Ocalan in Italia scortala da Rifondazione

Ocalan in Italia scortala da Rifondazione Mantovani: abbiamo offerto il nostro aiuto logistico, senza informare il governo. I servizi sapevano? Ocalan in Italia scortala da Rifondazione 77 braccio destro di Bertinotti sull'aereo del leader curdo ROMA. Un'operazione politica, con il timbro di Rifondazione comunista e la firma di Fausto Bertinotti. Questo è, da ieri, il «caso Ocalan», dopo la rivelazione che fu un deputato del Prc, il responsabile esteri Ramon Mantovani, ad accompagnare in Italia il leader curdo Abdullah Ocalan, da Mosca a Roma, con l'avallo dei vertici del partito. Operazione che però, una volta svelata, non chiarisce tutti i misteri su ciò che accadde all'aeroporto di Fiumicino la sera di giovedì 12 novembre, e sulle informazioni avute dal governo prima e dopo lo sbarco dell'ingombrante ospite. Massimo D'Alema mostra sicurezza: «Io sono responsabile del fatto che dal momento in cui Ocalan è giunto nel nostro Paese è stato posto sotto sorveglianza; noi abbiamo applicato le nostre leggi». Ma poi aggiunge: «Leggerò i restroscena con curiosità, per sapere chi fosse o non fosse sull'aereo». C'era Ramon Mantovani, che forse come Ocalan è stato preso in contropiede dall'arresto del leader curdo a Fiumicino. Il deputato accompagnatore nega e insiste: «Non c'è nersun giallo, si è trattato di un'iniziativa politica di Ocalan e del Pkk, noi abbiamo soltanto fornito il nostro aiuto, senza informare il governo italiano». Se le autorità di Roma hanno saputo qualcosa, continua, l'hanno saputo da altri. La versione di Mantovani è fin troppo semplice e lineare. La fornisce lui stesso, dopo le anticipazioni di un giornale turco sulla presenza di due deputati comunisti sull'aereo di Ocalan e l'annuncio di una conferenza stampa di Berlusconi, convocata per le 17. Mantovani lo precede di un'ora, e a Montecitorio racconta: «Mercoledì 11 novembre so- no stato contattato da esponenti del Pkk, i quali mi hanno comunicato l'intenzione del presidente Ocalan di lasciare la Russia e venire in Italia. Mi hanno chiesto un parere, e dopo alcuni contatti telefonici abbiamo deciso che sarei andato da lui». L'indomani, 12 novembre, Ramon Mantovani sale sul volo Alitalia Malpensa-Mosca, e all'aeroporto della capitale russa viene accolto da funzionari russi, «immagino dei Servizi segreti», che lo accompagnano in una saletta dove poco dopo compare Ocalan, «accompagnato da uomini del Pkk e uno stuolo di agenti russi». Comincia il colloquio tra i due, in italiano e turco, attraverso un traduttore. «Ocalan mi dice di voler venire in Italia secondo una precisa scelta politica, quindi smentisco che io o il Prc gli abbiamo proposto di venire; è stata una sua scelta autonoma», sottolinea Mantovani. «Il presidente - continua il racconto - mi spiega che la situazione in Russia è complicata, e ha davanti a sé due strade: tornare in montagna a combattere o venire in Europa per avviare una politica di pace. Io gli consiglio la seconda strada, e spiego che l'Italia è un Paese democratico dove la Costituzione lo protegge dall'estradzione in Turchia; qualche problema, semmai, po¬ trebbe sorgere con la Germania. Ocalan replica che vuol salire sul primo volo per Roma e così abbiamo fatto». La coppia, insieme a tre esponenti del Pkk residenti in Europa, prende posto sul volo Aeroflot Mosca-Fiumicino. ((All'arrivo io lo saluto e faccio la fila al controllo passaporti, lui invece va verso il passaggio riservato ai diplomatici, dichiara la sua identità, viene fermato e portato via dalla polizia. Io sono tornato a Roma con il collega De Cesaris, che era venuto a Fiumicino; poi gli esponenti del Pkk mi hanno informato di ciò che era successo». Questo racconto, però, non coincide con altre realtà. La pri- ma è che Ocalan e i suoi uomini contrariamente a quanto dice Mantovani - non si aspettavano l'arresto del capo del Pkk. Ocalan non sapeva della richiesta di cattura tedesca; lo ha detto subito dopo l'arresto e l'ha fatto capire nella lettera scritta a D'Alema. Probabilmente pensava di poter passare col passaporto falso, ma la polizia italiana era stata allertata del suo possibile arrivo, presumibilmente da Mosca non appena partito l'aereo Aeroflot. In ogni caso, la prova che l'arresto è stato un incidente di percorso sta nella richiesta avanzata da un membro del Fronte di liberazione curdo al deputato verde Vito Leccese, vicepresidente della commissione Esteri della Camera, di andare con la sua macchina all'aeroporto, giovedì 12, per portare in città un esponente del Pkk in arrivo a Fiumicino. Se, come dice Mantovani, i curdi immaginavano l'arresto, non c'era bisogno della macchina che invece di Leccese portò De Cesaris. Dopo un giro di telefonate che arrivò fino al capo della polizia Masone, Ocalan fu ammanettato, portato in questura e poi all'ospedale di Palestrina. Resta da chiarire se le autorità - la polizia, i servizi segreti, il governo - sapevano fin da allora che sull'aereo di Ocalan c'era pure un deputato della Repubblica italiana, il quale avrebbe comunque vigilato e magari denunciato altre possibili soluzioni, come l'immediata espulsione di Ocalan. Oppure se l'hanno saputo dopo; ma quando? «Non so se mi hanno seguito o spiato - dice Mantovani -. Io fino ad oggi non ho detto niente a nessuno, e avrei continuato a tacere se la notizia non fosse trapelata, perche non volevamo sfruttare in modo strumentale questa vicenda». Ma i punti interrogativi restano, e pure i veleni fra gii ex compagni uniti in Rifondazione comunista lino alla scissione di ottobre. «Succedevano cose strane nel partito, per questo ce ne siamo andati», dice il ministro della Giustizia Diliberto, suscitando le ire di Bertinotti e dello stesso Mantovani che replica: «Il ministro Dilibèrto dovrebbe vergognarsi». Il «caso Ocalan» e l'operazione politica che c'era dietro, oggi, è anche questo. Giovanni Bianconi «Non ci siamo messi contro lo Stato ma abbiamo soltanto obbedito al codice d'onore del nostro partito Diliberto? Dovrebbe vergognarsi» ★ «Non ci siamo messi contro lo Stato ma abbiamo soltanto obbedito al codice d'onore del nostro partito Diliberto? Dovrebbe vergognarsi» A sinistra il deputato di Rifondazione comunista Ramon Mantovani