«Ma anche la Turchia rischia»

«Ma anche la Turchia rischia» «Ma anche la Turchia rischia» // capo dell'Ice: laggiù diamo molto lavoro ROMA. Ha appena parlato al telefono con il direttore della rappresentanza a Istanbul, Giovanni Giordano, per avere le ultime informazioni. Adesso sta preparando la riunione che, oggi, metterà attorno allo stesso tavolo gli imprenditori italiani che operano in Turchia e gli uomini del governo. C'è aria da «cellula di crisi» in questa grande stanza con i mobili di legno chiaro al secondo piano del palazzo dell'Eur dove ha sede l'Istituto per il Commercio con l'Estero. Ma il professor Fabrizio Onida, bocconiano, docente di Economia Internazionale, da un anno e mezzo presidente dell'Ice, non perde la calma. Che cosa dicono le vostre antenne in Turchia? «Che siamo in una fase estremamente fluida. Arrivano altre notizie di boicottaggi di prodotti italiani, come quelli decisi da due catene di supermercati. Ma, perora, il governo di Ankara non ha adottato alcuna misura ufficiale di boicottaggio. Non ci sono blocchi in dogana, non ci sono divieti d'ingresso per lo nostre merci. E questo, al di là dell'emozione del momento, deve ossero valutato con attenzione». Pruni segnali di un atteggiamento meno incendiario? «Ci vuole cautela. Non si possono affrettare i giudizi. Ne parleremo qui oggi. Ma l'intervento del Commissario europeo, Jacques Santer, è stato molto importante. 1 turchi devono capire che un boicottaggio ufficiale contro l'Italia significherebbe la rottura dell'accordo di unione doganale che è entrato in vigore il primo gennaio del 1991S e che Ankara ha voluto con tutte le sue forze. E' dal 1963 che la Turchia ha cominciato la sua marcia di avvicinamento all'Europa: l'unione doganale è il risultato più grosso che ha ottenuto. Rompere questo patto sarebbe molto grave per la Turchia». Anche se il boicottaggio colpisce soltanto l'Italia? «Una misura formalo di boicottaggio contro uno dei Paesi dell'Unione europea rappresenterebbe comunque violazione dell accor¬ do. Non è in discussione un rapporto bilaterale Italia-Turchia. Il rapporto è Ira Europa e Turchia» Il governo turco non adotta sanzioni ufficiali, ma incoraggia le proteste... «C'è un boicottaggio dal basso alimentato dall'alto. E' un caso senza precedenti. Si, c'è stata la cani pagna "comprate francese" lanciata a Parigi o quella simile tentata in Corea. Ma qui siamo di fronte a una situazione esplosiva. E molto grave è stato l'oscuramento delle reti tv italiane. Anche se, per questo, non vale l'accordo di unione doganale. Cosi conio non vale per le commesse milita ri». Il livello di tensione tra gli imprenditori italiani aumenta? «C'è grande preoccupazione. La Turchia è al dodicesimo posto tra i partner dell'Italia, subito dopo il Giappone, con un volume di esportazioni di 7481 miliardi, contro 2f)tit> miliardi di importa zioni. E ci sono 130 joint-venture che operano in Turchia. Onesto, tra l'altro, significa che le imprese italiano danno anche lavoro a migliaia di turchi e che una ipotetica rottura commerciale rappresenterebbe un disastro anche per la Turchia». E' fiducioso sullo sbocco della crisi? «Mi auguro che, ila parte turca, si comprenda che il commercio non è latto ne tli piccoli imbrogli, ne tli minacce. Ci sono delle regole che vanno rispettate. Ci sono gli accordi che tutti gli Stati di diritto devono onorare. Così il commercio diventa fattore ili sviluppo e può anche aiutare a superare le polemiche», Enrico Singer IH « P| 1 Il presidente dell'Istituto per il Commercio con l'Estero Fabrizio °lllda

Persone citate: Enrico Singer, Fabrizio Onida, Giovanni Giordano, Ira Europa, Jacques Santer, Onesto