Il leader curdo: pace in sette punti
Il leader curdo: pace in sette punti Il leader curdo: pace in sette punti «Non vogliamo più l'indipendenza, ci basta l'autonomia» ROMA. Un piano di pace in sette punti per risolvere il problema curdo, la disponibilità ad affrontare un processo in un Paese che gli assicuri tutte le garanzie democratiche e un nuovo, solenne, ripudio della lotta annata. Nel giorno dei colpi di scena sul caso Ocalan, anche Apo fa sentire la sua voce con una serie di proposti' destinate a pesare in questa complessa vicenda. Avrebbe voluto farlo di persona nella villa tra Roma e il mare in cui è sorvegliato 24 ore su 24, etichettato dalla pulizia come la persoiui a più alto rischio di attentati che si trovi in questo momento in Italia. Ma proprio le ragioni di sicurezza hanno costretto il capo del Pkk ad affidare ai suoi avvocali italiani l'appello alla pacificazione lanciato alla Turchia e quello alla solidarietà rivolto all'Europa. Così, per più di un'ora, in una sala dell'hotel Nazionale, gli avvocati Luigi Saraceni e Giuliano Pisapia si trasformano in emissari politici seduti al fianco del portavoce del Fronte di liberazione nazionale curdo in Europa, Akif Hasan. Gli avvocati hanno in mano le carte con le frasi scritte da Abdullah Ocalan e le leggono senza cambiare una virgola. Prima di tutto Apo spiega perché è venuto in Italia. «Negli ultimi giorni, prima di partire, ci ho pensato molto. Ero di fronte a un bivio: o andare sulle montagne del Kurdistan a riprendere la guerriglia con i miei compagni, o scegliere la via pacifica. Ho espresso ufficialmente e ancora ribadisco il ripudio della lotta annata. Del resto il Pkk ha già proclamato una tregua unilaterale. In Turchia sono considerato un terrorista anche se combatto per il mio popolo. In Europa, almeno, la questione curda è riconosciuta. E io ho scelto l'Europa, ho scelto la pace». Ed eccolo il piano di pace di Ocalan. «Non chiediamo nulla di eversivo. Chiediamo l'autonomia per la nostra regione, senza intaccare l'integrità territoriale della Turchia». E' una svolta importante: il Pkk non reclama più l'indipendenza e la nascita di un Kurdistan-Stato che stac¬ cherebbe dalla Turchia più di dieci milioni di abitanti. Adesso Ocalan propone «un percorso politico sotto il controllo di osservatori dell'Onu e dell'Ue per arrivare alla pacifica convivenza dei popoli curdo e turco». E' un percorso in sette punti. Cessazione delle azioni militari contro i villaggi curdi. Ritorno nei villaggi dei profughi. Eliminazione del corpo dei «guardiani dei villaggi» (una milizia paramilitare turca). Ri¬ conoscimento dell'autonomia della regione. Riconoscimento per i curdi di tutte le libertà democratiche di cui godono i cittadini turchi. Riconoscimento dell'identità, della lingua e della cultura curde. Pluralismo e libertà di religione. «Vogliamo fare come i baschi e l'Ira. Vogliamo ottenere autonomia e libertà senza più sangue», dice Ocalan. La guerra in Kurdistan ha già fatto trentamila morti, 20 mila dei quali curdi. Ci sono 10 mila curdi imprigionati, ci sono altre decine di migliaia di profughi. «Quella della pace è una grande occasione anche per la Turchia: se davvero vuole entrare a pieno titolo in Europa, deve risolvere la questione curda». Apo racconta anche che, prima dell'avvento di Mesut Yilmaz, c'erano stati contatti tra il Pkk e le autorità tur¬ che per arrivare a una tregua bilaterale: «Yilmaz, però, ha interrotto questo percorso-e ha scelto lo scontro». Adesso Apo propone di riannodare il dialogo e la crisi del governo Yilmaz potrebbe aiutarlo. Ma c'è un altro punto delicato. La nuova richiesta della Turchia per un processo a Ocalan, magari in Italia o in Germania, per terrorismo. Che cosa ne pensa Apo? Rispondono i suoi avvocati: «Ocalan lo ha detto già quando fu mterrogato la prima volta. E' disposto a affrontare un processo: non in Turchia, ma in qualunque Paese garantisca tutti i diritti di difesa. Anche perché Ocalan è certo di poter dimostrare di non avere commesso alcun atto terroristico». Quello che più interessa agli avvocati, però, è l'iter per la concessione dell'asilo politico da parte dell'Italia. Un «asilo dovuto», secondo Saraceni e Pisapia e già sollecitato da Cossutta e da Manconi. Ma per il verdetto della «Commissione centrale per lo status di rifugiato» ci vorrà molto tempo. Almeno un mese, anche perché Ocalan ha chiesto di essere ascoltato e sta preparando un voluminoso dossier che va tradotto in italiano. Enrico Singer Messaggio attraverso i suoi avvocati «Vogliamo fare come i baschi e l'Ira Posare le armi in cambio della libertà»
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