Onu, aIl'ultimo volo fra Italia e Usa di Franco Pantarelli
Onu, aIl'ultimo volo fra Italia e Usa Washington vuole Bonn e Tokyo nel Consiglio, Roma chiede una struttura più democratica Onu, aIl'ultimo volo fra Italia e Usa Oggi l'Assemblea decide il futuro della grande riforma NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Dopo cinque anni di manovre, minacce, lusinghe e tanto, tanto caffè trangugiato, la questione della riforma del Consiglio di sicurezza dell'Onu arriva oggi a un primo confronto «vero», sotto forma di un voto procedurale ma essenziale. E' come se Davide e Golia, dopo una lunga fase passata a studiarsi e a stuzzicarsi, fossero arrivati al momento del colpo di fionda fatale. Golia, naturalmente, sono gli Stati Uniti, il gigante per antonomasia che per l'occasione ha messo insieme una «armata» costituita da Paesi del calibro di Germania, Giappone, Gran Bretagna, Francia, Brasile. I Davide sono tanti: Canada, Egitto, Messico, Pakistan e la maggior parte dei «piccoli», coordinati dall'Italia attraverso quello che viene chiamato il «club del caffè», una creatura dell'ambasciatore Francesco Paolo Fulci che consiste in una serie in- finita di riunioni mattutine, appunto all'ora del caffè, nelle quali, ormai da anni, si controllano i numeri, si registrano le adesioni e le defezioni nei due campi, si studiano le mosse dell'avversario e si mettono a punto le contromosse. Oggetto del contendere, si diceva, la riforma del Consiglio di sicurezza, detto anche (con speranzosa esagerazione) «il governo del mondo». Golia più che una riforma ha proposto un'aggiunta, cioè l'ingresso puro e semplice di Germania e Giappone fra i membri permanenti che attualmente sono Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna. L'Italia, di fronte al rischio di ritrovarsi condannata a un ruolo di second'ordine, piuttosto che dire «voglio esserci anch'io» ha proposto un sistema di rotazione dei membri del Consiglio, più complesso ma anche più democratico, e su questo ha messo insieme un numero di Paesi che se non è abbastanza grande per imporre la formula della rotazione è comunque stato sufficiente, finora, a bloccare l'ingresso di Germania e Giappone. E proprio qui è il punto del voto di oggi. In pratica si tratta di «decidere chi deve decidere», vale a dire con quale maggioranza l'Assemblea generale dovrà approvare o respingere le varie proposte di riforma. Se sarà quella dei due terzi dei 185 Paesi membri dell'Orni, la riforma rapida proposta dagli Stati Uniti ha scarse speranze; se invece sarà la metà più uno, come Washington e i suoi alleati hanno proposto, Germania e Giappone hanno buone possibilità di entrare nel Consiglio. E' difficile che l'Assemblea accetti il voto a maggioranza semplice, anche perché contro di esso si sono schierate proprio l'altro ieri Russia e Cina, fornendo un aiuto tanto importante quanto insperato al «club del caffè», i cui membri, infatti, ieri si dicevano molto fiduciosi. L'ambasciatore Fulci, costruttore di una «formidabile macchina elettora¬ le» (definizione del suo collega francese) che finora non ha mancato un colpo (in questi anni, ogni volta che c'era da votare la nomina di qualche alto funzionario il candidato italiano è sempre risultato vincente), preferiva non cantare vittoria, ma la sua sembrava più che altro una scaramanzia. Più apertamente fiduciosi apparivano i suoi collaboratori, che da anni tampinano i loro colleghi degli altri Paesi, inseguendoli nei corridoi del Palazzo di Vetro e tempestandoli di messaggi, per convincere gli avversari a cambiare idea o per evitare che a cambiare idea siano li alleati. Per loro, se il voto di oggi si concluderà con la sconfitta dei «giganti», sarà il momento dello champagne. Per la speranza di una riforma più equa del Consiglio di sicurezza sarà un importante primo passo in una battaglia che comunque si preannuncia ancora lunga. Franco Pantarelli n
Persone citate: Francesco Paolo Fulci, Fulci, Golia
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