«Uno schiaffo al nostro orgoglio» di Marco Ansaldo

«Uno schiaffo al nostro orgoglio» «Uno schiaffo al nostro orgoglio» Per il Galatasaray è «un altro scandalo» ISTANBUL DAL NOSTRO INVIATO Da ieri sera, in Turchia, qualcuno s'è concesso una ragione in più per bruciare le bandiere italiane. La decisione, dell'Uefa, di rinviare d'una settimana la partita con la Juventus, è volata come uno schiaffo a colpire l'orgoglio del Galatasaray e di molta gente cui non importa nulla del pallone, ma adesso pesa l'affronto. Se da Ginevra volevano risolvere la questione delicata della sicurezza, non potevano escogitare di peggio. Nella palazzina a Florja, dove i turchi sono in ritiro, il clima s'è fatto pesante. «Una cosa terribile, uno scandalo», ripete Terim, l'allenatore, e i giocatori non sanno se sorridere, perché finalmente possono tornare a casa, dopo tre giorni di clausura, o arrabbiarsi. «Hanno distrutto la nostra concentrazione», dice il Lippi della Turchia. Risuonano parole forti. Cade l'impalcatura di sorrisi e gentilezze che aveva retto benissimo per una settimana per dimostrare che questa vicenda di sport non doveva contaminarsi di politica. Il calcio turco si vede nudo e sopraffatto. Impotente. «L'Uefa ha perso il proprio onore tuona Atilla Donat, il vicepresidente -. Ha giocato la sua partita per la Juve senza dare alcuna importanza alle assicurazioni nostre e di un primo ministro». Tra una settimana, assicurano, gli animi saranno ancora più infiammati e persino chi non riteneva la Juventus minimamente coinvolta nello sfaccettato pastrocchio del caso Ocalan ora le si schiera contro. «Hanno fatti i furbi», dice Terim. E qualcuno teme che non sia finita. Il rinvio potrebbe essere solo il primo passo per spostare la partita in campo neutro, adducendo il fatto che nei prossimi giorni la situazione non potrà migliorare. Per il momento il Galatasaray non ha preso nessuna decisione sui 23 mila biglietti che erano già stati venduti: in teoria dovrebbero valere per mercoledì prossimo, ma il sospetto che siano da buttare cresce di ora in ora. «Adesso odiamo anche la Juve», è il messaggio che si coglie nei commenti in tv. Brutta storia, bruttissima. «Non c'era niente di ragionevole nelle incertezze dell'Uefa, ce n'è ancor meno adesso - sostiene l'allenatore -. Mi dicano con chiarezza che noi non dobbiamo proseguire nella Coppa e che lo deve fare la Juve, perché è potente. Mi dicano se è questo che vogliono, almeno mi metto in pace e gioco per il secondo posto. Tanto non è la prima volta che succede». Terim si era già arrabbiato in mattinata, quando gli avevano comunicato che avrebbe arbitrato il francese Veissière. «Quello era un segnale. Deschamps, il capitano della nazionale francese gioca nella Juventus, come Zidane e Blanchard, e l'Uefa sceglie un arbitro del loro Paese. Perché allora non hanno puntato su un rumeno, visto che io ne ho tre in squadra. Un segnale. La Juve è forte ma non credevo che lo fosse tanto. Vengo, non vengo e l'Uefa che non riusciva a decidere». E' difficile immaginare cosa succederà tra una settimana. Se la pressione che sta cuocendo il Galatasaray lo porterà alla bollitura oppure aumenterà la sete di rivincite e quindi avremo una partita ancor più animosa. A Florja i muri riportano la massima di Ataturk: «Io amo lo sportivo forte, abile e leale». Chissà cosa penserebbe il padre della repubblica di fronte a questi calciatori nauseati e stupefatti. Terim è prostrato. «Altri giorni così, e chi li regge? Io sono mi allenatore di football, quello è il mio mestiere, ma da quando è scoppiato il problema di Ocalan non capisco più cosa faccio, né chi sono. Un politico? Un parlamentare? Mi sento come un vigile che dirige il traffico, non ho più il tempo di pensare alle cose tecniche perché devo preoccuparmi di tenere calmi i giocatori, devo lanciare i messaggi ai tifosi, devo ascoltare il primo ministro che mi telefona per danni bei messaggi, perché noi turchi abbiamo ragione e rischiamo di passare per quelli che hanno torto. Tutto quanto mi disturba. Mi aspetta un'altra settimana di stress. Ne ho abbastanza. Ma forse è questo che voleva la Juventus». L'avversario dell'altro ieri è diventato il nemico. Neppure la diplomazia di Terim riesce a nasconderlo. «Vengono, non vengono. Facciano quello che vogliono, certamente non si aspettino che saremo molto ospitali, fiori hi campo non ne getteremo. Neppure i sassi, perché da noi non si usa farlo quanto in Italia, dove si bagnano le piste attorno ai campi perché i razzi e i fumogeni non le incendino. Siamo il popolo più ospitale del mondo, non c'è un posto in tutta l'Europa dove la Juve può stare più al sicuro. Ma i loro dirigenti hanno persino abusato dei giocatori, gli hanno istillato la paura. Ebbene crederò alla loro sincerità se non verranno a giocare a Istanbul, pagandone le conseguenze. Allora dimostreranno che i loro timori erano reali. Altrimenti sarà stato un trucco per mettere sotto pressione l'Uefa e la gente, e per provare a giocare in campo neutro dove sarebbero avvantaggiati, perché noi ci scaricheremmo. Comunque da qualche giorno sentivo puzza di bruciato». Forse non c'erano molte vie d'uscita per chi non credeva alle assicurazioni dei turchi. La settimana di riflessione tiene tutte le strade aperte. Tuttavia, chi ha provocato questo pateracchio alla don Abbondio ha replicato nel calcio la situazione che Italia e Turchia vivono in politica: le relazioni tra Juve e Galatasaray sono sull'orlo della rottura come quelle dei due governi. «E pensare che non sarebbe successo niente - ripete l'allenatore turco -.Noi sappiamo che anche il minimo episodio negativo ci avrebbe condannati davanti al mondo. L'avrei detto a Lippi se mi avesse telefonato per chiedermi la verità: nessuno avrebbe torto un capello alla Juve. Come lui, alzando una mano, sarebbe in grado di bloccare qualsiasi incidente a Torino, io lo posso fare a Istanbul. Ora siamo a questo punto. Ci hanno detto che giocheremo a Istanbul tra una settimana ma potrebbero dirci che la partita si farà sulla Luna, così saremo anche più tranquilli. 0 a Torino, perché no? Ma tutto quanto è successo per me rimane incomprensibile. Anzi uno scandalo». Marco Ansaldo L'allenatore Terim «Adesso è crollata la nostra concentrazione per il match» «L'odio ora tocca anche la Juve» è il messaggio che lanciano le televisioni Marcello Lippi e l'allenatore turco Terim nella partita di andata