L'Italia vince la battaglia dell'Onu

L'Italia vince la battaglia dell'Onu Sconfìtti tutti i Grandi, esulta l'ambasciatore Fulci: ce l'abbiamo fatta, non finiremo in B L'Italia vince la battaglia dell'Onu Maggioranza qualificata per mutare il Consiglio di Sicurezza NEW YORK NOSTROSERVIZIO Doveva essere una battaglia all'ultimo voto dall'esito incerto, e invece si è conclusa senza combattere, con la «resa» di quelli che per peso e «lignaggio» erano i più forti. Così, l'Assemblea generale dell'Orni ha decretato con una dichiarazione «per consenso» (sottinteso: con l'approvazione di tutti) che «nessuna risoluzione o decisione riguardanti la membership del Consiglio di Sicurezza deve essere adottata senza la maggioranza di almeno i due terzi dei membri del'Assemblea Generale». E' la posizione che avevano sostenuto l'Italia e gli altri Paesi del cosidetto «club del caffè», l'alleanza contro l'aggiustamento «rapido» del Consiglio di Sicurezza, il che vuol dire che anche se alla l'ine non si e combattuto, i vincitori e i vinti ci sono stati eccome. I vinti sono Paesi che solo a nominarli, per chi ò uso alle «prove di forza» che ogni tanto avvengono all'Orni, c'è da tremare; Stati Uniti, Giappone, Germania, Fi-ancia, Gran Bretagna, Brasile, India. Loro vogliono che ^adeguamento ai tempi» del Consiglio di Sicurezza consista nel puro e semplice inserimento fra i «grandi», cioè fra i membri permanenti, di Giappone e Germania, in riconoscimento della potenza economica che hanno sviluppato dopo la fine della guerra che li vide sconfitti e del fatto che gli «equilibri» usciti appunto dalla guerra non hanno più ragione di esistere. L'Italia e gli altri (fra i principali Canada, Messico, Pakistan, Egitto, cui all'ultimo momento si sono aggiunti Russia e Cina) sostengono invece che il nuovo equilibrio sarebbe meglio servito con un sistema di Paesi «semi-permanenti» a rotazione, che garantirebbe una maggiore rappresentatività ne) «governo dei mondo». Ma la battaglia di j ieri non era di sostanza bensì di procedura. Si trattava infatti di ' decidere quale maggioranza dovesse essere necessaria per adottare la riforma. Il «blocco Usa» chiedeva la maggioranza semplice della metà più uno, confidando sulla possibilità di ottenere, al momento del voto, l'assenza strategica di molti delegati colpiti da impellenti necessità fisiologiche, il cosiddet- to «lavatory factor». Il «blocco Italia» chiedeva invece, basandosi oltre tutto sui regolamenti esistenti, che la maggioranza dovesse essere dei due terzi dei membri dell'Orni, senza tener conto di presenti e assenti, proprio per neutralizzare il «lava- tory factor». Al momento del dunque il «blocco Usa» si è reso conto che non ce l'avrebbe fatta, ha ritirato la propria mozione e ha evitato magari non il «bagno di sangue», come ha detto un funzionario della missione italiana preso dall'euforia, ma certamente una sconfitta imbarazzante. Euforico, naturalmente, anche l'ambasciatore Francesco Paolo Fulci, da sempre impegnato in prima persona in questa battaglia. «Abbiamo vinto il campionato», diceva ieri incontenibile. «Non finiremo in serie B. Abbiamo avuto contro tutti i venti e le maree ma alla fine ce l'abbiamo fatta. Ora, prima che si riparli di aggiustamento rapido del Consiglio di Sicurezza ci vorranno almeno dieci anni», e via congratulandosi con se stesso, con la «ferma posizione di tutti i governi succedutisi in questi anni», con i suoi funzionari che non si sono concessi tregua nel «lavorarsi» i loro colleghi degli altri Paesi in numero di dodici ognuno. Un pensierino, l'ambasciatore, lo ha mandato anche a quelli che «non credevano in questa battaglia e che ci avevano ripetutamente sconsigliato di insistere». Chi saranno? Fulci non lo dice, ma sembra di capire che quei signori fossero annidati a Roma. E' abbastanza probabile infatti che l'idea di mettersi contro gli Stati Uniti fosse considerata «non priva di prezzo», e del resto non è ancora detto che qualcosa da pagare non ci sia. Franco Patitaceli ■ I

Persone citate: Francesco Paolo Fulci, Franco Patitaceli ? I, Fulci