Fisica d'alto mare

Fisica d'alto mare LA LEZIONE / IL MOTO DELLE ONDE Fisica d'alto mare La genesi delle tempeste oceaniche mare, siamo rimasti come ipnotizzati a guardare il frangersi delle onde? E quante volte ci siamo interrogati sul meccanismo che genera onde sempre uguali e sempre diverse? Il moto della superficie marina risulta dalla presenza simultanea di onde lunghe e corte che si muovono con velocità diverse per valore e direzione, e dalla cui sovrapposizione, casuale e variabile, deriva l'aspetto mutevole della superficie del mare cioè il crescere, il frangersi e lo scomparire delle singole creste. Le onde prodotte dal vento variano in dimensione dalle piccole increspature generate da una lieve brezza alle gigantesche onde oceaniche, con periodi superiori ai 20 secondi e lunghezza maggiore di 700 metri. Il moto delle onde molto corte, con periodi inferiori al decimo di secondo e lunghezze inferiori a qualche centimetro, è determinato dalla tensione superficiale. Il moto delle onde lunghe consiste invece di enormi oscillazioni determinate dalla forza di gravità. Il risultato della sovrap- posizione di onde di lunghezza diversa varia ininterrottamente perché la velocità di propagazione delle onde aumenta con la loro lunghezza; quindi le onde più lunghe superano in continuazione quelle più corte, in modo che le rispettive creste si sovrappongono in modo casuale. Le onde marine non sono necessariamente prodotte dalla situazione meteorologica locale, ma possono essere dovute a una lontana tempesta. Infatti, mentre in bacini piccoli, come quelli del Mediterraneo, le onde non hanno spazi per allontanarsi molto dalla zona di origine, nell'oceano, dove non ci sono coste che ne interrompono il cammino, esse sono in grado di percorrere distanze enormi che raggiungono le migliaia di chilometri. In generale, quella che osserviamo sulla costa è la con¬ clusione di un processo complesso che si può schematizzare in tre fasi: generativa, dispersiva e dissipativa. La fase generativa avviene durante la tempesta. Ricevendo energia dal vento, ogni onda aumenta fino a raggiungere un livello di saturazione a cui si frange e smette di crescere. L'efficacia dell'azione del vento dipende dalla differenza fra la sua velocità e quella delle onde: le onde corte raggiungono la saturazione per prime perché, lente rispetto al vento, crescono molto velocemente; le onde lunghe, alcune delle quali viaggiano letteralmente più veloci del vento, crescono lentamente, estraendo la loro energia dalle onde più corte. Quindi durante una tempesta le creste aumentano progressivamente in altezza, lunghezza e periodo. La loro altezza limite è pro¬ porzionale alla velocità del vento al quadrato: un vento di 50 chilometri all'ora potrebbe produrre creste alte mediamente 4 metri, un vento di 100 chilometri all'ora creste alte 16 metri, e così via. Fortunatamente, i valori limite richiedono spazi talmente grandi e tempi così lunghi, che per velocità del vento molto elevate non vengono praticamente mai raggiunti. Tuttavia, la sovrapposizione casuale delle varie onde implica che singole creste possano superare di molto i valori medi: secondo le leggi della probabilità quando le creste sono alte mediamente 10 metri, una ogni cento di esse supera i 15, e una ogni mille i 19 metri. La fase dispersiva inizia appena la tempesta si calma, o le onde escono dalla zona del mare da essa occupata. Le varie onde, che inizialmente si trova¬ vano nella stessa posizione, a causa della loro diversa velocità si disperdono su zone molto vaste. Un'onda con periodo di venti secondi viaggia a circa 60 chilometri all'ora e può percorrere 10.000 chilometri in una settimana. Le onde con periodi inferiori viaggiano più lentamente. Onde prodotte da tempeste nell'Oceano Antartico sono state rilevate una decina di giorni più tardi alle Hawaii e in California, dopo aver attraversato, attenuandosi solo un poco, l'intero oceano Pacifico. Si è valutato che durante tale viaggio l'altezza delle onde lunghe sia diminuita di meno del 5 per cento ogni mille chilometri. Nel secolo scorso si è persino tentato di sfruttare la capacità delle onde molto lunghe di percorrere enormi distanze per dedurre dalla loro presenza l'imminen¬ te arrivo della perturbazione che le aveva generate. La fase dissipativa ha luogo in zone ristrette, dove la profondità del mare si riduce a poche decine di metri e le onde, qualunque sia il loro orientamento precedente tendono ad allinearsi, diventano parallele alla costa e, frangendosi, perdono la propria energia. Questo comportamento è determinato dalla diminuzione della loro velocità di propagazione con la diminuzione della profondità. Generalmente, avvicinandosi alla costa, una cresta ruota in modo da dirigersi perpendicolarmente verso la riva perché la parte più lontana, che si trova in acqua più profonda, viaggia verso la riva ad una velocità maggiore della parte più vicina. Contemporaneamente, la distanza fra due creste successive diminuisce, perché la cresta più distante dalla costa si trova in acque più profonde della precedente e tende a raggiungerla. In questo processo ciascuna onda aumenta in altezza e, infine, diventa troppo ripida, si frange. Tutta l'energia accumulata in una lontana tempesta, conservata per lunghe distanze, viene persa in poche centinaia di metri e determina una lenta e progressiva modifica delle coste. Piero Lionello Università di Padova A sinistra, la Terra vista dal satellite Ers-I componendo un anno di misure del radaraltimetro: il rosso corrisponde a sporgenze, il blu ad avvallamenti del mare. Ers-I può rilevare dislivelli di pochi centimetri. A destra, la deviazione della forma della Terra da quella di un elissoide

Persone citate: Piero Lionello

Luoghi citati: California, Hawaii, Padova