Il Pool: Berlusconi subilo a processo di Paolo Colonnello
Il Pool: Berlusconi subilo a processo «Corruzione nel caso Sme-Buitoni», Colombo e la Boccassini chiedono il rinvio a giudizio immediato Il Pool: Berlusconi subilo a processo «Ha comprato una sentenza» MILANO. Richiesta di rinvio a giudizio immediato per corrazione in atti giudiziari. Ritorna ad essere caldo il fronte giudiziario per Silvio Berlusconi: ieri i pm Ilda Boccassini e Gherardo Colombo hanno depositato il provvedimento con il quale chiedono al giudice delle indagini preliminari Alessandro Rossato di mandare a processo il Cavaliere e altri imputati con l'accusa di avere impedito, corrompendo alcuni magistrati, che nel 1985 il colosso alimentare dell'In, la Sme, venisse acquistato dalla Buitoni dell'ingegner Carlo De Benedetti «Non avevo mai pensato che si comprassero sentenze. Ma poi ho cambiato opinione...». Così aveva dichiarato davanti ai magistrati, il 4 dicembre scorso, l'ingegnere di Ivrea che adesso viene individuato nella richiesta di rinvio a giudizio come «parte offesa», guadagnandosi l'opportunità di costituirsi parte civile contro l'avversario di sempre. Oltre a Berlusconi devono rispondere dell'accusa l'onorevole Cesare Previti, l'imprenditore Michele Ferrerò, gli ex giudici Renato Squillante e Filippo Verde e l'avvocato civilista Attilio Pacifico. Secondo la Fininvest, «non esiste alcun elemento di fatto che valga a dimostrare il coinvolgimento del gruppo e dell'allora presidente Berlusconi in fatti di rilevanza penale riguardo a rapporti con la magistratura romana». A distanza di 24 ore dalla mancata presentazione degli indagati per un interrogatorio considerato da tutti una pura formalità, i pm hanno dunque deciso di chiudere ufficialmente l'istnittoria nata dalla scoperta di un conto a Zurigo del defunto Pietro Balilla servito per il pagamento di alcune tangenti a De e Psi che gli consentirono, nel '90, di acquistare un pezzo della Sme. Indagando su questo conto, i magistrati, scoprirono poi che il 2 maggio del 1988, 750 mila dollari erano stati accreditati an- che su un deposito svizzero di Attilio Pacifico da cui erano partiti poi 200 milioni pei l'allora giudice di primo grado Filippo Verde, assurto in seguito al grado di capo di gabinetto del ministero di Grazia e Giustizia. Inoltre un altro milione di dollari, il 26 luglio dello stesso anno, era stato bonficato in gran parte su un conto di Previti (850 mila dollari! e su quello di Renato Squillante (100 mila dolimi). Perché? Convocato in procura, Guido Balilla, figlio di Pietro, non seppe spiegarsi i versamenti decisi dal padre ai due avvocati che, specificò, non avevano mai svolto attività per il gnippo di Panna. Le date riferite sui documenti provenienti dalla Svizzera coincidevano però con un evento giudiziario importante per la vicenda Sme, che sul finire degli Anni 80 aveva infiammato il mondo politico della prima Repubblica. Il 2 maggio 1988, scrivono i magistrati nel loro provvedimento, è da considerarsi «data immediatamente successiva alla lettura del dispositivo della prò- ìumcia con cui la Corte di Cassazione rigettò il ricorso della Buitoni». Mentre il 26 luglio 1988 è «la data immediatamente successiva al deposito della stessa sentenza». Inoltre Filippo Verde era il giudice che, il 23 giù- gno 1986, dichiarò non valido l'accordo raggiunto da De Benedetti con Uri per l'acquisto della Sme. Un'intesa saltata all'ultimo minuto d'allora ministro delle Partecipazioni Statali, Clelio Darida, si allontanò per una telefonata dalla stanza in cui avrebbe dovuto firmare il contratto) per un'offerta improvvisa di 600 mibardi presentata da una cordata concorrente: la Iar, formata in fretta e furia da Berlusconi, Ferrerò e Balilla, con la scaltra regia del commerciabsta filosocialista Pompeo Locatelli. Era l'epoca in cui, a Palazzo Chigi, imperava Bettino Craxi. Mentre sulla poltrona di presidente dell'In sedeva Romano Prodi. E fu con lui che il 29 aprile di 13 anni fa, De Benedetti raggiunse un'intesa, siglata nella sede di Mediobanca sotto gli occhi di Enrico Cuccia (sentito come testimone per due volte) per acquistare dall'industria statale la sua finanziaria alimentare. La Sme sarebbe dovuta così passare sotto l'ala della Buitoni per un prezzo convenuto di 497 miliardi, come deliberato il 7 maggio 1985 dal consiglio d'amministrazione dell'Iri. Ma l'accordo salto: Bettino Craxi, infuriato, ritenne che il prezzo convenuto non fosse «congruo». Ed è da qui che, secondo i magistrati, partì la controffensiva di Berlusconi. Il 25 maggio un tale Italo Scalerà, commercialista, ex compagno di liceo di Previti, presentò per conto di un misterioso imprenditore un offerta di 550 miliardi all'Ili. «Quell'imprenditore - ha rivelato ai magistrati Scalerà - era Berlusconi». Tre giorni dopo Scalerà scomparve e si fecero avanti con la Iar il Cavaliere, con Ferrerò e Balilla, provocando la decisione di De Benedetti di rivol gersi in tribunale chiedendo il sequestro delle azioni Sme. Ma il 25 giugno, il tribunale, presieduto dal giudice Carlo Izzo (che secondo Stefania Ariosto, nell'88 partecipò con Previti al viaggio a Washington per festeggiare Craxi «uomo dell'anno»), respinge la richiesta. Il 17 gennaio '86, Uri, rinnegando le proprie decisioni, dichiara valida solo l'offerta Iar. Il 19 luglio il giudice Verde sentenzia che il protocollo d'intesa tra Buitoni e Ili «non segnava il perfezionamento di un contratto». L'ultima parola toccò alla Cassazione, 19 aprile '88: l'accordo lri-Buitoni era privo di valore senza il benestare del ministro Darida. Paolo Colonnello Fininvest: «Non ci sono elementi per coinvolgere il nostro gruppo» Forse De Benedetti parte civile Silvio Berlusconi con Carlo De Benedetti all'epoca in cui i rapporti fra i due imprenditori erano buoni Qui sopra l'ex capo dei gip romani Renato Squillante
Luoghi citati: Ivrea, Milano, Svizzera, Washington
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