Il carisma mediatico «vota» per la Bonino di Filippo Ceccarelli
Il carisma mediatico «vota» per la Bonino IL PALAZZO Il carisma mediatico «vota» per la Bonino HI ha paura dell'Azione Umanitaria e delle sempre più potenti suggestioni che ispira chi sfida fango, bombe, mitra e carestie? Chi si preoccupa, fra gli addetti ai lavori, che per il Quirinale ne venga fuori uno - o una - che abbia non tanto i voti, ma l'aureola mediatica dell'avventura e del rischio? Si capisce perché Clemente Mastella auspichi «una massaia» sul Colle. Eppure, forse anche questo irrealistico e riduttivo desiderio indica che la candidatura di Emma Bonino alla Presidenza della Repubblica ha molte più chances di quello che mostrino le ripristinate logiche partitiche o il gioco mutevole degli schieramenti. E non solo perché si tratterebbe - novità già ampiamente accettata, reclamata e perfino reclamizzata dalle indagini demoscopiche - della prima donna da eleggere al vertice dello Stato. E nemmeno perché tale donna, apprezzatissima commissaria dell'Ue, recherebbe in dote all'Italia quel prestigio internazionale di cui la vicenda Ocalan, ad esempio, ha dimostrato l'assoluto bisogno per cavarsi fuori dai guai in determinate circostanze. Non a caso lanciata da leader d'opinione (da Montanelli a Oliviero Toscani, passando per i professori Panebianco e Pasquino) la corsa della Bonino verso il Colle andrà comunque seguita con attenzione in quanto evoluta e trasversale, esterna e insieme interna al Palazzo, politica e al tempo stesso antipolitica, cosmopolita, moraleggiante, emotiva, narrativa e personalizzata. Un'altra avventura, prevedibilmente. Perché rispetto ai ritmi, al linguaggio, agli scambi, ai compromessi, ai dovuti appetiti e alle inevitabili ambiguità della partitocrazia di ritorno, la Bonino può gettare il peso dei gesti temerari, l'energia delle emozioni in diretta, il potere dello choc televisivo, la sua stessa storia di commissaria europea agli aiuti umanitari I posta già oggi di fronte alle I emergenze di un futuro poli¬ tico che riduce gli uomini al loro minimo comun denominatore: il corpo, il dolore... Vuoi mettere un massacro di profughi bosniaci o un salvataggio di bambini thailandesi con una bella discussione sul doppio turno di collegio o di coalizione? Da anni ormai la Bonino sperimenta su se stessa, sotto gli sguardi del mondo, quanto è avventurosamente sperimentabile: le mosche di Rigali, le prigioni di Castro, l'ameba del Ruanda, i campi minati di Kabul, i 48 gradi centigradi dell'Iraq. In Somalia le hanno sparato contro, in Sudan le hanno bloccato l'aereo, nell'Atlantico l'hanno calata dall'elicottero su un peschereccio, i talebani dell'Afghanistan l'hanno trattenuta per un paio d'ore. Ha poi distribuito siringhe a New York (era il 1991, e l'enorme poliziotto che l'ha fermata voleva sapere se era Cicciolina) e ha perfino ballato il boogie-woogie a Canale 5 per sollecitare finanziamenti per i radicali. Tutto questo le ha procurato, nel tempo, un tale rendimento catodico e una cosi vasta superficie di esposizione mediatica da permetterle, in pratica solo con l'aiuto dei suoi vecchi compagni, di mettere in piedi il tribunale penale permanente sui crimini contro l'umanità (con relative ed immediate minacce di morte da parte di serbi e mafiosi pugliesi). Allevata da Palmella, nominata all'Ue dal Polo, richiesta come ministro da Massimo D'Alema, proposta da Famiglia cristiana «Personalità Europea dell'anno». Una biografia, dopo tutto, che sembra fatta apposta per travolgere ogni calcolo di probabilità politica. Filippo Ceccarelli
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