«Ecco i crimini degli uomini di Apo»

«Ecco i crimini degli uomini di Apo» «Ecco i crimini degli uomini di Apo» Stragi di civili nei dossier delle organizzazioni umanitarie ROMA. Di dossier su Ocalan, leader del Partito dei lavoratori curdi, ce ne sono in giro parecchi in Occidente. Magistrature e servizi di informazione di Stati Uniti, Germania, Francia e Svezia (oltre ovviamente alla Turchia) hanno accumulato nel tempo copiosi files su di lui. Ma a interessarsi di lui, delle sue azioni e degli ordini che impartisce al Pkk sono, e non da oggi, anche le organizzazioni internazionali pe la difesa dei diritti umani come Human Rights Watch (Osservatorio sui diritti umani) ed Amnesty International. Se le accuse di Amnesty nei confronti del Pkk compaiono regolarmente nei suoi rapporti annuali, Human Rights Watch ha fatto un passo in più, comunicandoli formalmente al governo italiano. Il direttore esecutivo della divisione «Europa ed Asia Centrale» di Human Rights Watch, Holly Carmer, ha così fatto pervenire lo scorso 21 novembre a Palazzo Chigi un minidossier sulle violazioni dei diritti umani di cui Ocalan viene ritenuto personalmente responsabile come capo del Pkk. L'«appendice A» è una lista di fatti inesorabilmente chiara. Ecco solo alcuni esempi. Anno 1992. Nel villaggio di Seki, nella provincia di Baman, uomini del Pkk uccidono 10 persone fra cui 7 bimbi e una donna settantenne (22 giugno). Nel villaggio di Yolbasti, nella provincia di Bitlis, uomini del Pkk fermano un minibus e uccidono a freddo 10 passeggeri (29 giugno). A Uludere, provincia di Sirnak, il Pkk attacca con razzi le abitazioni delle guardie del villaggio. Fra le vittime ci sono sei bambini e una donna di novanta anni (11 ottobre). Anno 1993. In un raid contro il villaggio di Basbaglar, nella provincia di Erzincan, il Pkk uccide trenta persone e dà alle fiamme 57 abitazioni (5 luglio). A Mutki, distretto di Bitlis, il Pkk ferma sei minibus, fa scendere i passeggeri uccidendone 19 e ferendone altri 13 (4 agosto). In un raid contro il circolo degli insegnanti nel distretto di Égin gli uomini del Pkk uccidono sei impiegati (17 settembre). Anno 1994. In un raid contro i villaggi di Akyurek e Ormancik, provincia di Mardir, le forze del Pkk uccidono 20 civili, inclusi sei bambini e nove donne (22 gennaio). Raid del Pkk nel villaggio di Edebuk, nove morti fra cui un bimbo di tre anni (15 maggio). Attacco contro la famiglia di un ex membro del Pkk: viene uccisa la madre e i cinque fratelli e sorelle, fra i 4 e i 13 anni (19 giugno). Uomini del Pkk sparano su un bus che transita sulla strada Van-Bahcessaray: 11 morti, inclusi 3 bambini, e 8 feriti (10 agosto). Anno 1995. Raid del Pkk contro ii villaggio di Akdogu, nella provincia di Van: 12 morti, inclusi 2 bambini e sei donne (23 luglio). Attacco del Pkk contro una miniera nella provincia di Hatay: uccisi otto operai (5 settembre). Nel complesso i crimini del Pkk documentati da Human Rights Watch fra il 1992 ed il 1995 riguardano l'omicidio volontario di 768 uomini, donne e bambini. «Queste azioni sono state commesse non per errore ma perché rientrano nella politica ufficiale del Pkk» afferma Holly Carmer nella lettera al presidente del Consiglio, citando la dichiarazione fatta durante la Terza Conferenza Nazionale del marzo 1994: «La lotta del Pkk ha abbandonato la fase di strategia difensiva. E' inevitabile un'escalation nella nostra risposta alla dichiarazione di guerra turca contro di noi. Di conseguenza ogni organizzazione, ente e istituzione economico, politico, militare e culturale - e chi vi prende parte - divengono degli obiettivi. L'intero Paese deve diventare un terreno di battaglia». Per questo l'Osservatorio sui diritti umani ha chiesto all'Italia di «non concedere asilo ad Ocalan» e di «non estradarlo verso la Turchia dove c'è la pena di morte» ma di affidarlo alla «giustizia internazionale». [m. mo.l

Persone citate: Holly Carmer, Ocalan, Seki