La Turchia spegne il canale della Rai di Mimmo Candito

La Turchia spegne il canale della Rai Ma il governo getta acqua sul fuoco: mai parlato di boicottaggio dei prodotti italiani La Turchia spegne il canale della Rai Perché non offendano il nostro popolo» « ISTANBUL DAL NOSTRO INVIATO In casa di llnur Kuckum, ieri pomeriggio la tv si è guastata. Erano le 18,22, ora locale, e il giovanotto Kuckum c'è rimasto male: stava guardando le cronache parlamentari di Rai 1 - che magari non saranno il massimo delle offerte spettacolari ma a lui comunque servivano - e all'improvviso, ecco che lo schermo è diventato nero. Però, che qualcosa non quadrasse bene lo svelto giovanotto - studente a Scienze Politiche dopo aver studiato al Liceo Italiano - ha cominciato a sospettarlo quando si è reso conto che il black-out ce l'aveva soltanto il canale della Rai, mentre per ogni altra trasmissione che lui smanettava con il telecomando le immagini proseguivano senza intoppi apparenti. Ci ha provato e riprovato, ma il risultato non cambiava mai. La guerra è guerra, s'è detto allora llnur, che conosce i suoi connazionali; e si è trasferito rassegnato sul canale 27, dove in quel momento davano «Derinlcrdeki carpisma», appassionante pellicola militare. Ieri pomeriggio dunque, la Tur- chia ha deciso di tagliar fuori dalle sue frontiere la televisione italiana. Finora, c'erano state minacce e provvedimenti che riguardavano il boicottaggio delle nostre merci, e s'era dato fuoco a un frigo Ariston che non funzionava più, a una vecchia auto Fiat, a qualche pneumatico fuori uso, e anche a una cravatta Armarli in buono stato (immortalata perciò dal fotografo del «Milliyet»). Però, quando poi dal blocco di scarpe e arance si passa a bloccare anche la libera circolazione delle idee, allora il salto di qualità è enorme. A simili tentazioni cedono volentieri le dittature; che ora Ankara ci sia arrivata senza particolari incertezze dà molto fiato a coloro che, in Europa, guardano preoccupati al progetto di accogliere nell'Unione anche questa Turchia. Ma l'oscuramento pare il primo grosso errore della guerra che Yilmaz ha voluto scatenare contro l'Italia. La Turchia ha sempre badato bene che le manifestazioni di questi giorni apparissero come «protesta spontanea del popolo», anche quando si parlava di boicottaggio; ed è inattaccabile giuridicamente pure la scelta del mini- stero della Difesa di non invitare ditte italiane alle sue aste (un governo invita chi vuole). Ieri, anzi, preoccupato di evitare sanzioni internazionali, il ministro del Commercio, Gunes Taner, ha voluto precisare che «mai abbiamo parlato ufficialmente di boicottare l'Italia, noi non prendiamo decisioni affrettate e stiamo studiando, piuttosto, misure tariffarie a difesa dei nostri interessi». Insomma, il governo grida e manovra la piazza ma bada bene a nascondere la mano. Il black-out di ieri, però, apre una vistosa falla in questi esercizi di bugiarderia: promosso dalla Turk Telekom, che è società pubblica e fa capo al ministero delle Poste, diventa motivazione ineccepibile per le condanne dell'Europa. Nell'ufficetto dell'Associazione dei Diritti Umani (Isan Haklari Dernegi), in un buco che sta al fondo delle stradine della vecchia Costantinopoli, nessuno comunque si è mostrato sorpreso, alla notizia di questa nuova violazione. «In Turchia lo stato di diritto è ancora un processo di difficile realizzazione», aveva appena detto la signora Eren Keskin, che fa l'avvocato e dirige l'Ihd. L'avvo¬ cato Keskin è un donnino elegante e minuto, di molto coraggio: s'è già fatta 6 mesi di carcere per avere detto pubblicamente la parola «Kurdistan», e tra poco tornerà in carcere, stavolta per 12 mesi, per aver detto ancora «Kurdistan». Questa è la Turchia. E l'Ihd è la bestia nera dei governi di Ankara, perché gli mette a nudo le ipocrisie formali con le quali quelli pretendono di rappresentare una presunta osservanza delle regole della democrazia. «La Turchia ha perfino firmato documenti dell'Unione europea sul rispetto dei di- ritti umani. Solo che, poi, dimentica di trasfondere questi principi nella sua legislazione e, soprattutto, nella pratica dell'esercizio di governo». E il punto più drammatico di rottura è, naturalmente, il problema curdo. «Noi condanniamo ogni forma di violenza, da chiunque essa provenga», spiega subito la presidente dell'Ihd (organismo indipendente associato ad Amncsty International). «Condanniamo certamente le violenze praticate dal Pkk, ma condanniamo allo stesso modo le violenze dell'esercito nel Kurdistan. E non possiamo ignorare che la violenza del Pkk è spesso una reazione alla repressione militare con la quale il governo pretende di risolvere quel problema». Il governo intanto sta per cadere, con il voto di sfiducia di domani. Però Yilmaz si è accordato con la sua ex nemica Tansu Ciller (entrambi sono pesantemente accusali di corruzione) ed eviterà la commissione d'inchiesta. La Borsa, felice per la bella ammucchiata, ha avuto un balzo del 7,3 per cento. Questa è la Turchia. E quando, più tardi, llnur è tornato sul canale della Rai, lo schermo nero aveva ora una scritta: «Disprezziamo il comportamento illegale del governo italiano, e per non offendere più il nostro popolo interrompiamo le trasmissioni tv dall'Italia». Che faccia. Mimmo Candito La pasionaria dei diritti umani: non c'è democrazia Corteo di auto e la sorella di una vittima dei curdi davanti all'ambasciata italiana ad Ankara

Persone citate: Eren Keskin, Gunes Taner, Keskin, Tansu Ciller, Turk, Yilmaz