Putto intemazionale per processare «Apo»

Putto intemazionale per processare «Apo» Gli Usa premono su Roma perché neghi l'asilo politico: «Prima l'espulsione, poi un tribunale» Putto intemazionale per processare «Apo» Ankara potrebbe accettare un giudice tedesco o italiano ROMA. Prende corpo l'ipotesi di sottoporre Abdallah Ocalan ad un processo. E' stato il portavoce di governo turco ieri mattina il primo ad affermale pubblicamente che «si potrebbe accettare un processo in Italia o in Germania». La Farnesina nel pomeriggio ammetteva che «l'ipotesi del processo avanza anche se la priorità resta l'estradizione verso la Germania». E il Dipartimento di Stato da Washington in serata confermava che «gli Stati Uniti sono per portare Abdallah Ocalan davanti alla giustizia per rispondere delle azioni commesse come terrorista e capo di un organizzazione terrorista». Le voci sul «processo grazie all'accordo italo-turco» sono rimbalzate fin dentro il Vaticano. Un alto diplomatico europeo, a Bruxelles, così fotografa la situazione: «L'asilo politico per quest'uomo è improponibile, l'estradizione la Germania non la chiede. Fra i due estremi la via d'uscita può essere il processo in Italia o l'espulsione condizionata ad un processo». Ma qui iniziano gli interrogativi. Per quali crimini processare OcalanV Chi ospiterebbe l'assise? Ouale tribunale è competente? Cosa farne dopo la sentenza? Domande senza risposta che scottano sul tavolo dell'Italia. Per ora Washington ci chiede «un'intuizione giuridica come l'operazione Alba lo fu sul piano militare per l'Albania», Ankara spera nella nostra «ben nota fantasia», la Germania ritiene «intollerabile lasciarlo andare a piede libero». Di concreto ci sono al momento solo le accuse. «Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani ne hanno raccolte molte» fanno notare all'unisono americani e tedeschi. «Gli elementi a nostra disposizione riguardano due crimini su cui esiste una giurisdizione universale: tortura e violazioni della Convenzione di Ginevra del 1949 contro le uccisioni di civili in zone di combattimento», spiega Lotte Leich dell'ufficio di Bruxelles di «Human Rights Watch». Gli sherpa lavorano per identificare chi potrebbe esercitare questa giurisdizione universale. Ankara è contraria ad un tribunale italiano «perché qui l'atmosfera non è imparziale» e vedrebbe con favore una soluzione tedesca. Washington dice di voler solo «incoraggiare una soluzione accettata da tutti gli alleati». «L'Italia si è impegnata molto per la creazione del Tribunale penale intemazionale, questa è una buona occasione per mostrare un impegno reale in favore della giustizia internaziona¬ le» aggiunge la Lcich. Una delle idee che filtra è quella di «un foro ad hoc» presso le due istituzioni europee che si occupano di diritti umani: l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea (Osce) - che però non ha organismi giuridici - e il Consiglio d'Europa con la sua Corte sui Diritti Umani. Per praticare la strada di una Corte come quelle sui crimini in ex Jugoslavia e Ruanda servirebbe addirittura una risoluzione ad hoc del Consiglio di Sicurezza dell'Onu mentre la Corte dell'Aia ha sulla carta altri compiti. L'ipotesi-processo è stata discussa ad Ankara anche dall'am¬ basciatore Massimiliano Badini con il viceministro degli Esteri, Korkmaz Haktanir. Nell'attesa che giuristi e diplomatici di quattro Paesi tentino una difficile quadratura del cerchio l'ipotesi-processo un risultato l'ha già ottenuto aumentando la pressione internazionale sull'Italia affinché non conceda l'asilo politico. Non a caso ieri Bonn ha rilanciato l'idea di «un'estradizione verso la Turchia condizionata alla non applicazione della pena di morte». A Montecitorio l'asilo politico è ancora chiesto a viva voce da Cossutta (che ha scritto una lettera al premier), Bertinotti, Verdi e Cos- siga ma a Botteghe Oscure gli umori sono più pacati. «La situazione è gravissima, bisogna recuperare il dialogo con la Turchia» suggerisce il ministro del Commercio Estero, Piero Fassino, ricordando che «il governo Prodi era contrario quando la commissione Esteri di Montecitorio si espresse per la conferenza internazionale sul Kurdistan. Con il nuovo governo quella linea non è mutata». E Massimo D'Alema sull'asilo adesso mette le mani avanti: «Non è di mia competenza, c'è una commissione che esamina le domande sulla base del diritto italiano ed internazionale». Il Polo, con Silvio Berlusconi, però incalza il governo: «Quella sull'asilo è una decisione politica di solidarietà con gli alleati. D'Alema dica no ed espella poi subito Ocalan in ottemperanza alle Convenzioni europee contro il terrorismo e sui rifugiati ed all'accordo italo-turco del 22 settembre scorso». Per Berlusconi - che ieri ha parlato citando più volte il Dipartimento di Stato Usa - Ocalan deve essere «rimandato lì da dove è venuto». Cioè a Mosca, dove il mmistro degli Esteri, Lamberto Dini, arriva domenica. Maurizio Molinari La Turchia spera «nella vostra nota fantasia», ma auspica che il procedimento avvenga in un altro Paese: «Da voi clima non imparziale» A sinistra Giuliano Pisapia, avvocato di Ocalan (qui sopra) al fianco del responsabile del Fronte di liberazione curdo in Italia Ahmet Yaman e del portavoce per l'Europa Akif Hasan