Pubblicità di Mimmo Candito

Pubblicità Pubblicità I turchi: ilPkk narcotrafficante «Se fermiamo il terrorismo possiamo fermare questa siringa». E' lo slogan che campeggia sui giornali italiani, compresa «La Stampa». Si tratta di una pubblicità acquistata da quattro associazioni turche, la Tobb (Camere riunite di commercio, industria e di scambio materie prime della Turchia), Deik (Camere di relazioni economiche estere), Mto (Comitato nazionale Camera di commercio internazionale) e Ikv (Fondazione di sviluppo economico). «Gli Stati Uniti d'America - si legge nell'annuncio - hanno dichiarato che il Pkk è un'organizzazione terroristica. Nel 1996 Francia, Germania e Inghilterra hanno accettato il fatto che il Pkk è un'organizzazione terroristica. Dal 1993 Francia e Germania hanno proibito tutte le attività organizzate dal Pkk». Nell'annuncio c'è anche l'indicazione di ingenti partite di droga «in partenza per i Paesi europei confiscata ai terroristi del Pkk in Turchia». [e. st.] querele. Ma, insensibili o bene informati, i suoi colleghi del Parlamento hanno fatto sapere che quel giuramento d'innocenza non li convinceva affatto; e c'è da credere che loro debbano avere una qualche esperienza in materia, visto che il Parlamento turco è molto avvezzo a queste pratiche con «legami occulti» (la virtuosa definizione è degli stessi parlamentari, e significa, semplicemente, mafia). Il voto di ieri ha soltanto ratificato quel primo verdetto informale. Sorridente e rilassato comunque, come se la faccenda nemmeno lo riguardasse, Yilmaz è andato subito ti far visita formale al presidente della Repubblica, Demirel, e ha rassegnato il mandato ricevuto 17 mesi fa. Il suo era il 55" governo della storia repubblicana, Yilmaz sa già che anche il 56" lo ritroverà tra i protagonisti. «Il Paese ha bisogno di stabilità, sceglierò in brevissimo tempo», ha detto Demirel. E sembrava anche sincero, questo navigato viaggiatore di cento battaglie politiche. Però sempre le parole dei politici vanno prese con qualche saggia dose di diffidenza, e Demirel sa bene che ci sono cose che lui non può dire e che invece qui contano mollo, anzi moltissimo: il potere militare, per esempio. Prendiamo la designazione del nuovo gabinetto. L'incarico dovrebbe andare - per prassi parlamentare - al partito di maggioranza relativa; ma così non sarà mai. E non perché Demirel non sappia contare: più semplicemente, perché sui numeri del Parlamento c'è il veto dei generali. Il partito di maggioranza è infatti il Fazilet, che e la faccia ripittata del vecchio Refah, messo fuorilegge su «ordine» delle forze annate per essere il partito degli islamici (proprio l'altro ieri il giudice ha chiesto la condanna a morte di Erbakan, che del Refah era stato fondatore e pilota). E' assai probabile che il nuovo governo nasca allora da una coalizione piuttosto inquietante, per chi creda che la politica abbia qualche parentela con l'etica. Finiranno per mettersi a braccetto questo ex premier Yilmaz, accusato di corruzione e malaffari, con quella ex premier Ciller accusata anche lei di corruzione e malaffari. Sedici mesi fa Yilmaz aveva fatto cadere la Ciller, ieri la Ciller ha restituito la cortesia. Consumate le vendette (e autoassoltisi a vicenda, i due, di fronte al rischio d'una commissione d'inchiesta), ora si ricomincia come se nulla fossi; accaduto. Anzi, come se il potere fosse una «cosa nostra». Prima di andarsene, Yilmaz ha dovuto comunque sbatter via l'irresponsabile armamentario agitato in questi giorni sulle piazze turche, e ha ammesso che il suo Paese «accetta che Ocalan possa essere giudicato anche a Roma, con l'accusa di terrorismo internazionale». Il ringhiare minaccioso dell'Europa, che solidarizza con l'Italia, gli aveva consigliato ora una più saggia marcia indietro. Ma molto più lunga dev'essere la marcia indietro che alla Turchia resta ancora da fare: ieri è stata prolungata di nuovo la «legge speciale» sul Kurdistan, che dà ai generali i poteri politici e giudiziari di una legge marziale. Ieri era la 33" volta. In Europa non c'è spazio, per simili abitudini. Mimmo Candito