciò non sembra accadere». Responsabile del servizio psichiatrico di zona è il professor Crosignani. Conosce il caso, dice che se ne occupa la clinica universitaria psichiatrica, cita la dottoressa Rocca. La q\iale dottoressa Rocca è di guardia, risponde che non ha tempo per parlare, «devo lavorare». Abbiamo interpellato anche la dottoressa Rigazzi che è del servizio psichiatrico di zona e s'è occupata di Tamara. In qual modo, quando e quanto non è dato di sapere. Anche la Rigazzi non parla «perché sono vincolata dal segreto professionale; per giunta, mai e poi mai discuterei di un malato con un giornalista». L'unico dato incontrovertibile, in questa vicenda tutt' altro che semplice da decifrare: malgrado la disponibilità del giudice a far curare Tamara, malgrado il darsi da fare della madre della giovane «ma ovunque ho incontrato solo promesse vaghe e/o indifferenza» la ragazza da sette mesi e mezzo vive la prigionia peggiore. Per la verità, a luglio pareva si l'osse aperto uno spiraglio, era stata individuata una comunità, la Nefesh di Reggio Emilia. Però, lo spiraglio s'era chiuso quasi subito: perche la Nefesh, la cui sede era stata danneggiata da una tromba d'aria, non offriva la garanzie necessarie perché fosse rispettata la condizione degli arresti domiciliari. [c. giaci Cautela a San Patrignano «Bisogna decidere dopo aver ascoltato i medici e i famigliari della malata» A lato, da sinistra, Ernesto Olivero responsabile del Sermig e Andrea Muccioli della Comunità di San Patrignano

Luoghi citati: Piemonte, Reggio Emilia, Torino