Riforme, D'Alema rassicura Amato di Alberto Rapisarda

Riforme, D'Alema rassicura Amato Il premier: il governo farà da stimolo, in aula solo se c'è un consenso adeguato Riforme, D'Alema rassicura Amato Berlusconi: il 138 sarebbe un colpo di mano ROMA. Ora Giuliano Amato nasconde la mano dopo aver minacciato (D'Alema?) che se non lo aiutano ad avviare le riforme, si dimetterà da ministro. Il sospetto che abbia voluto dare un avvertimento al presidente del Consiglio viene classificato dal ministro per le Riforme come «una bizzarria straordinaria». «Non mi risulta che il presidente D'Alema ponga ostacolo al processo di riforme» spiega Amato. D'Alema, invece, deve aver inteso che il messaggio fosse rivolto proprio a lui perché ieri ha cercato di tranquillizzare Amato spiegando che «ha avviato molto giustamente il suo lavoro. E' chiaro che se non c'è un accordo di tutti su tutto, cercheremo di muovere sulle soluzioni possibili. Quelle sulle quali c'è un consenso adeguato». Che sembra quello che avevano dotto Amato e Violante (se non c'è accordo si proceda in aula utilizzando la procedura costituzionale dell'art. 138), mentre rivela una sottile differenza. D'Alema dice che in aula ci si andrà solo se c'è «un consenso adeguato». Il fatto è che di consenso sulle riforme ce n'è poco non solo da parte del Polo, ma anche all'interno della maggioranza. Ed è per questo che il ministro per le Riforme, Amato, scalpita. Perché teme, alla lunga, di fare la figura del figlio di nessimo. Di pagare, Cioè, il peccato originale che segna il suo incarico. Inventato da un presidente del Consiglio che hi Parlamento si premurò di precisare che il suo governo non farà proposte in materia di riforme Ora, ad un mese di distanza, Amato comincia a chiedersi a cosa serve. Quali margini di movimento ha. E poi non si commette peccato se dietro le mosse di tutti i personaggi di maggiore spicco della scena politica ci si vede anche il riflesso della corsa al Quirinale. Che per Amato e per Violante pare bloccata dal fatto che il presidente del Consiglio ora è uno di sinistra. Insomma, al Quirinale ci puntano i popolari. Poiché i popolari sanno bene che tenere buoni rapporti con tutti (Polo compreso) è utile so si scommette su un proprio candidato alla successione di Scali'aro, ecco che rispondono ad Amato che la via dell'art. 138 non va e che, come sostiene il vicesegretario France schini, «le riforme si fanno soltanto se c'è una intesa tra maggioran¬ za e opposizione». Lo stop di Franceschini è accompagnato dai commenti beffardi che il capogruppo del Ppi alla Camera, Soro, rivolge ad Amato. «Non perda così presto la pazienza» e svolga il suo ruolo «con rigore e umiltà». Virtù, quest'ultima, che i professori universitari solitamente non amano praticare. Stop ad Amato anche dai democratici di sinistra a proposito dell'uso dell'art. 138. «Procedere sulle riforme a colpi di maggioranza era una posizione del Polo, non era e non è la nostra. Fu uno del Polo a diro che bisognava così "sodomizzare l'opposizione"» ricorda Cesare Salvi, presidente dei senatori Ds. Silvio Berlusconi, però, deve avere dimenticato quegli antichi propositi porche ieri giudicava il ricorso alla procedura di riforma provista dalla Costituzione «un colpo di mano». «Così dimostreranno la credibilità democratica della maggioranza». Ma non è detto che sia veraniente escluso il ricorso alla procedura nonnaie di riforma della Costituzione. Al momento si discute. Amato farà anche una relaziono al consiglio dei ministri, ha annunziato D'Alema. Ma lo novità, se ci saranno, sono attese per metà gennaio quando si dovrà passare «ad una fase decisionale. La maggioranza dovrà comunque assumersi una responsabilità» chiarisco il ministro Amato. Ad attenderò che la maggioranza faccia una qualche proposta c'è Umberto Bossi, che è interessato all'approvazione della riforma foderale. «La Lega ò disposta a discutere purché si parli di riformo effettive e non di truffo. La Lega ha i numeri ed è affidabile», al contrario del Polo che si limita a «starnazzare» assicura il vicepresidente dei leghisti alla Camera, Alberto Lembo. E si può cominciare dalla legge elettorale. Alberto Rapisarda

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