Ritorna Evola cosmopolita e dada di Marco Vallora

Ritorna Evola cosmopolita e dada Milano, la pittura di un antimoderno Ritorna Evola cosmopolita e dada CMILANO URIOSO, sino a pochi anni fa una terribile damnatio memoriae, una radicale I cancellazione perfino del suo nome, aveva colpito un pensatore atipico come Julius E vola. Soltanto Vanni Scheiwiller, con le sue piccole, preziose edizionei, continuava a sfidare questo incandescente interdetto (ne parla nell'articolato volume Evola e l'Arte delle Avanguardie insieme a saggi di Crispolti, Carli e Tedeschi, che hanno organizzato questa stimolante rassegna sulla quasi totalità della sua opera pittorica). Così, non andrebbe dimenticato il caso emblematico di un tipografo di un importante settimanale, che una decina di anni fa, con eccesso di zelo resistenziale, salvò in extremis la democrazia della carta stampata, espungendo il nome maledetto di Evola da un articolo sul Dadaismo in Italia, sostenendo che non si potevano macchiare pagine immacolate, citando il fantasma dannato di un nazista-razzista-collaborazionista quale Evola (e togliendo paradossalmente ogni senso all'articolo, perché in fondo era stato lui l'unico, vero dada italiano). Oggi, invece, miracoli del trasformismo nazionale, si moltiplicano iniziative editoriali e convegni specialistici a lui dedicati, lo rilegge Cacciari e lo stesso settimanale ora gli riserva pagine innamorate, dopo che De Felice assicurò che il suo era un razzismo esoterico non inquinato da teorie biologiche e dopo che una lettura non sprovveduta dei suoi testi chiarificò la sua posizione intellettuale, non cosi inquinata da connessioni politiche e per di più invisa al fascismo. Certo una figura ancora equivoca, un pensatore della tradizione dalle ramificazioni pericolose, un misterioso dandy dell'intelligenza, ma non cosi compromesso e odioso da liquidare con superficialità. Almeno per quanto riguarda l'arte, è giunto il tempo di rileggere la sua interessante pittura, in quel clima di ripulsa delle avanguardie ma pure di ribellione al Richiamo all'Ordine di stampo Valori Plastici, già riscoperta da Crispolti per una mostra romana nel '63, ma poi subito riawolta dal silenzio. Anche se allora la mostra ebbe un successo quasi di mondanità, e basta leggere i riferimenti agli invidiabili collezionisti di queste opere (lo voleva anche la duchessa Colonna di Cesarò) per trovarsi quasi in una cronaca immaginaria alla Campanile. Quella stessa che il giovane Evola nel 1921 evocava sotto pseudonimo in un «Calendario» sulla Grande Stagione Dada Romana. «Manifestazione Dada al vernissage dell'Esposizione da Bragaglia: J. Evola, la contessina C. Memmo, declamarono poemi di Evola, Tzara, Aragon. Musiche dadaiste di Satie, Schoenberg, Stravinskij, eseguite dalla Marchesa M. de Andagura Andolfi. Pubblico enorme ed elegantissimo. La presentazione teorica di Evola manda 300 cervelli in calze di seta verso la sfera delle mitragliatrici e dell'etere, morte e funerale del Futurismo». Nel 1963, la mostra andò tutta venduta, spingendo il teorico dell'anti-modernismo e dell'«astrattismo mistico» a riprendere in mano i pennelli, per delle repliche flebili, spesso di grotteschi nudi kitsch«afroditici», un po' alla Alberto Martini, che è divertente confrontare con la sua produzione originaria. Ma la sua pittura Anni Venti, che assai deve al maestro Balla ma molto più alle sue fratellanze astrattiste e cosmopolite (oltre che con Tzara era in corrispondenza con Croce, Gentile ed Eliade) è assai intrigante e inconfrontabile, con quelle lettere dilatate che paiono cirilliche, quei Paesaggi interiori, ore 10,30 tra Kupka e Léger, che non potresti confrontare con nessun altro artista italiano del momento, o quelle Aperture di diaframma che veicolano Paesaggi Dadaisti assolutamente originali. Una pittura viaggiante, aerea, subacquea di nuvole geometriche. In conconenza con le sue precoci frequentazioni esoteriche o alchemiche, la sua infatuazione tantrica e la personale ricerca del Graal: ((Assassiniamo l'intelligenza e l'estetica, se voghamo comprendere la bellezza» proclamava su Bleu. La bellezza dadaista, che combatte e cancella se stessa. Marco Vallora Julius Evola Milano. Palazzo Bagatti Valsecchi Tutti i giorni tranne lunedì dalle IO alle 19, fino al 29/11. Convegno alle Stelline il 28 e 29 novembre mmmmmm r - ° in " ìmmm Evola, un «paesaggio interiore» 1920

Luoghi citati: Cesarò, Italia, Milano