«Non ho organizzato nessun depistiggio»
«Non ho organizzato nessun depistiggio» Dalle testimonianze emergono alcune incongnienze che potrebbero aiutare la difesa del questore «Non ho organizzato nessun depistiggio» Forleo in cella: uscirò a testa alta da questa vicenda ROMA. Dopo la prima notte trascorsa nella cella 246 del carcere militare di Forte Boccea - proprio lui che contribuì a far togliere le stellette dalle divise della polizia il questore Francesco Forleo continua a mostrarsi «tranquillo e sereno, sicuro di uscire a testa alta da questa vicenda». E' quello che riferisce il suo avvocato, il senatore Guido Calvi, dopo tre ore di colloquio con lo sbirro democratico accusato di omicidio, calunnia, minaccia e falso per aver commesso e poi «coperto» l'omicidio del contrabbandiere Vito Ferrarese, a Brindisi, nel giugno di tre anni fa. Con l'ordine di arresto firmato dal gip di Lecce Pietro Baffa sul tavolo e l'avvocato di fronte, Forleo ha ricostruito ancora una volta quella notte maledetta, quando dall'elicottero della polizia qualcuno - Forleo in persona, secondo i magistrati - sparò e uccise il contrabbandiere in fuga sul suo motoscafo. «Non è certo nemmeno che a sparare il colpo mortale sia stato il questore», precisa Calvi. Però il proiettile estratto dal cadavere era uscito dalla sua pistola d'ordinanza. «Sì, ma le pistole furono scambiate tra i vari protagonisti», ribatte il legale. E il depistaggio? Quella messinscena della mitraglietta sistemata e l'atta trovare dai poliziotti sul motoscafo col cadavere a bordo, per sostenere la tesi del conflitto a fuoco? «A questo Forleo è totalmente estraneo continua Calvi -; nessuno fa riferimento alla sua partecipazione diretta in questa fase, e lui, in quel momento, era sull'ambulanza per accompagnare in ospedale il ferito». I testimoni e coindagati del questore, tuttavia, riferiscono che Forleo avallò l'operazione di copertina. E l'altro giorno, nell'ufficio di polizia dove gli è stato notificato l'ordine di arresto, il questore ha detto: «Non posso negare di aver intuito in seguito qualcosa, ma il depistaggio non l'ho organizzato io. Ero all'ospedale». Eppure il pm, nella sua richiesta di arresto, scrive che Forleo «ha massicciamente partecipato all'attività di inquinamento delle prove successiva all'omicidio». Sulla «messinscena» verterà gran parte dell'interrogatorio con il gip Baffa e il pm di Brindisi De Castris fissato per domani, e c'è da ritenere che sarà un confronto serrato, anche perché la difesa del questore trova qualche appiglio proprio nel provvedimento che l'ha portato in carcere. Dalle testimonianze racchiuse nelle 27 pagine dell'ordinanza, infatti, emerge che qualcuno, a bordo dell'elicottero che inseguiva il motoscafo dall'alto, disse: «Stanno sparando». Lo riferiscono praticamente tutti i testimoni della vicenda, ma nessuno sa attribuire la frase con certezza a qualcuno. Se ne deduce che potrebbe averla pronunciata lo stesso Forleo, mai chiamato a deporre su questa vicenda, e questo avvalorerebbe la tesi dell'autodifesa. Il senatore Giovanni Pellegrino, presidente della commissione Stragi e avvocato di Lecce che ieri ha fatto visita con due colleghi parlamentari a Forleo, commenta: «Da quello che ho letto sembra plausibile che dall'elicottero si sia sparato nella consapevolezza che pure dal motoscafo stavano facendo fuoco». Nessun testimone afferma di aver udito spari provenire dal mare, ma uno dei principali accusatori di Forleo, l'allora vicecapo della Squadra mobile brindisina Giorgio Oliva, conferma un altro ricordo del questore: «Per due tre secondi ho intravisto un luccichio della cui natura non riesco a dare alcuna spiegazione», dice Oliva, mentre per il questore poteva essere il riflesso di un'arma. Ancora, sul depistaggio e l'idea di far trovare la mitraglietta, le dichiarazioni degli altri due protagonisti della storia - lo stesso Oliva e il vicequestore Pietro Antonacci, all'epoca capo della Mobile - non coincidono. Alzi, sono in contrasto tra loro sia su quanto avvenne sulla banchina, quando approdò il motoscafo dei contrabbandieri, sia sull'ideazione del piano, sia sulle versioni concordate da riferire in seguito. In sostanza Oliva dice di essere stato messo in mezzo nonostante le sue resistenze e perplessità, mentre secondo Antonacci anche lui era consapevole e consenziente. Lo stesso gip Baffa ammette i contrasti tra le due versioni, ma evidentemente gli sono state sufficienti le coincidenze su altri punti, oltre alle «deduzioni logiche». Non vuole parlare, il giudice che ha deciso l'arresto-choc del questore di Milano, tranne che per replicare a certe critiche, arrivate soprattutto dal mondo politico: «Molti parlano senza conoscere le carte. Qui ci sono centinaia di pagine di verbali, ci sono le altre inchieste sui poliziotti, non è che ci siamo mossi senza valutare tutto. Spero che l'associazione magistrati o il Csm difendano la nostra posizione». Il giudice fa riferimento all'operazione «Giano», che nei mesi scorsi ha portato in galera altri sbini di Brindisi, chiamata così in onore di Giano Bifronte, per sottolineare la doppiezza delle persone coinvolte, rappresentanti della legalità protagonisti a loro volta di malefatte e comportamenti illegali. Ma come mai, visto che le versioni di Oliva e Antonacci non coincidono (e dunque qualcuno mente, e potrebbe avere interesse a imbrogliare le carte) in galera è finito soltanto Forleo? La richiesta del pm si limitava a Forleo e ad altri due poliziotti coinvolti, Filomena e Carbone, e il gip a quella doveva rispondere. Aitonacci s'è risparmiato l'arresto presentandosi spontaneamente ai magistrati «ritenendo che siano in corso indagini preli¬ minari nei miei confronti», come ha specificato all'inizio dell'interrogatorio. E anche se la sua deposizione non ha chiarito tutti gli aspetti della vicenda, ha evitatola galera. A Forleo è andata peggio, lui non è andato dai giudici e nessuno l'ha chiamato. In più, secondo il pm stava tentando di inquinare le prove, come dimostrerebbe la «tempesta di telefonate» con le quali Forleo ha cercato Oliva fino ai primi di novembre, senza riuscire a parlargli. «Giustificare l'arresto sulla base di questo mi sembra del tutto infondato e illegittimo», accusa l'avvocato Calvi, che aggiunge: «Se i fatti addebitati rimangono questi e non verranno costruiti castelli impropri, credo che tutto si risolverà in tempi brevi e in termini favorevoli». Giovanni Bianconi I due accusatori si contraddicono nella ricostruzione dell'accaduto Il gip sulle polemiche legate all'arresto «Chi parla non ha letto le carte, spero che il Csm ci difenda» Alcune telefonate all'origine del tentativo di inquinare le prove Vito Ferrarese A destra: l'ispettore Filomena, i! questore Forleo e il vice Antonacci quando erano in servizio a Brindisi
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