Si scrive sport si legge politica
Si scrive sport si legge politica Si scrive sport si legge politica Due percorsi intrecciati nel tempo IL GIOCO E LA GUERRA SONO più le volte in cui la politica ha inciso sullo sport che quelle in cui lo sport ha inciso sulla politica: macroscopica fra queste ultime la vicenda del riconoscimento della Germania Est, la fortissima Ddr, prima negli stadi e nelle piscine che all'Onu, e arcinota la funzione del ping pong nell'avvicinamento fra Usa e Cina. Da ricordare poi la guerra del pallone, fra Honduras ed El Salvador, con scontri armati dopo una partita di qualificazione per la Coppa del Mondo 1970. L'azione della politica sullo sport è invece antica, costante, e si può distinguere fra azione palese e azione occulta. Palese sino alla esplicitata violenza assassina: l'irruzione dei fedayn nel villaggio olimpico di Monaco 1972, quando i mitra anti Israele ruppero la campana di vetro in cui lo sport si riparava da anni. Sullo slancio di Monaco, politica che invade lo sport olimpico a Montreal 1976 (boicottaggio africano), a Mosca 1980 (boicottaggio ame- ricano), a Los Angeles 1984 (boicottaggio sovietico). Episodi grossi, esplosioni cosmiche, ma anche piccole deflagrazioni. Per lungo tempo è stata quasi coccolata, come antiquariato del triste, del brutto, la partita di pallanuoto olimpica a Melbourne 1956, con l'acqua tinta del sangue di magiari e sovietici, che si battevano dopo la soffocata rivoluzione ungherese. E si sono cercate bave di guerra fredda in tanti scontri Usa-Urss, su tutti quello nel basket proprio a Monaco 1972; con la prima sconfitta, contorta e polemica, degli americani ad opera di una squadra sovietica feroce come un reparto speciale dell'Armata Rossa. Politica nello sport anche in positivo: mentre Iraq e Iran si battevano in una guerra vera, di trincea, di palude, da un milione di morti, i loro pallavolisti giocavano serenamente una partita dei Giochi asiatici. In negativo, piegato il calcio al disegno della giunta militare argentina, che fece capire ai giocatori olandesi e all'arbitro italiano Gonella che lo stadio di Buenos Aires sarebbe diventato il posto di tutti i pericoli se la squadra di casa non avesse vinto il Mondiale 1978: e Argentina fu. Una costellazione di eventi, palesi e no, denunciati e occultati. Noi italiani proclamammo la santità della politica nello sport quando il primo Giro d'Italia del dopoguerra andò sin troppo spavaldamente verso Trieste ancora separata dall'Italia, e venne ag- gredito a colpi di pietra ed anche di pistola, lamentammo la politica nello sport quando i nostri ciclisti dovettero (anno 1950) lasciare il Tour, perché sui monti venivano aggrediti dai tifosi transalpini. Nel calcio i previstissimi fischi dei francesi contro i giocatori italiani di Mussolini, al Mondiale 1934 nella terra di Francia scelta dai fuorusciti antifascisti, funzionarono per noi da doping. D'altronde quasi sempre la valutazione preventiva del peggio è servita ad esorcizzare i pericoli, a sdemonizzare l'evento: si pensi a Usa-Iran nell'ultimo Mondiale del pallone. Ai Mondiali del 78 l'Argentina vince grazie ai generali I mitra palestinesi sporcano di sangue Monaco 1972 [r^:^»%^ìjK; por* |||| \ Monaco 72: funzionari e un terrorista
Persone citate: Mussolini
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