La Juve: non andiamo a Istanbul di Giorgio Viberti

La Juve: non andiamo a Istanbul In attesa che l'Uefa si pronunci, la squadra annuncia r«ammutinamento» La Juve: non andiamo a Istanbul «E' assurdo rischiare la vita per una partita di calcio» TORINO. «In Turchia non ci vogliamo andare. Sarebbe assurdo rischiare la vita perlina partita di calcio». I giocatori della Juventus, che mercoledì dovrebbero affrontare a Istanbul i turchi del Galatasaray in Champions League annunciano a sorpresa la possibilità di un clamoroso ammutinamento prima ancora che l'Uefa si pronunci sulla delicata questione. La decisione è attesa per oggi, ma la ribellione è scoppiata ieri pomeriggio allo Stadio delle Alpisubito dopo la partita di campionato tra la Juventus e l'Empoli. Dopo che i tifosi bianconeri avevano issato sugli spalti un bandierone tricolore, quasi a voler sostenere la causa nazionalistica contro le minacce turche, i francesi Deschamps e Zidane - non a caso due stranieri della Juve - alla fine del match sono saliti sulle barricate. «In Turchia non ci voglio andare - ha tuonato Didier Deschamps, con decisione ma senza retorica -. La soluzione diplomatica esiste, ed è giocare in campo neutro. Qui non c'entra più lo sport. Anche molti miei compagni la pensano come me». Ma se l'Uefa confermasse invece che la partita si dovrà giocare proprio mercoledì a Istanbul? «Non è detto che si debba ubbidire ai voleri dell'Uefa. Questo e una causa di forza maggiore». E l'altro francese Zinedine Zidane ha subito fatto eco al connazionale: «Non mi vergogno di dire che ho paura e che non mi fido affatto di andare in Turchia. In televisione ho visto cose che non mi sono piaciute. Se dipende da me, a Istanbul non ci andiamo proprio». Dalle scintille all'esplosione è un attimo. E infatti la polveriera juventina salta in aria. Bastava un leader come Deschamps per fare subito proseliti fra i giocatori juventini. «Siamo tutti molto preoccupati - dice Mark Iuliano e ci riserviamo di prendere una decisione definitiva dopo il pronunciamento dell'Uefa». Persino Angelo Di Livio, che a Istanbul comunque non potrà giocare perche squalificato, fa quadrato con i compagni e prende coraggio, forte anche del suo nuovo ruolo di capitano ricoperto contro l'Empoli. «Che cosa significa se non potrò giocare contro il Galatasaray? Comunque farei parte anch'io della squadra - dice il Soldatino bianconero - e poi sono solidale con i miei compagni. Non mi sento tranquillo. Lo ammetto, ho paura. Campana (il presidente dell'Associazione Calciatori, ndr) ha detto che, se non ci saranno le necessarie garanzie di sicurezza, potremo anche rifiutarci di andare in Turchia. E noi ci stiamo pensando seriamente. Ci andremo soltanto se avremo la certezza, al cento per cento, che la situazione in Turchia si è normalizzata. Ma questa sicurezza oggi come oggi è impossibile». .Ancora più eloquente e l'altro azzurro Gianluca Pessotto: «Qualcuno ha scritto che non vogliamo andare a Istanbul perché temiamo il Galatasaray. Non scherziamo. Certo non è facile preparare ima partita così delicata in certe condizioni psicologiche, però la questione è un'altra. Non vogliamo che questioni politiche mettano a rischio la nostra incolumità. Non discuto le ragioni dei turchi, sappiamo quanto tengano a catturare Ocalan. E magari hanno anche ragione. Ma tutto questo non deve riguardare lo sport. Temiamo il gesto di qualche sconsiderato in albergo o fuori dallo stadio, non tanto durante la partita». La Juventus, per bocca di Giovanni e Umberto Agnelli, ha però fatto sapere che ubbidirà ai voleri dell'Uefa... «Non escludo che po¬ tremo rifiutarci comunque di andare. Mi auguro però che prevalga il buon senso». Lapidario ma altrettanto eloquente è il portiere bianconero Angelo Peruzzi: «Io non ci vado» si limita a dire senza mezze frasi. Prova invece equilibrismi diplomatici il tecnico Marcello Lippi, quasi a disagio tra la ribellione dei giocatori e la posizione della società: «La cosa più logica è far disputare la partita in un'altra sede, ma-noi ci rimettiamo ai voleri dell'Uefa. Ci sono persone intelligenti che dovranno decidere sulla questione: abbiamo fiducia che lo facciano nel modo migliore». Giorgio Viberti