Amato; facciamo le riforme anche da soli

Amato; facciamo le riforme anche da soli La diatriba a distanza con il presidente del Consiglio è proseguita ieri con un attacco alla Bicamerale Amato; facciamo le riforme anche da soli «Non voglio essere un ministro che non combina nulla» ROMA. L'ultimo sassolino dalla scaqw Giuliano Amato se lo leva al momento di salire sull'auto che lo riporta in ufficio, in via del Giardino Theodoli: «Non voglio entrare nel merito dei nomi, Bonino sì, Bonino no, ma quella di una donna al Quirinale ò una candidatura che sta crescendo». Prima, da Palazzo San Macuto, davanti a Oscar Luigi Scalfaro e Luciano Violante che ascoltavano senza battere ciglio, è andata anche peggio. «Non sarei disposto a vedere il mio incarico svanire in un kafkiano nulla. Mi si impedisce di dar vita a delle intese per le riforme, mi si impedisce di esprimere opinioni: è una manifestazione surrealista di quella bizzarria politica che talvolta si manifesta in Italia». Nella sala di Palazzo San Macuto non vola una mosca, il capo dello Stato è immobile, Violante sembra preoccupato, e più tardi si affretterà a dire «il ministro Amato ha ragione, il Paese ha bisogno delle riforme, io stesso mi chiedo cosa fare della Sala della Regina, di due segretarie, otto computer e due armadi di carte». Sarà stato il caso che Amato abbia colto proprio l'occasione, la presentazione del libro «Stato della Costituzione» di Guido Neppi Modona, uscito un anno fa dal Saggiatore, per la sua sortita polemica. Ma di certo, il giorno prima il Dottor Sottile era stato bacchettato da D'Alema in piena conferenza stampa a Palazzo Chigi, ((Amato ha lanciato la candidatura di una donna alla presidenza della Repubblica, non vorrei che ce la facesse trovare già al Colle». E polemica con D'Alema era stata, ieri, anche sul tema della riforma delle pensioni. Naturalmente, le prese di posizione di due cariche politiche di primo piano sono parte ovvia della dialettica di governo, ma i rapporti AmatoD'Alema non sempre sono stati facili. L'attuale premier e l'ex presidente del Consiglio che ha aperto la stagione del risanamento delle casse pubbliche, hanno percorso una lunga via prima di ritrovarsi alleati in politica. Una fase nella quale Amato sottolineava l'origine comunista di D'Alema, rimproverandogli un iisum delphini della «componente» socialista nella Cosa 2. La quale nacque, peraltro, proprio da un incontro tra i due a New York. E anche ieri, il ministro per le riforme istituzionali ha demolito pezzo per pezzo il lavoro svolto dalla Bicamerale, l'elezione diretta del Capo dello Stato «la vedo con favore, ma in una formula che non crei cortocircuiti», «la soluzione in materia di giustizia era imperfetta: non si possono separare le carriere della magistratura in un vuoto di riferimenti istituzionali», e peggio ancora il federalismo: «Disegnava tra regioni, comuni e Stato un triangolo non meno problematico di quello che rende difficile la vita di talune làmiglie». Poi ha ammesso che «le soluzioni prospettate dal lavoro della Bicamerale sono perfettibili». E allora facciamole, queste riforme, «perché nessuna legge elettorale può risolvere quello che è un bisogno non della classe politica, ma della società». Anche la riforma Bassanini, anche l'attuazione del principio di sussidiarietà, hanno bisogno di un diverso quadro istituzionale, «sennò, è come montare un motore da tremila su una Panda, finisce che le ruote vanno ognuna per conto proprio». E' stato a questo punto che Aliato ha fatto il suo all'ondo. Non ci si può occupare della legge elettorale, «mi si dice di attendere il referendum, ma non vorrei che dopo il referendum mi si dicesse che la legge elettorale non si può fare comunque». E insomma, «non vorrei che il mio incarico di ministro per le riforme si trasformasse nell'incarico di presentare libri come riforme, cosa che faccio benissimo anche senza fare il ministro». Il Paese delle riforme ha bisogno, ha detto Aliato, «si può usare l'articolo 138, che è uno strumento e non un feticcio». Si può essere «ingegneri istituzionali» anche se l'opposizione non ci sta, perché «alla maggioranza competono comunque le proprie responsabilità». Un tema questo rilanciato con forza anche da Luciano Violante, «dobbiamo decidere cosa fare della Bicamerale, a gennaio al più tardi ne parlerò con Nicola Mancino». Ma, soprattutto, «c'è un ministro come Amato, nominare lui non è stata una scelta neutra, c'è lo strumento della legge 138, e c'è poi il referendum confermativo». Dunque, le riforme si possono fare, sono l'unica strada per evitare i ribaltoni, «perché In vigente Costituzione ci impone, quando cadi; una maggioranza, di cercarne un'altra in Parlamento». Il dialogo con l'opposizione va mantenuto, ha detto ancora Violante, «ma se l'opposizione non vuole, tocca alla maggioranza». E a quel punto, tra Gianni Letta e Peppino Calderisi, che ascoltavano in platea, è scattato un fitto scambio di biglietti. Antonella Rampino L'EX PREMIER «Mi dicono che si deve attendere il referendum ma non vorrei che poi mi dicessero che la legge elettorale non si può fare comunque» VIOLANTE «Bisogna mantenere un dialogo con l'opposizione ma se non c'è accordo tocca alla maggioranza assumersi le proprie responsabilità» Luciano Violante, Domenico Fisichella e il ministro per le Riforme Giuliano Amato

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